Nel 1992 le Fiat Croma Cabriolet avrebbero dovuto rinnovare il parco auto dei tassisti dell’isola di Capri, ma un’incomprensione tra la cooperativa isolana e la Casa torinese ne pregiudicò la produzione. Uno dei due prototipi costruiti appartiene oggi al presidente del Fiat Croma Club Italia.
La storia della Fiat Croma Cabriolet ruota tutta attorno a un filo invisibile che unisce Torino e Capri. Da un lato la capitale italiana dell’auto, dall’altro una delle più belle isole al mondo, la “regina di roccia”, col suo vestito “d’argento e di pietra”, come nel 1952 la descrisse Pablo Neruda nei versi della sua Chioma di Capri.
Un taglia e cuci da maestro. Capri in mezzo al mare azzurro che incanta ed emoziona, Capri che fa innamorare. Torino e i suoi mostri di cemento, le fabbriche, Torino che immagina e inventa. Torino che produce. All’alba degli anni 90, sull’isola, il servizio taxi è ancora quasi esclusivamente appannaggio di vecchie cabriolet. Sono macchine ormai demodé, ricavate soprattutto dai modelli Fiat 1400 e 1900 – ma anche 1500 L, 1800 e 2100 –, opportunamente “scoperchiati” dagli abili artigiani carrozzieri del posto.
La pensione s’avvicina. Le vecchie Fiat tirano avanti come possono, dopo tanti anni di onorato servizio arrancano un po’: le migliaia e migliaia di chilometri percorsi lungo i tortuosi saliscendi capresi hanno fiaccato i loro pur generosi motori e logorato irrimediabilmente sospensioni e scocche. Il parco auto va cambiato al più presto, in un certo senso ne va anche della reputazione di Capri, una meta esclusiva dove i turisti s’aspettano di essere accompagnati in albergo o al ristorante su un mezzo moderno e dotato di ogni confort.
Sotto a chi tocca. La commessa giunge direttamente ai reparti speciali di Mirafiori, nel cuore dell’industria automobilistica torinese. È il 1992 e dai cancelli della fabbrica escono la Panda, la Uno e, insieme alla “cugina” Lancia Thema, la Croma. È proprio a quest’ultima, l’ammiraglia di casa Fiat, tocca andare sotto i ferri per la stravagante trasformazione in taxi cabriolet. Nella fattispecie, a subire le modifiche sono due esemplari con il motore “2000” aspirato a iniezione elettronica.
Ammiraglia cabriolet. Per limitare i costi, gli sforzi dei designer sono tesi a conservare, laddove possibile, tutti i lamierati originali. Il taglio è netto ma aggraziato, coi finestrini liberi dalle cornici superiori e un raccordo tra il tetto (in tela, ripiegabile manualmente) e la carrozzeria elegante ed equilibrato. In posizione aperta la capote poggia a sbalzo sul terzo volume, opportunamente modificato per consentire comunque l’accesso al bagagliaio.
Una questione di spazio a bordo. I due prototipi vengono spediti a Capri e sottoposti al vaglio delle cooperative locali. A spiazzare i soci, cui spetta l’ultima parola, è l’abitacolo: un taxi con “solo” cinque posti, per l’isola, era improponibile, ma va detto che nella corrispondenza tra i tassisti capresi e i responsabili del progetto non vi fu mai traccia di richieste specifiche in merito al numero dei sedili…
La volta buona. I lavori a Torino, quindi, si bloccano immediatamente, e riprenderanno soltanto tre anni più tardi, nel 1995, quando la Casa torinese avvierà la produzione di 50 Marea con carrozzeria scoperta. La nuova media derivata dalla Brava, data la particolare conformazione del pianale, si presta meglio a un allungamento del passo: sarà così possibile inserire nell’abitacolo un secondo divanetto posteriore e ottenere i sette posti richiesti.
Lavoratrici instancabili. Le due Croma entrano comunque in servizio e cominciano a macinare chilometri. Una delle due (quella che vedete nella gallery a corredo dell’articolo) è stata acquistata dal vice presidente del Fiat Croma Club Italia, Ernesto Biagioni, che l’aveva scovata online su un forum di appassionati del modello. Inevitabile un trapianto di motore (l’originale aveva percorso più di 400.000 chilometri…) e la sostituzione dei sedili (ora in pelle nera e non più in skai beige chiaro, configurazione ancora oggi presente su molti taxi capresi).
Fede azzurra. Ma la vera sorpresa, per Biagioni, è al momento della sverniciatura: sotto alla velata di bianco si cela un azzurro acceso. Il “mistero”, con un giro di mail e un paio di telefonate, è presto risolto: la macchina apparteneva al tassista più anziano dell’isola che, proprio in virtù del suo primato, aveva ricevuto dal sindaco il placet di riverniciare l’auto del colore della sua squadra del cuore. Indovinate quale…