Meglio una Ferrari d’epoca o le azioni del Cavallino appena saranno disponibili? L’IPO, Initial Public Offering al NYSE, del brand automotive più famoso al mondo lascia spazio a numerosi interrogativi, sia finanziari (prezzo delle azioni non ancora noto e relativo valore dell’azienda) sia di passione. Per chi vive di classiche e passione la quotazione della Ferrari segna comunque un passaggio storico: nel lungo percorso da Maranello ai listini di New York ci sono stati modelli e piloti che hanno costruito il mito e creato un valore intangibile ma reale intorno al brand.
E proprio parlando di listini e quotazioni non può passare inosservata la crescita del borsino relativo alle valutazione delle Ferrari storiche, ormai diventate non solo un bene rifugio ma oggetto di precise strategie di investimento. Ad esempio, di alcuni fondi specializzati in auto d’epoca che puntano sulla loro rivalutazione per dare soddisfazione agli investitori.
Ecco allora che sorge la domanda, solo in apparenza provocatoria: conviene acquistare le azioni del Cavallino o mettersi in garage una Rossa storica? La prima considerazione, ovvia, è che acquistare un’azione del Cavallino quotato a NY potrà essere alla portata di molti più portafogli rispetto alle auto: acquistare una Ferrari per due dollari (questo uno dei prezzi ipotizzati per le azioni) non sarà più un sogno. In realtà, ad oggi, nessun analista può prevedere se nei prossimi anni sia meglio mettersi in garage una Testarossa degli Anni ’80 o un valore equivalente in azioni del Cavallino.
A guardare come è andata negli ultimi anni sembrerebbe difficilmente battibile il percorso di rivalutazione delle classiche: i modelli più prestigiosi del Cavallino hanno moltiplicato il loro valore per sette volte dal 2006 (secondo l’indice Usa Hagerty) e anche modelli più recenti, proprio come la Testarossa degli anni ’80, quella che guidava Don Johnson in Miami Vice e che fino a pochi anni fa sembrava negletta, hanno incrementato il loro valore con percentuali da “mercati emergenti” se parlassimo di azioni.
Una crescita talmente spinta che trova spiegazione solo nel fatto che le richieste di classiche non sono più limitate agli appassionati di auto ma vengono viste come un asset tangibili e di sicura rivalutazione proprio da chi ragiona in ottica di investimenti finanziari. Questo il quadro a oggi. Chi però ha qualche capello bianco ricorda che a inizio anni ’90 il crollo di valore delle storiche del Cavallino falcidiò le valutazioni di oltre il 50%.
Nella sostanza, dipende dal profilo dell’investitore, dai suoi obiettivi di guadagno e, soprattutto, dalla preferenza o meno di avere in garage una Rossa, con relativi onori e oneri, piuttosto che un giardinetto di azioni che “non si lasciano guidare”. Insomma, questione di gusti e di piacere nel possesso dell’oggetto e appartenenza ad un mondo esclusivo.
Nel caso, maggiori informazioni si possono ricavare dal prospetto informativo legato alla quotazione Ferrari (clicca qui).
Luca Pezzoni