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Lancia Stratos, il grande mito

Se non fosse diventata la star dei rally, la Lancia Stratos avrebbe probabilmente lasciato una traccia labile nella storia dell’automobile. Un ricordo legato tutt’al più a una show car da Salone, clamorosa nelle forme, esasperata nello spirito, studiata per colpire la fantasia, far ricordare un marchio e un designer. E poi sparire nel nulla lasciando soltanto una bella immagine. E neppure la versione di produzione, realizzata dalla carrozzeria Bertone in 500 esemplari per ottenere l’omologazione per le competizioni in Gruppo 4, scaldò gli animi dei clienti sportivi Lancia. Anzi, scivolò via senza grandi rimpianti, salvo poi raggiungere quotazioni iperboliche che oggi vanno dai 750 mila euro per un perfetto esemplare stradale a molto oltre per una rarissima versione della squadra ufficiale Lancia. La falsa partenza fu dovuta soprattutto al fatto che, per contenere il prezzo e tagliare i costi di produzione, si speculò sulla qualità dei materiali, specie nel realizzare la carrozzeria.

I difetti dei primi esemplari. Presentata nel 1973, venduta a ben 8.850.000 lire, la Stratos mostrò tuttavia numerose imperfezioni, come le porte che si deformavano nella zona superiore o la vetroresina che si spezzava in corrispondenza delle cerniere. Nell’angusto bagagliaio posteriore, dalla ridotta capacità di carico, non si poteva stivare nulla poiché in marcia il vano si surriscaldava. Insomma, difetti di non poco conto che furono in seguito risolti, ma che inizialmente scoraggiarono dall’acquisto anche i clienti più appassionati e fedeli alla marca.

La campionessa di sci. Si racconta che una delle prime Stratos stradali fu acquistata da Clotilde Fasolis. L’allora campionessa azzurra di sci si lamentò per la scarsa qualità dell’auto con Sandro Fiorio, direttore della comunicazione Lancia. La Stratos della Fasolis fu così inviata al reparto corse dove venivano allestite le versioni per i rally. A spese delle pubbliche relazioni Lancia vennero sostituite porte e cofani con altri di migliore qualità e realizzati in via sperimentale prima che iniziasse la produzione.

Potenza e versatilità. Ecco, le corse: la Stratos fu ideata all’inizio degli anni 70 per conquistare il dominio nei rally e contrastare la berlinetta francese Alpine A110. Tecnicamente all’avanguardia rispetto alle altre vetture da rally, impressionò subito per la notevole potenza del V6 di 2.4 litri, per la maneggevolezza, per la facilità degli interventi sulla meccanica e per l’affidabilità della medesima. Sua dote principale la notevole versatilità, che le consentì di dominare su ogni terreno. Sugli sterrati africani del Safari Rally, sulla neve del “Montecarlo”, sull’asfalto del Tour de Corse e persino in pista, terreno per il quale non era stata progettata.

Due Gruppo 4 a Vairano. Due splendide Stratos da corsa Gruppo 4 hanno varcato i cancelli della pista di Vairano. La prima, guarda caso, è proprio una versione allestita per le corse di velocità in circuito e curata presso l’officina di Carlo e Giuliano Facetti. “Nella stagione 1976 con questa Stratos corsero con ottimi risultati i piloti Carlo Facetti e Gianfranco Ricci” ci ha raccontato Claudio Magnani, imprenditore con all’attivo la partecipazione a circa 250 gare tra il 1976 e il 1993, ma rimasto in attività sino al ’99 quando appese definitivamente il casco al chiodo. “L’ho acquistata nel ’77 qualche mese dopo che i piloti Emilio Paleari e Anna Cambiaghi l’avevano ‘impegnata’ alla 6 Ore del Mugello. Inizialmente mi sono cimentato nelle corse in salita, poi, nel 1978, ho partecipato con Fulvio Bacchelli proprio alla 6 Ore del Mugello. Abbiamo vinto il Gruppo 4 e ci siamo classificati undicesimi assoluti.

Ha corso fino al 1980. Nell’ottobre dello stesso anno, insieme a Leo Pittoni e all’indimenticato navigatore Sergio Cresto, ho partecipato al Giro Automobilistico d’Italia. Risultato: terzi assoluti e primi di Gruppo 4. In livrea originale Rino Fabbri Editore, quella che compare qui, questa Stratos ha corso sino al 1980, anno in cui la carrozzeria venne verniciata di bianco. Con quest’auto oltre a quelli già citati ha corso anche il pilota di Formula 1 Renzo Zorzi. Nelle gare ha sempre fornito delle ottime performance”. Lo ha confermato il famoso ex driver Carlo Facetti, che preparò questa Stratos insieme al fratello Giuliano e la pilotò in molte gare. “È un’auto competitiva che mi ha dato grandi soddisfazioni. Una su tutte, il secondo posto alla Targa Florio del 1976 insieme a Gianfranco Ricci, al quale passò poi di mano e successivamente a Claudio Magnani. Ora è stata revisionata tutta. È un gioiello”.

Molto sensibile. Claudio Magnani osservava compiaciuto la sua Stratos mentre i meccanici provvedevano a scaldare il potente sei cilindri e prima di mettersi al volante per effettuare qualche giro di pista descriveva alcune peculiarità del comportamento dinamico. “È un’auto che avendo il passo corto è molto sensibile, per cui va pilotata cercando di adottare una guida più pulita possibile, un po’ come con le Sport Prototipo da pista. L’impostazione tecnica con motore posteriore-centrale, inoltre, la rende più idonea ai rally che ai circuiti. Tuttavia, le appendici aerodinamiche, le regolazioni delle sospensioni e l’assetto molto basso consentono di ottenere una guida redditizia anche nelle gare di velocità in pista. Basta la minima disattenzione, però, e il comportamento sostanzialmente neutro passa repentinamente al sovrasterzo, che va contrastato con decisione per non finire in testacoda.

Vera auto da corsa. La Stratos, a differenza di altre granturismo, è una vera auto da corsa, come dimensioni, posizione di guida, caratteristiche dello sterzo. Robusta, molto veloce sul dritto grazie anche all’aerodinamica che all’epoca permetteva di stare davanti alle potentissime Porsche 911 di 3 litri, è spinta dal V6 Ferrari a iniezione di 2.4 litri con due valvole per cilindro che eroga 270 CV e ha un campo di utilizzo dai 5.000 agli 8.600 giri/minuto. Volendo, però, si può tirare sino a 9.000 giri. Altro atout la possibilità di poter contare su tutta una serie di rapporti al cambio che permette di renderla fruibile al meglio in ogni circuito”.

Versione da rally. La seconda Stratos protagonista in pista a Vairano è una versione allestita per i rally. Il suo trascorso agonistico inizia nel 1976. Al volante si sono susseguiti numerosi piloti tra i quali il francese di origine corsa Francis Serpaggi, che ha partecipato al Tour de Corse ’76, Tony Carello nel 1977 e l’anno seguente Anna Cambiaghi, che in quel periodo alternava le gare in pista con quelle di rally. All’inizio degli anni 80, scaduta l’omologazione per le competizioni, la Stratos venne ceduta dalla scuderia milanese Jolly Club a Giuliano Facetti che la riportò nella condizione originale, cioè in versione stradale, pur mantenendo parte della preparazione per le corse per quanto riguarda il motore, dotato però di scarico con silenziatore, il cambio, l’assetto e le sospensioni montate su uniball.

Complessa operazione. “La passione per la Stratos è nata seguendo mio fratello Claudio nelle gare in pista” ci ha raccontato invece Marco Magnani. “I rally li ho scoperti dopo, ma non ho mai corso. La Stratos l’ho presa in consegna nei primi anni 80, ma solo nel 2002 ho deciso di riportarla nella configurazione corsa, affidandola alle mani esperte del biellese Luigi Foradini che all’epoca fece parte del glorioso team di Claudio Maglioli. La complessa operazione ha comportato anche un aggiornamento della meccanica che ha interessato alcune parti vitali come il motore, oggetto di una minuziosa revisione e dotato di un più performante sistema di scarico, e i freni potenziati con l’adozione del raffinato impianto Lockheed. Completamente rivisto l’impianto elettrico, mentre i due cofani sono stati sostituiti con altri più leggeri.

Caratteristiche originali. Penso, infine, che a livello amatoriale l’obiettivo principale sia quello di possedere un’auto totalmente originale. Nel mio caso il fine è stato quello di stringere tra le mani il volante di una Stratos da corsa identica a quella che partecipò ai rally di metà anni 70. Indispensabile quindi l’aiuto di un gruppo di meccanici molto esperti che sappiano il fatto loro nel mantenere inalterate le originali caratteristiche dell’auto per quanto riguarda sia il motore sia le regolazioni di assetto e sospensioni. Sono sincero, la Stratos è impegnativa da guidare, ma dà un’emozione unica. Un problema, comunque, è costituito dalle candele, che se si inumidiscono rendono particolarmente difficile l’accensione del motore. Insomma, bisogna fare molta attenzione nel premere dolcemente il pedale dell’acceleratore per poi sollevare il piede mentre si agisce sulla pompa della benzina e aspettare. Non troppo però, altrimenti le difficoltà di partenza si ripresentano. Insomma, sembra di essere davanti al cockpit di un aereo e di effettuare il check prima del decollo”.

Il parere dei piloti: Anna Cambiaghi (in attività dal 1974 al 1987). “Passo corto, potenza esuberante, corretta distribuzione dei pesi hanno fatto della Stratos un’auto ideale per i rally. Il comportamento dinamico, fondamentalmente neutro, diventa sovrasterzante in accelerazione consentendo al pilota di adottare la guida più idonea a seconda che si tratti di un percorso con curve molto ampie che favoriscono la velocità o di un misto lento. Insomma, l’eccellente adattabilità a qualsiasi percorso, grazie anche alle regolazioni della meccanica e alla maneggevolezza sono gli atout della Stratos in versione rally. In corsa, nelle prove speciali, esige una guida d’attacco, in sintonia però con il comportamento dinamico nervoso e la notevole potenza alle ruote. In condizioni atmosferiche difficoltose possono crearsi dei problemi di visibilità, almeno per quanto mi riguarda. Per giudicare la Stratos in versione pista occorre rifarsi alla sua destinazione agonistica. Vi sono ovviamente delle differenze rispetto a quella allestita per i rally, ma la base di partenza è la stessa. Le modifiche, infatti, non sono tali da mutarne la struttura e le caratteristiche principali, ma influiscono notevolmente sul comportamento dinamico. Guidata al limite la Stratos da pista necessita di molta sensibilità per evitare testacoda sicuri. Nelle curve veloci, tipo Mugello, si è sempre con il fiato sospeso, poiché esige una guida molto pulita e alla costante ricerca della traiettoria migliore”.

Il parere dei piloti: Leo Pittoni (in attività dal 1967 al 1988). “Nell’autunno del 1971, mentre ritiravo al reparto corse Lancia la Fulvia HF con la quale avrei corso al Rally di San Marino, ebbi l’occasione di ammirare il prototipo della Stratos. Mi colpirono la linea aggressiva, le dimensioni contenute e l’aspetto da corsa. Solo l’anno successivo riuscii a provare la versione stradale. Non ne ebbi una favorevole impressione. La coppia del motore da 195 CV era alta, l’innesto delle marce lento e l’assetto molto ballerino. Precaria l’aerazione dell’abitacolo. Dovetti aspettare il 1977 per capire le grandi qualità della Stratos Gruppo 4 da rally. L’esemplare che mi aveva affidato il Jolly Club per il Rally di Montecarlo era preparato da Claudio Maglioli e disponeva di circa 240 CV. La musica era cambiata! Il passo corto, le dimensioni ridotte, la ripartizione dei pesi e la maneggevolezza agevolavano l’inserimento nelle curve strette. Lo sterzo diretto permetteva di correggere velocemente le traiettorie. Il cambio ravvicinato da rally e il ridotto peso (900 kg) garantivano un’accelerazione impressionante, con un’ottima trazione anche sulla neve”.

Versione Olio Fiat. “Tornai al volante della Stratos, prosegue Pittoni, “l’anno successivo nel campionato italiano Rally con la versione Olio Fiat, preparata dalla University Motors di Genova. La potenza del motore era salita a 250 CV a scapito di una coppia un po’ più alta. L’assetto era facilmente modificabile grazie alla taratura degli ammortizzatori e alla regolazione delle barre delle sospensioni. Al Rally di Sicilia un’uscita di strada a quasi 200 km/h su asfalto bagnato mi fece comprendere i limiti della vettura sul misto veloce. Sui tortuosi sterrati del Rally dell’Elba, invece, ebbi modo di apprezzare la notevole maneggevolezza e la facilità di guida su terra, avendo l’unica accortezza di anticipare l’inserimento in curva per potere dare gas in uscita a vettura diritta. Il buon rapporto peso/potenza garantiva ottimi tempi con rischi ridotti“.

Guida più precisa. “Unico inconveniente, il caldo nell’abitacolo per insufficiente aerazione. A fine stagione ’78 ebbi l’opportunità di guidare al Giro d’Italia la versione da pista preparata da Facetti. Il motore da 270 CV era decisamente performante, anche se la coppia più elevata era penalizzata dai rapporti lunghi al cambio, modificabili velocemente per le salite con un apposito ingranaggio, che riducevano la fascia di utilizzo ottimale dei giri motore. L’assetto da pista con giunti rigidi richiedeva una guida più precisa soprattutto nelle curve veloci e su asfalto sconnesso. Il terzo posto assoluto e primo delle Gran Turismo mi risollevarono dai vari ritiri per piccoli inconvenienti meccanici nel campionato italiano Rally, concluso vittoriosamente dal compagno di scuderia Vudafieri con la mia Stratos”.

Emanuele Sanfront

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