Al Salone di Ginevra, dove viene presentata, tutti la scambiano per un Porsche. Inutile ribattere che le due protuberanze sul tetto sono il “marchio di fabbrica” del carrozziere milanese. Il quale, per la prima volta, ha cambiato rotta e ha disegnato una linea che esalta più il confort della velocità. Ne sono stati prodotti solo due esemplari
Zagato, nei primi anni Ottanta, era ridotto a un marchio quasi virtuale, eppure gli “zagatisti” continuavano a credere in un suo ritorno. Nel 1983 la loro attesa fu premiata. Al Salone dell’auto di Ginevra Zagato fece la sua ricomparsa presentando una coupé Alfa Romeo su meccanica “Alfetta GTV 6 2.5i” siglata “AZ6”. Ma i giornalisti e il pubblico, al primo distratto colpo d’occhio, la confondevano con una Porsche, nonostante le gobbe sul tetto, tratto distintivo del carrozziere.
L’esemplare esposto in verità non doveva nemmeno essere a Ginevra, ma Elio e Gianni Zagato avevano molto insistito, nella speranza di trovare qualcuno disposto a finanziarne una piccola serie. A Ginevra però nessuno volle scommetterci sopra. Chi invece puntò tutto sul rilancio di Zagato fu Victor Gauntlett, presidente dell’Aston Martin, che, memore del successo della “DB4 GTZ” del 1960, raggiunse un accordo con i due Zagato. L'”AZ6″ fu messa da parte e l’attenzione si spostò sul nuovo progetto, la “Vantage Zagato”, la cui ottima accoglienza creò un clima di euforia: il marchio Zagato sembrava magico e le sue auto venivano contese a suon di milioni. Da qui l’idea di ripescare l'”AZ6”, della quale fu realizzato un secondo esemplare, commissionato da Peter Livanos, figlio del famoso armatore greco, vice presidente della stessa Aston Martin. Quella seconda “AZ6”, immatricolata in Inghilterra, è la vettura illustrata nel nostro servizio. Altre non ce ne furono.
Del tutto simile alla prima (oggi conservata nel “Museo Storico Alfa Romeo” di Arese), questa “AZ6″ si differenzia solo per le finiture più curate e per il colore verde metallizzato. L'”AZ6” non sembra affatto una show car, ma piuttosto una vettura di serie e in effetti Giuseppe Mittino la disegnò come se quell’Alfa Romeo dovesse entrare realmente in produzione. Il risultato di Ginevra non lo premiò. Gli fu detto di non aver saputo interpretare né lo spirito Alfa né quello di Zagato, carrozziere spartano per antonomasia. Ma fare auto di lusso era la nuova strategia della Casa.
Le specifiche tecniche della vettura non costituirono particolare oggetto di attenzione da parte della Zagato che, di fatto, non le riportò nemmeno sui suoi comunicati stampa. Trattandosi di uno studio di stile, la scocca fu realizzata in alluminio. Le poche modifiche riguardarono le carreggiate della vettura, allargate, e le sospensioni, che adottarono geometrie differenti per migliorare il confort. Nuovi anche i cerchi che montavano gomme Pirelli “P7”. Pesi e misure non furono mai rilevati. Ugualmente non si conoscono il Cx e le prestazioni. Pianale e meccanica sono comunque quelli dell’Alfa Romeo “Alfetta GTV 6 2.5i” di serie (1983), di cui ricordiamo brevemente, e a semplice titolo indicativo, alcune delle caratteristiche principli del propulsore. | |
Motore | Anteriore, 6 cilindri a V (60°) – Cilindrata 2492 cm³ – Alesaggio 88 mm – Corsa 68,30 mm – Monoblocco e teste in lega leggera – Potenza 158 CV a 5600 giri/min – Iniezione elettronica Bosch “L-Jetronic” – Un asse a camme in testa per bancata, bilancieri, cinghia dentata. |