È una di quelle situazioni virtuose in cui il passato aiuta il presente, che poi a sua volta supporta la storia: la 500 classica — la Nuova 500 — ha ispirato la 500 dei giorni nostri, ed è anche grazie al suo successo (che pare non estinguersi a oltre 14 anni dal debutto) che il cinquino originario sta vivendo una stagione particolarmente felice nel mondo delle auto storiche.
Non ci sono, per la 500 tuttodietro, quegli alti e bassi che, prima o poi, interessano anche i mostri sacri del collezionismo. È la tipica auto con cui ogni appassionato (italiano, soprattutto) si trova prima o poi a fare i conti. Ed è anche il modello ideale da cui partire per chi non abbia mai avuto una classica in garage, per tutta una serie di ragioni. Intanto, è evocativa: alzi la mano chi non ha un genitore, uno zio o un nonno che non ne abbia guidata una: ecco, le emozioni che sanno dare le auto “pop”, quelle che sono state nelle nostre famiglie, hanno un sapore particolare che le auto importanti manco se lo sognano. Poi è diffusissima, anche se stabilire una cifra attendibile sul circolante è un’impresa complicata, altro non fosse perché i dati della Motorizzazione tendono a mescolare la 500 Topolino, la “110” (quella d’epoca) e la “312” (l’attuale) per via dell’identica denominazione commerciale.
Ce ne sono 400mila. Realisticamente, sono circa 400mila gli esemplari tuttora registrati, tra i quali è possibile trovarne in condizioni da concorso (poche), decorose (molte) o totalmente da rifare. Si diceva, un tempo, che la 500 fosse la miglior nave-scuola per chi doveva prendere la patente perché, una volta appresi i rudimenti della guida su un’auto con il cambio non sincronizzato, si è capaci di guidare di tutto. Oggi, viziati come siamo — altro che dai sincronizzatori: dall’automatico — la doppietta la sanno fare sempre meno persone. Bene: la 500 torna utile, oggi persino più di ieri, per apprendere questa manovra. Se poi proprio non vi viene, ma non volete per questo rinunciare a guidare un cinquino, il trucco c’è: cercare una delle ultime 500 R (non una qualunque, ma un esemplare prodotto tra la primavera 1974 e l’estate 1975) le quali, montando lo stesso cambio della 126, avevano seconda, terza e quarta sincronizzate.
Puntate su F e L. A proposito di serie costruttive: di 500 ce ne sono tante, e il loro valore di mercato è direttamente proporzionale all’età, così come lo sono i problemi. Traduciamo: i modelli dei primi tre anni (precedenti alla D di fine 1960) sono rari, complessi da restaurare per via delle molte specificità sia di meccanica — i pistoni sono più stretti — sia di carrozzeria, le prestazioni sono modestissime (dunque, uno se le gode meno nell’uso quotidiano) e costano parecchio (sino al doppio di una D, quindi parliamo di cifre nell’ordine dei 15mila euro, a salire). La D, ancora piena di cromature e con le porte a vento, è il giusto punto di equilibrio tra classicismo e funzionalità. Con la F e la L (5.000 – 5.500 euro) entriamo nella maturità del modello, che avendo una struttura meno complessa di carrozzeria, costerà quindi qualcosa in meno anche in termini di eventuale restauro; frizione e semiassi rinforzati rispetto alla D le rendono anche meno delicate. Cenerentola della serie, la R è — come spesso capita per le ultime versioni — una delle meno ambite. Non consente grossi risparmi rispetto a una F (tuttalpiù, un migliaio di euro) ma è, proprio per la sua natura di serie e di appendice e di negletta in collezione, un outsider da considerare. Anche perché, mentre la L a qualcuno non piace perché viene considerata leziosa (i paraurti tubolari, i sedili a cannelloni, la plancia nera) la R torna all’essenzialità della F e delle 500 precedenti.
Occhio al “tarocco”. Una cosa a cui prestare la massima attenzione è che, come spesso capita per le auto molto popolari e diffuse, la qualità dei restauri è spesso aleatoria: trovare una 500 veramente corretta è un’impresa, perché molte operazioni di ripristino sono state fatte in economia e da personale non adeguatamente preparato, che ha sistemato la macchina perché fosse efficiente senza dar peso al fatto che le coppe ruota fossero della L invece che della F o viceversa. Il rovescio positivo della medaglia è che, qualunque sia la 500 che sceglierete, non esisterà un solo meccanico, quantomeno tra quelli della vecchia scuola, che non sappia metterci mano. Competenza diffusa, semplicità meccanica (una per tutte: il raffreddamento ad aria elimina radiatore, tubazioni, vaschetta di recupero e antigelo) e costi accessibili dei ricambi ne fanno, tuttora, l’ideale per un principiante o per chi abbia un budget dai confini definiti. La consistenza del parco circolante fa sì che esistano specialisti che ricostruiscono quello che non si trova comunemente più dai ricambisti o ai mercatini, il che non è un vantaggio di poco conto.
Un club capillare. Altro elemento che consiglia di avere un cinquino nel garage è il Fiat 500 Club Italia, i cui numeri sono ben coordinati con la popolarità e la diffusione della vettura: i soci sono ben oltre 20mila, e c’è una struttura organizzativa molto radicata nei territori, il che è garanzia di un’assistenza capillare ovunque voi viviate. E alla fine, dopo che avrete la vostra 500, vi renderete conto della cosa più bella, che apposta abbiamo tenuto per ultima: nulla togliendo alle manifestazioni di settore, la 500 è così piccola, agile e simpatica che non sarà per forza necessario iscriversi a un raduno per godersela un weekend ogni tanto: percorre realisticamente più di 20 km con un litro, dunque non c’è nulla di meglio che utilizzarla come alternativa da tutti i giorni, o quasi, alle ingombranti, anonime e dispendiose auto moderne. In fondo, il tettuccio apribile in tela sopperisce (con un po’ di ottimismo) al lavoro del climatizzatore. E persino (con l’aggiunta di un po’ di spirito di adattamento) alla totale mancanza di bagagliaio: non è detto che non venga buona persino per andare all’Ikea…