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Lancia Aurelia, i 75 anni di un capolavoro

Il dopoguerra fu un periodo di grande sviluppo tecnico in tutti i settori e le automobili non furono da meno. Per tante aziende fu un nuovo inizio e per Lancia lo fu, probabilmente più che per altri. Vincenzo Lancia alla sua morte nel 1937 aveva consegnato al mondo due capolavori d’ingegneria piemontese: la Lambda e l’Aprilia. Gli successe suo figlio, Gianni, che, sebbene per un periodo molto più breve, regalò l’Aurelia, che può essere considerato l’ultimo colpo di genio del marchio.

L’inizio di una nuova era

Nel 1950, al Salone di Torino, la Lancia presentò l’Aurelia, prima vettura di serie industriale al mondo a montare un propulsore V6. In verità la Delahaye Type 44 fu la prima vettura stradale a offrire questa soluzione, ma rimase di fatto un esperimento. L’idea in Lancia risaliva al 1943, quando il giovane ingegnere Francesco De Virgilio, sotto la supervisione di Vittorio Jano, cominciò a studiare le geometrie di un sei cilindri a V, in sostituzione dei 4 cilindri. Dopo anni di calcoli e prove, emerse che l’angolo di 60 gradi tra le bancate era il più adatto a garantire equilibrio, regolarità di funzionamento e compattezza costruttiva. Nasceva così un propulsore di lega leggera, con cilindri riportati in ghisa, distribuzione ad aste e bilancieri, camere di combustione emisferiche e distribuzione a catena. Soluzioni non innovative, ma ottimizzate che ben si adattavano a questa nuova concezione di motore che voleva avere spazi contenuti, coppia ai bassi regimi e vibrazioni ridotte.

Evoluzione in numeri

Il primo V6 da 1.754 cm³ erogava 56 cavalli. Non erano da primato, ma l’elasticità e la silenziosità rendevano questo motore unico rispetto ai quattro cilindri coevi (la sua rivale principale fu l’Alfa Romeo 1900). L’evoluzione portò nel 1951 a un 1.991 cm³ da 70 CV sulla berlina e 75 CV sulla coupé Lancia B20, nel 1952 a una seconda serie con 80 CV e nel 1953 alla svolta con il 2.451 cm³ da oltre 110 CV. La meccanica dell’Aurelia era altrettanto avanzata: cambio e differenziale riuniti in un transaxle posteriore, freni posteriori entrobordo, sospensione anteriore tipica della Lancia, di derivazione Lambda e sospensione posteriore indipendente. La potenza non era il suo punto forte, ma la leggerezza, la stabilità in curva e la tenuta di strada la rendevano una vettura molto performante rispetto alla concorrenza che offriva cavallerie superiori.

Versioni di serie e speciali

La produzione iniziò con la B10 berlina (1950-53, circa 5400 unità) e la B20 Coupé, seguita dalla seconda serie B12 (1954-1956, circa 2400 unità), ma proponeva anche versioni più lussuose, accessoriate e potenti: B21, B15 e B22. Accanto alle versioni di serie, Lancia offrì telai speciali per carrozzieri esterni. La B50 e la B52 furono destinate a cabriolet e coupé esclusive firmate Pininfarina, Vignale e Ghia. Nel 1954 comparve la B24 Spider America, icona assoluta dello stile italiano, con il caratteristico parabrezza panoramico e paraurti divisi, prodotta in 240 esemplari. Dal 1956 al 1958 arrivò la B24 Convertibile, più pratica con finestrini laterali e paraurti continui, costruita in 521 unità. In totale le Aurelia prodotte furono circa 18.200.

Dal V6 Aurelia al V6 Dino

Il V6 Aurelia non fu solo un primato industriale: gettò le basi per una nuova generazione di motori italiani, ma non solo. Nel 1955, quando Lancia purtroppo si ritirò dalle corse, Enzo Ferrari chiamò a Maranello Vittorio Jano. L’ingegnere aveva supervisionato i lavori di De Virgilio sul V6 Aurelia e portò con sé quell’esperienza nella progettazione del nuovo motore della Dino. Il V6 Ferrari nacque esattamente come il propulsore Aurelia, con un angolo di 60° (poi portato a 65°) e la stessa base concettuale che garantiva compattezza, leggerezza, camere emisferiche. Il motore della Dino, molto prestazionale e sofisticato anche per gli standard moderni (aveva distribuzione a 2 alberi a camme in testa per bancata e due candele per cilindro) aveva ancor più in comune coi V6 Lancia da corsa nati con la D20. Oggigiorno queste unità propulsive sono tra le più utilizzate e per le più disparate applicazioni, dalle comode vetture stradali alle supercar sino alle Formula 1. Tutte devono molto a Gianni Lancia.

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