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Fiat Nuova 500 D, il Cinquino sul filo dei 100 all’ora

Sessant’anni fa, dopo un avvio difficile, la 500 prende finalmente il volo grazie alla rinnovata versione “D”. Meglio rifinita e, soprattutto, dotata di un bicilindrico di cilindrata maggiorata che offre una potenza leggermente superiore, resterà in produzione per oltre quattro anni. In tutto se ne produrranno 640.000. Sarà sostituita dalla F nella primavera del 1965.

1960, Salone di Torino. Il pubblico di sessant’anni fa accorre per ammirare la nuova Fiat 500 D, che, finalmente, consentirà all’utilitaria ideata dall’ingegner Dante Giacosa di decollare nelle vendite. È infatti passato poco più di un triennio dal 4 luglio 1957, giorno del lancio della Nuova 500, ma la nuova utilitaria non sembra ancora scaldare il cuore degli italiani, pur ansiosi di passare dallo scooter alla quattro ruote. Giudicata anche dalla stampa eccessivamente spartana, lenta, povera nelle finiture e cara, la prima versione non incontra il favore del pubblico che le preferisce la 600. E così, tra la fine del 1957 e il 1960, la Fiat è costretta ad apportare una serie di migliorie e, soprattutto, a introdurre una versione “Normale” da affiancare alla “Economica”.

Le accuse al progettista. Ma torniamo alla nostra D. Esteticamente, essa riprende in buona sostanza la linea della Nuova 500 introdotta nel marzo del 1959, che mostra come principale novità il tettuccio apribile “corto” e la parte posteriore del padiglione in lamiera. La D è un modello molto importante nella storia della Nuova 500, perché permetterà a questa utilitaria di essere pienamente apprezzata dagli automobilisti e di crescere nei numeri di produzione, raggiungendo gli obiettivi che l’ingegner Giacosa si era posto nel corso della progettazione. L’ingegnere all’epoca, venne addirittura accusato dai vertici aziendali di essere responsabile del mancato successo iniziale del 1957, quando, in realtà, furono proprio i massimi dirigenti dell’azienda a imporre ai tecnici un’eccessiva economia nell’equipaggiamento a favore di una maggiore redditività. Ma anche per non mettere la Nuova 500 in competizione interna con la 600, sul mercato da appena un paio di anni.

Motore più brillante. Prodotta a Mirafiori, la D rappresenta una svolta importante nella storia di questa utilitaria. Buona parte del merito del suo successo, più di 640.000 esemplari venduti fino all’avvento della F nel marzo del 1965, va ascritta alle modifiche al motore, derivato da quello della precedente Sport. Se, infatti, il bicilindrico raffreddato ad aria nella sua prima versione ha una cilindrata di 479 cm³ e 13 CV, nella Sport la cubatura sale a 499,5 cm³ e la potenza a 21,5 CV. La D mantiene la cilindrata della Sport, ma ha qualche CV in meno, 17,5 CV. La velocità massima rilevata all’epoca da Quattroruote sulla D si avvicina ai 102 km/h, 7 in più di quella dichiarata dalla Casa, che è di 95 km/h. Un bel risultato, che permette alla nuova versione di affrontare con disinvoltura le nascenti autostrade italiane che, esattamente sessant’anni fa, nel dicembre 1960, vedono aprirsi al traffico il tratto appenninico da Sasso Marconi a Firenze.

Listino al ribasso. Rispetto alla serie del 1957 vengono modificati i rapporti del cambio della prima (da 3,273:1 a 3,700:1) e della retromarcia (da 4,134 a 5,140). Il costo della D è di 450.000 lire, inferiore di 40.000 lire rispetto alla Trasformabile Normale dell’ottobre del 1957. Un grande sforzo economico per la Casa torinese, che deve aumentarne la produzione e, per questo, vede nel prezzo concorrenziale un fattore determinante. Come detto, la D riprende la forma estetica della Tetto apribile, il cui ultimo aggiornamento risale al novembre 1959, quando le modifiche al Nuovo Codice della Strada (introdotto a gennaio 1960) impongono qualche aggiornamento: luci posteriori più grandi con plastica arancione per le frecce, ripetitori degli indicatori di direzione sui parafanghi anteriori, luci e frecce bianche sotto ai fari.

Bagagliaio più funzionale. Sulla D, aprendo il cofano, si scopre il nuovo serbatoio squadrato sul lato sinistro, sempre da 21 litri, che lascia maggiore spazio alle borse. Internamente rimangono il volante e la cornice in plastica del tachimetro di color grigio chiaro, la leva del cambio con pomellino nero, i tappetini in gomma a righe sottili, ma i deflettori sono di nuovo tipo e lo schienale del sedile posteriore si ribalta in avanti per aumentare il carico. Una differenza estetica la troviamo nel colore dei cerchi ruota, che passa da avorio a argento metallizzato. Solo un anno dopo, al Salone del 1961, arriveranno il portacenere sul cruscotto, il paraginocchia, il pulsante del lavavetro con spruzzini sotto al parabrezza, la borsina per il liquido all’interno del cofano, le alette parasole imbottite e altri piccoli dettagli, come la plafoniera dello specchietto interno che si illumina automaticamente aprendo la portiera. Nel periodo di produzione la gamma colori comprende quasi una ventina di tinte, ovviamente non tutte sempre disponibili contemporaneamente. I colori più comuni sono l’avorio 214, il blu scuro 456, il verde chiaro 363, il beige sabbia 583, ma ci sono anche il rosso, il celeste, il grigio in varie tonalità.

Protagonista nelle città. Nel 1962 vengono modificate le maniglie per chiudere le porte dall’interno, nel 1964 è accorciato il profilo lucido sulle fiancate, ma seguiranno altri piccoli aggiornamenti. Negli anni del boom le esigenze degli italiani in campo automobilistico cambiano: la Nuova 500 diventa anche una seconda auto, da affiancare alla 1300/1500 o alla Giulietta, e questo la rende perfetta per la città, dove è imbattibile per dimensioni e maneggevolezza: basta osservare le foto di traffico in una qualsiasi grande città italiana di quel tempo per vedere quante ne circolano, posteggiate un po’ ovunque. L’evoluzione della società e le nuove norme in vigore in materia di sicurezza spingeranno la Fiat ad aggiornare la D, che diventerà F con porte controvento nel marzo 1965. Giacosa sarà sempre il protagonista delle migliorie che porteranno la Nuova 500, ormai matura, a cifre di vendita molto importanti che le permetteranno di proseguire la carriera per un altro decennio per un totale di 3,5 milioni di esemplari.

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