Lancista da sempre (in casa mia ci sono state l’“Augusta”, l’“Artena”, l’“Aprilia” e l’“Aurelia”; la mia prima macchina è stata un’“Appia” e sono anche stato presidente del Lancia Club), devo confessare che ho peccato. La mia fede non ha vacillato, ma quando mi sono visto arrivare la “Thema” su base Chrysler non me la sono sentita di gridare allo scandalo, di fare a tutti i costi il “laudator temporis acti” e piangere sulla Lancia perduta.
Le ragioni per cui non mi sono stracciato le vesti sono presto dette. Se si va un po’ indietro nel tempo, d’incroci e balletti di piattaforme ce ne sono già stati e allora nessuno brontolò. Ricordate la “Thema”, quella disegnata da Giugiaro, che esordì al Salone di Torino nell’84? Bene: Lancia era, ma anche Fiat “Croma”, Alfa Romeo “164” e Saab “9000”. Il gioco delle tavolette, o delle piattaforme che dir si voglia, era fatto. Quattro marchi diversi per cultura, storia e pubblico che si proponevano sul mercato partendo da una base comune: la scocca.
Che “Thema”, “Croma”, “164” e “9000” fossero ottime macchine non ci pioveva; fino al 1994 la berlina della Lancia fu l’“auto blu” italiana per eccellenza. E veniamo alla materia del contendere. Quando era sotto il tallone Daimler, la Chrysler sviluppò la “300 C”, base della nostra “Thema”, partendo dal pianale Mercedes e da altri componenti della “classe E”. In un lungo viaggio fatto nel 2006 sulla Route 66, per rifarlo poi coi soci del Lancia Club, noleggiai proprio una “300 C”, che mi garbò subito per la sua guidabilità all’europea sulle vecchie e tortuose strade della Mother Road e per il confort all’americana sulle highway. Poi la “300 C” è arrivata a Torino, dove è stata pesantemente rivisitata nella meccanica e negli assetti, armonizzata nel muso e nella coda, rimotorizzata con la proposta di tre diesel V6 da 190 fino a 239 CV e un interno da sballo secondo l’inconfondibile tradizione Lancia.
Non sto a dirvi i commenti degli amici indignati! Ma nessuno che ci fosse salito, nessuno che l’avesse guidata… No, io non sono indignato. L’auto mi piaceva allora e adesso che è migliorata mi piace di più. Ho guidato per molti chilometri la “Thema”: sugli ispidi “bisa bosa” del rally di San Martino in Veneto e sulle autostrade tedesche dove puoi “pestare il chiodo”: mi spiace per i supernostalgici, ma questa macchina non ha nulla da invidiare alle Lancia d’antan che ti avvolgevano con il loro confort. Ho ripensato ai miei viaggi dall’Italia all’Inghilterra con l’“Aurelia B12” per andare ai raduni del Lancia Motor Club UK. In uno di questi ospitai a bordo un dirigente della Lancia che si meravigliò per il confort ovattato della “B12” del 1956 e siccome allora a Torino si stava lavorando sulla “Delta” prese appunti e mi disse che avrebbe fatto trasferire sul nuovo modello le stesse sensazioni, non importava che la piattaforma della “Delta” fosse in comune con la “Tipo”.
Oggi le automobili si fanno così in tutto il mondo e chi si ostina a restare aggrappato alla memoria rischia di perdere l’autobus del futuro. Ciò che conta è cogliere nel nuovo l’essenza della tradizione. Come è stato fatto con la nuova “Thema” e, lasciatelo dire a un vecchio lancista, anche molto bene. (Marcello Minerbi)