È un’auto storica o moderna? E se l’ultima creazione di Jaguar Heritage si può considerare “originale” al 99%, dopo 50 anni e senza un granello di patina ha lo stesso fascino?
In giro per il mondo le replicanti o repliche autorizzate sono a decine. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Negli anni 80 c’erano le Instant Classic (Ferrari F40, BMW Z1, Porsche 959, Lancia Delta S4…): nascevano ed erano già da collezione. Oggi l’industria dell’auto è ansiosamente focalizzata sulla massimizzazione dei volumi per contrastare la concorrenza e far quadrare i bilanci. E il dramma è assistere alla fulminea svalutazione di supercar da 100.000 euro. I big corrono ai ripari e si organizzano con nuovi reparti per i cosiddetti Clienti Speciali, per le richieste più esclusive, particolari e costose: accontentano i più capricciosi e migliorano l’immagine del brand.
Ma c’è anche un altro problema: le supercar moderne sono “troppo perfette”: troppo comode, troppo silenziose, troppo facili da guidare, troppo confortevoli. Il piacere della guida, il contatto con l’asfalto… è un concetto ormai molto, troppo, filtrato da elettronica e materiali fonoassorbenti, da quintali di accessori e di plastica. Dove poter recuperare un po’ di ossigeno? Ci vorrebbe un’auto storica. E se l’auto storica la costruisce direttamente uno dei più grandi marchi mondiali dell’automobile? Meglio ancora: è fatta bene, è originale! O, almeno, così sembra. Jaguar, con il suo ultimo prodotto super esclusivo, ha certamente ottenuto un risultato ineguagliabile.
Auto speciali nuove o auto storiche riportate in vita?
La Jaguar E-Type Lighweight si inserisce in un filone già molto diffuso, quello delle replicanti storiche. Ovunque, nel mondo, si costruiscono repliche di importanti pezzi di storia dell’auto. Gli inglesi già lo facevano negli anni 80 (le Jaguar C e D prodotte da Lynx o la Lotus 11 di Westfield). Per non dire delle decine di aziende che costruiscono repliche più o meno fedeli di Cobra 427, Cobra Daytona e Ford GT40.
Anche Ferrari si è cimentata: nel 1989 ricostruì (nel proprio perimetro aziendale, quindi Ferrari al 100%) la 125 Sport del ’47, la prima di tutte. Aveva un telaio di produzione corrente, numero 90125, a testimoniare una totale coerenza verso un oggetto ricreato ex novo. Attualmente marchi più conosciuti celebrano l’unicità con reparti speciali dedicati alle auto moderne: Ferrari ha creato la divisione SP (Special Product), Aston Martin il reparto “Q”, Bentley ci sta “seriamente” pensando.
Altri preferiscono dedicarsi a ricostruire pezzi della loro storia: prima di fallire, recentemente la Lola Cars ha prodotto qualche esemplare della T70 MK3B del ’69 “Continuation Series”. Oltreoceano Shelby American ha lanciato una serie limitata della Cobra 289, costruita seguendo fedelmente il progetto originale. In Italia, infine, il marchio di carrozzeria Zagato restituisce alla vita auto uniche e perdute ricarrozzando telai di vetture d’epoca (da una Lancia Aprilia berlina si ottiene una Aprilia Sport Barchetta Sanction II; da una Porsche 356 A o B si ottiene una 356 Carrera Zagato Speedster).
Resta un filone di difficilissima interpretazione: repliche originali? Ricostruzioni? Auto storiche costruite in colossale ritardo e, quindi, iscrivibili alle gare storiche? Jaguar ha cercato di perseguire proprio quest’ultimo obiettivo: dalla sua nuova dependance di lusso Jaguar Land Rover Special Operations, ha ripreso un progetto vecchio di cinquant’anni per portarlo a compimento da dove si era bloccato. Ha così sfornato un oggetto davvero particolare: “antico ma nuovo”.
La Nuova E-Type Lightweight
Al Concorso di Pebble Beach 2014 il Giaguaro ha presentato il prototipo della “Nuova” E-Type Lightweight, che anticipa una piccola serie di sei esemplari destinati a riprendere dopo cinquant’anni (e, finalmente, a concludere!) il progetto di un’E-Type da corsa. Nel febbraio ’63 nello stabilimento di Browns Lane a Coventry iniziò la produzione delle E-Type Lightweight sviluppate per le gare GT. Queste erano molto diverse dalle E-Type standard: meccanica estrema, grande leggerezza e, soprattutto, un’affascinante carrozzeria in alluminio con un trionfo di rivetti a vista. La produzione, prevista in 18 esemplari, fu interrotta dopo la vettura numero 12 e mai più ripresa. Oggi si ritiene ne siano sopravvissute 11.
Duplice obbiettivo: autenticità e qualità
Jaguar Special Operations ha deciso di riprendere la costruzione delle sei Lightweight mancanti affidando a Jaguar Heritage il compito di creare un lotto di E-Type “autentiche” e, con numero di telaio rigorosamente consecutivo rispetto alla dodicesima costruita nel ’64. Il progetto è stato enorme, costoso, impegnativo, probabilmente “esagerato” ma non se si considera il risultato: costruire, oggi, una E-Type Lightweight considerabile come “autentica”.
Non si tratta di rispettare semplicemente il progetto originale ma di trascurare il più possibile materiali e tecniche di lavorazione moderni. Infatti, si è deciso di non utilizzare leghe di alluminio ad alta resistenza e strutture con saldature di ultima generazione: sarebbero state “invisibili” ed efficaci nella guida ma avrebbero, di fatto, allontanato le nuove Lightweight dalle caratteristiche delle loro progenitrici.
Per la carrozzeria, ad esempio, i progettisti Jaguar hanno effettuato una scansione tridimensionale del vestito della E-Type numero 12 del ’64 per capirne struttura e caratteristiche. Ciò significa che i pannelli di carrozzeria utilizzano un metallo dotato quasi delle stesse proprietà meccaniche di quello presente su una E-Type Lightweight del ’63. Il processo, naturalmente, ha richiesto standard qualitativi moderni per creare un risultato adeguato a un’auto costruita nel 2014.
Le nuove Lightweight sono equipaggiate con “nuovi” motori XK, costruiti ex novo ma con “specifiche ‘63”: 3.868 cc, blocco in alluminio, lubrificazione a carter secco, 3 carburatori Weber 45DCO3 (optional: iniezione meccanica Lucas, come cinquant’anni fa). La potenza, oltre 300 CV, è trasferita, attraverso una frizione alleggerita, alle ruote posteriori e al cambio a 4 marce con rapporti configurabili secondo le richieste del cliente (la riduzione finale resta fissa: 3,31:1). La meccanica prevede anche sospensioni a doppi triangoli, sterzo a pignone e cremagliera della E-Type, ruote da 15” in lega di magnesio con pneumatici Dunlop.
Il processo di produzione prevede che il telaio monoscocca autoportante e la carrozzeria siano costruiti presso il Jaguar Engineering Centre di Whitley. Qui la struttura viene accoppiata al sub telaio che sostiene il motore. Viene quindi inviata allo stabilimento di Gaydon per la verniciatura e, successivamente, presso Jaguar Heritage a Coventry per l’assemblaggio, in un reparto vicino a dove, nel ‘63/’64 furono costruite le prime 12 E-Type Lightweight. In quest’ultima fase il cliente detta le istruzioni per la configurazione finale del suo esemplare.
Pronta per le gare storiche
Si potrebbe obbiettare che questo tipo di risultato sia ottenibile “più o meno” da altre vetture prodotte da aziende ben più piccole come dimensioni e ampiezza del business. Invece la chiave di volta della Nuova Jaguar E-Type Lightweight è la possibilità di omologazione nelle gare storiche Fia. Il problema, a questo punto, potrebbe essere solo quello di dare a un’auto così speciale quella raffinatezza definitiva che la patina del tempo, le ferite di guerra e le fioriture di una vernice mai cambiata donano a una Lightweight del ’63. Graham Hill, Jackie Stewart, Roy Salvadori e Briggs Cunningham… quelli però non si ricreano!
Si parlerà di E-Type Lightweight anche nel prossimo numero di Ruoteclassiche, a giorni in edicola, nel quale è riportata una conversazione esclusiva con uno dei responsabili del progetto, David Fairbairn, dove questi argomenti vengono sviluppati ulteriormente. Aspettiamo i vostri commenti.
Alvise-Marco Seno