Immaginate un weekend di gara nella Sicilia dei primi anni 50. Rumore, emozione, balle di paglia agli angoli delle case, il mito dei grandi piloti enfants du pays e anche no, il pubblico seduto sulla porta di casa a veder sfrecciare le Ferrari e le Maserati, le Osca e le Jaguar. Ecco, ora spostate le lancette 70 anni più avanti, sognano di voler ricostruire tutto, ma proprio tutto, quello che accadeva allora. Il sogno lo hanno avuto a Nicosia, provincia profonda di Enna, aiutati da Corrado Lopresto in veste di demiurgo. E lo hanno intitolato Gran Premio Stefano La Motta, per celebrare la memoria di un pilota del luogo che nel secondo Dopoguerra vinceva tanto da queste parti e che incontrò il destino fatale in una curva del Giro di Sicilia del 1951.
Comparse in abiti d’epoca. Per due giorni (7 e 8 ottobre 2023), Nicosia è tornata a quel tempo: l’intera popolazione è stata al gioco, 300 comparse si sono vestite con abiti d’epoca e hanno messo in scena una spettacolare ricostruzione di come si vivevano le corse nella Sicilia di allora. Le macchine? Solo 19 (monoposto, gran turismo e sportive costruite tra il 1947 e il 1957), ma di fantastico livello collezionistico, per dare profondità culturale e storica a un concorso d’eleganza dinamico mai visto altrove.
Le macchine in gara. Due Cisitalia, un manipolo di Lancia e Fiat da corsa, una Jaguar XK 120 OTS, la Ferrari 340 MM che sta facendo incetta di premi, Giuliette e Aurelie dal palmares sportivo e pure una Maserati 3500 GT arrivata apposta dal Giappone. Insomma, una bellissima idea realizzata con un impegno e un amore per il patrimonio culturale che l’automobile rappresenta da cui molti dovrebbero imparare.
Omaggio a Quattroruote. A essere omaggiata, oltre che la memoria del barone La Motta, è stata anche Quattroruote. A sorpresa, è infatti apparsa sulla piazza principale di Nicosia una Lancia Appia seconda serie uguale – dal colore carta d’azzurro alla testata gialla di allora sulle fiancata – a quella che il giornale portò da Milano in Unione Sovietica (e ritorno) nel 1957.
Gian Luca Pellegrini