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In viaggio con l’Aurelia B20 della Collezione Quattroruote

Arriviamo di buon mattino ad aprire i locali della Collezione Quattroruote. Lì ci attende la meravigliosa Lancia Aurelia B20 quarta serie del 1955, in elegantissima livrea blu tipica del marchio con interno in panno grigio, pronta col pieno di benzina per iniziare il cammino che ci porterà a Perugia per partecipare alla trentaquattresima edizione della Coppa della Perugina.

Ritorno alle origini. Per l’Aurelia è una sorta di ritorno alle origini: il primo proprietario, originario di Sansepolcro, si era trasferito a Perugia negli anni 50 e aveva coronato il sogno della vita portandosi a casa, nel marzo del 1955, la berlinetta della Casa torinese. La trasferta in terra umbra è l’occasione giusta per “testare” a fondo le qualità meccaniche di questo mezzo, che di recente è stato sottoposto a un meticoloso lavoro di restauro (completo, dal serbatoio ai pneumatici, dal cambio al differenziale, dalle sospensioni al motore, dai freni all’impianto elettrico) effettuato dal grande esperto Gilberto Clerici, uno che da del tu ad Aurelia e non solo da oltre cinquant’anni.

Pronti, partenza, via. Il primo tratto lo affrontiamo sull’A1, pioviggina e c’è il solito traffico che da qualche tempo a questa parte “attanaglia” l’Autosole. La velocità di crociera è attorno ai 110 all’ora, in modo da superare con una certa disinvoltura i tanti camion che affollano il tratto da Milano fino a Bologna. Un paio di questi, provenienti da Perugia, strombazza e saluta col lampeggio diurno il sorpasso dell’Aurelia, mentre quattro o cinque auto (di cui due straniere) rallentano appena avvistano la Lancia, si accodano, ci affiancano, scattano foto e filmano l’evento, poi sorpassando ci salutano con gesti di grande ammirazione per la splendida berlinetta.

Vai con la Tiberina. Dopo aver effettuato una sosta a Imola per recuperare il nostro Nicolò Minerbi (proveniente da Ferrara), che con i suoi scatti immortalerà sia il viaggio sia la Coppa della Perugina, ripartiamo alla volta di Perugia. Usciamo dall’autostrada a Cesena perché vogliamo percorrere l’affascinante statale 3 bis Tiberina, la strada che collega Terni a Ravenna, percorrendo il territorio della valle del Tevere e quella del Savio. Oddio, affascinante sì ma anche piena di cantieri e di buche, che con la pioggia diventano crateri e bisogna fare degli improvvisi slalom speciali per evitarli. Per fortuna l’Aurelia ha una buona tenuta sul bagnato e le spazzole tergi Trico riescono a detergere sufficientemente il parabrezza azzurrato.

Inizio delle prove. Dopo circa 400 km arriviamo a Perugia, presso la concessionaria De Poi, dove ci aspettano gli uomini del Camep per le consuete operazioni di punzonatura prima dell’inizio della prova di regolarità. Piove a dirotto quando la bandiera a scacchi viene sventolata dallo stoico Ugo Amodeo, insostituibile presidente del sodalizio umbro, sul cofano dell’Aurelia. Noi siamo senza cronometri, non ci interessa la parte della gara di regolarità, vogliamo solo goderci le bellezze dell’Umbria e della Toscana che sono la meta prevista dal radar della manifestazione.

Dal Toro a Cortona. La serata della prima tappa è conclusa al ristorante Battibecco. Un paio di concorrenti si avvicinano al nostro tavolo per sapere se l’Aurelia è in vendita: sembra che le targhe originali di Perugia siano un elemento di attrazione molto forte, al pari della linea disegnata da Pinin Farina e delle virtù del mitico 6 cilindri progettato da Francesco De Virgilio. Una battuta scontata da parte nostra (“nemmeno per il triplo della cifra che vale oggi sul mercato!”), due risate, un bicchiere di Sangiovese e poi tutti a nanna, con l’Aurelia ricoverata in un garage al coperto, ci mancherebbe altro. Il giorno dopo, per fortuna, non piove e un raggio di sole ci fa indossare i Ray-Ban per affrontare la strada che da Perugia porta alla Tenuta Lamborghini, al confine tra l’Umbria e la Toscana, Cortona e la Val di Chiana distano solo poche decine di km.

Nelle terre di Ferruccio. La tenuta venne acquistata dal patron Ferruccio alla fine degli anni ‘60 che, in viaggio in queste zone, si innamorò del paesaggio aspro e dolcissimo allo stesso tempo. Abbandonata la celebre attività automobilistica decise di tornare alle proprie origini. quelle dell’agricoltura. La strada è piena di saliscendi con qualche allungo, ad andatura garibaldina entriamo in curva in terza con un filo di gas e poi giù tutto (dopo aver innestato la quarta) per superare una MG A e una Porsche 356 che ci precedono. Niente male l’accelerazione, e neanche la frenata, visto che costringiamo i quattro tamburi agli straordinari, causa attraversamento trattore (peraltro neanche Lamborghini, ma un John Deere…). Si arriva a Cortona, splendida la strada in salita che porta su al borgo di origine etrusca.

La terza tappa. Non si sa come e non si sa perché, ma nel corso della terza tappa sembra che l’Aurelia abbia una gran fretta di raggiungere Sansepolcro, dove ha vissuto i suoi primi trent’anni. La “sentiamo” baldanzosa nel tratto di strada che dal castello di Solfagnano porta appunto al bellissimo paese (attivo già dall’ottavo secolo a. C.) che si trova a nord est di Arezzo sulle rive del Tevere, al crocevia di quattro regioni (Toscana, Umbria, Marche ed Emilia-Romagna). Esponiamo l’Aurelia, insieme agli altri gioielli che arricchiscono questa edizione della Coppa della Perugina, in via Matteotti, con gli sbandieratori locali (tra cui un ragazzo diciottenne che con tre bandiere stupisce tutti gli astanti con applausi scroscianti) che si esibiscono, belle damine che distribuiscono gli immancabili cioccolatini e tutti col sorriso sulle labbra.

All’inseguimento di un’altra Lancia. Ripartiamo, qualche goccia di pioggia non impensierisce di certo, più si percorrono chilometri e più comprendiamo, da vecchi Alfisti, quanto fosse perfetta la Lancia negli anni 50, con l’Aurelia che non si scompone mai, ma eroga all’istante praticamente tutti i suoi 118 CV se si vuole sprintare come Gigi Villoresi. Un incanto. Il rientro a Perugia sulle rampe (che portano sino in alto, in via Vannucci per la consueta passerella tra due ali di pubblico festante) le percorriamo all’inseguimento di un altro capolavoro Lancia, la Lambda settima serie del 1927, che procede a ritmo forsennato nonostante il pilota non sembri minimamente impegnato. Altra magia di “Monsù” Vincenzo, che auto meravigliosa la Lambda. Arriviamo e gli applausi degli spettatori sono per entrambe le auto, vorrei ben vedere…

Peccato rientrare a casa. “Rain drop keep falling on my head”, colonna sonora di Butch Cassidy, è il leit-motiv di questo raduno. La pioggia dell’ultima giornata non guasta certo la festa allo stabilimento della Perugina, ma il ritorno a casa ha un che di malinconico, dovuto soprattutto al fatto che a breve dovremo nuovamente parcheggiare (e salutare) l’Aurelia al suo posto nella Collezione Quattroruote, tra la Maserati 3500 GT e la Fiat 508 Berlinetta MM. Nel viaggio di ritorno superiamo una Rolls-Royce Silver Ghost della fine degli anni 20, che ha il suo bel daffare ad affrontare i saliscendi della Tiberina. Un colpo di clacson austero (così definiremmo il suono delle trombe dell’Aurelia), un saluto e via di gran carriera verso casa. Il giorno dopo, un lavaggio accurato, lucidatura, si stacca la batteria, la si copre con un telo: cara B20, arrivederci alla prossima avventura.

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Categorie: Auto
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