Nell’immaginario collettivo, Ferrari è un sinonimo di velocità espresso con il colore vermiglio della passione e l’urlo lacerante di propulsori pensati per l’esaltazione psicofisica dei fortunati conducenti. Quando si parla di Ferrari anche il fattore esclusività gioca un ruolo fondamentale per tracciare l’ethos del Cavallino rampante: un elemento chiave incarnato dalle granturismo Superamerica e Superfast, due generazioni di fuoriserie realizzate per i clienti più facoltosi ed esigenti del dopoguerra. In più puntate, vi raccontiamo la genesi e l’evoluzione tecnica di queste meravigliose vetture emiliane.
In un mondo dai colori pastello in cui tutto aveva ritmi più blandi, un’auto stradale capace di superare i 260 km/h era l’equivalente di un fulmine a ciel sereno. L’automobile in questione aveva 410 Superamerica per nome e Ferrari per cognome. Tanto bastava e basta tutt’ora per evocare gli scenari onirici della Dolce Vita e “l’arte del bel vivere” all’italiana.
Le Ferrari 410, 400 Superamerica e le successive 500 Superfast erano irraggiungibili, seducenti, esose: un po’ come le dive del cinema che spesso facevano il paio con i bolidi Made in Maranello, all’entrata o all’uscita dei locali più in voga.
Capostipite delle più lussuose granturismo Ferrari, la 410 Superfast elevò gli standard della Casa del Cavallino, strizzando l’occhio ad una clientela che esigeva il massimo in termini di prestazioni, unitamente al comfort e alle finiture. Il mercato di riferimento era quello d’Oltreoceano, dove l’economia prosperava ed era più facile trovare appassionati disposti a spendere cifre da capogiro per accaparrarsi l’ultima Ferrari. Tuttavia, anche nella vecchia Europa le preziose GT emiliane non lesinarono i desiderata dei collezionisti e dei gentleman driver più facoltosi, fossero questi capitani d’industria, reali o viveur incalliti.
La Superamerica. Al Salone di Parigi del 1955, Ferrari decise di dare un assaggio della sua prossima vettura d’alta gamma presentando il telaio della 410 Superamerica. Proprio nel telaio era racchiusa la principale novità: la struttura passava sopra il ponte posteriore seguendo quanto avvenuto con i modelli della famiglia 250 GT. La vettura debuttò ufficialmente a Bruxelles nel 1956, dove sbalordì il pubblico e la critica per la sua scheda tecnica. Il motore, lo stesso V12 impiegato sulle vetture della categoria Sport e di Formula 1, era capace di potenze comprese tra i 340 e i 350 CV, mentre la cilindrata lievitava sul filo dei cinque litri. Il numero 410, come era consuetudine per le Ferrari dell’epoca, indicava la cubatura unitaria dei cilindri.
A Pinin Farina l’onere e l’onore di vestire il telaio con una carrozzeria elegantissima, presentata in Blu Genziana con padiglione Avorio. La vettura era chiaramente destinata ad un élite ristrettissima: nel 1956, la Ferrari 410 Superamerica aveva un prezzo di quasi 17.000 dollari e ad oggi si contano circa 14 esemplari.
Sensazionale. La 410 Superamerica (SA) si caratterizzava per uno stile abbastanza classico e vicino agli stilemi delle altre Ferrari del tempo. La stessa Pinin Farina, partendo dal pianale accorciato della 410 Superamerica (2600 mm contro gli originari 2800), realizzò pochi mesi dopo la spettacolare Ferrari 410 Superfast basata sul telaio 0483 SA.
La vettura si distingueva per gli stilemi più avanzati del periodo: dal parabrezza senza montante, passando per i fari carenati e la calandra ovale fino alle pinne posteriori, l’auto era pensata per stupire evocando l’idea della velocità. Del resto, già il nome, che tradotto dall’inglese vuol dire “super veloce”, era un chiaro indizio di quale fosse il fine ultimo del modello. La Ferrari 410 Superfast presentata come showcar rimase allo stadio prototipale, ma la denominazione “Superfast” venne utilizzata, a più riprese, per indicare alcune fuoriserie basate sulla prestigiosa meccanica della 410 SA e, successivamente, della 400. Tra queste spicca la Ferrari 4.9 Superfast realizzata da Pinin Farina per il Salone di Parigi del 1957.
Fuoriserie per nascita. Intanto, nel corso del 1956, veniva presentata in tempo record la seconda serie della 410 Superamerica. La nuova 410 venne sviluppata sul pianale accorciato del prototipo (2600 mm) e venne realizzata in soli sette esemplari. Al Salone di Parigi del 1958, venne svelata la terza ed ultima iterazione della Ferrari 410 Superamerica, accompagnata da una serie di importanti novità a livello meccanico. Il propulsore montava nuove testate, candele esterne alla V, così come anche il rapporto di compressione era maggiore: con queste prerogative il V12 poteva erogare fino a 370 CV. Anche in questo caso, la Superamerica si distingueva per l’esclusività. La terza serie venne prodotta in 12 esemplari, uno diverso dall’altro. Gran parte di questi modelli venne carrozzato dai grandi nomi del design italiano come Ghia, Boano, Bertone e Scaglietti, oltre allo stesso Pinin Farina che aveva tracciato le linee del modello d’origine.
Nella seconda parte dell’articolo vi presenteremo la 400 Superamerica, la Superfast II e alcune delle speciali fuoriserie derivate dall’ammiraglia delle granturismo Ferrari dei primi anni 60.