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Lotus Esprit SE turbo, inglese dall’animo corsaiolo

La Esprit SE turbo, nel 1989, rappresenta la top car della Lotus. È una vera sportiva, non più giovanissima (la sua nascita risale a 15 anni prima), con caratteristiche tecniche interessanti ma fuori dagli schemi

Verso la fine degli anni ottanta incomincia la commercializzazione italiana di una sportiva molto interessante, la Lotus Esprit turbo. In questo periodo, nonostante le numerose vittorie nelle competizioni agonistiche ai massimi livelli ottenuti dalla Lotus  – vi basti sapere che dal ‘58 ha vinto ben cinque titoli mondiali e 79 Gp di F1 – il marchio inglese fatica ad evolvere la propria identità di piccola realtà, dall’impostazione pressoché artigianale. Con l’acquisizione da parte della General Motors, nel 1987, la situazione sembra destinata a migliorare in maniera consistente.

Tecnica anni ‘70. Dai tempi della fondazione del marchio, da parte del geniale Colin Bruce Chapman, sono cambiate molte cose, ma nonostante questo le principali caratteristiche del dna Lotus vengono ereditate dalla Esprit. Dentro al cofano c’è infatti un motore “piccolo” ma leggero e performante. Si tratta dell’ultima evoluzione del classico quattro cilindri in linea di 2174 cc della Lotus, interamente d’alluminio e in grado di erogare per l’occasione 264 cv. Potenza che per brevi attimi può arrivare a quota 280 cv, grazie alla presenza di un overboost. Pure il semplice telaio a trave centrale in acciaio, progettato per supportare una carrozzeria in vetroresina, riprende quei temi tecnici da sempre cari a Chapman. L’atmosfera corsaiola è poi accentuata dalla concezione essenziale dell’abitacolo, dalla disposizione longitudinale del motore centrale con il cambio (manuale a cinque marce) allineato a sbalzo sull’assale posteriore, dalla presenza di quattro freni a disco senza ABS e da uno sterzo non servoassistito. La massa in ordine di marcia, però, sale fino a 1305 chilogrammi a causa di alcune componenti non strutturali che hanno imborghesito lo spirito sportivo della Lotus.

La prova di Quattroruote. L’Esprit SE turbo viene prontamente esaminata dalla “nostra” rivista, ottenendo nel complesso un giudizio decisamente soddisfacente. L’abitacolo offre l’atmosfera e la scomodità tipiche delle supersportive inglesi, ma i comandi non sono degni di un costruttore di F1: la pedaliera è disassata, manca un appoggio per il piede sinistro e il massiccio tunnel centrale in alcuni casi ostacola i movimenti del braccio destro. Buono il livello di finitura, soprattutto per la collaudata carrozzeria in fibra di vetro. Il quattro cilindri carattere da vendere. In ripresa l’Esprit manifesta le mancanze di tutti i turbo, però appena si superano i 3500 giri/min ha qualità addirittura superiori a quelle di sportive più famose. Il cambio non è eccezionale: l’escursione della leva è corta, ma purtroppo il tunnel centrale penalizza troppo i cambi di marcia veloci. Lo sterzo, vecchio stile e senza servo, è adeguato allo spirito della vettura. Piuttosto pesante a media e bassa andatura si alleggerisce progressivamente con l’aumentare della velocità e negli ampi curvoni diventa pronto e preciso, senza brusche reazioni. I freni modulari sono efficaci e sopportano bene gli sforzi.

La quotazione attuale. Se siete interessati a mettervi in garage questa vivace inglesina dovete essere pronti a sborsare una cifra che varia da un minimo di 13500 a un massimo di 40500 euro, per un modello in perfette condizioni.

Diteci la vostra. A questo punto la parola passa a voi, perché siamo curiosi di sapere cosa ne pensate della Esprit SE turbo? In quel periodo l’avreste comprata, oppure avreste optato per una sportiva di un altro marchio? Nella seconda ipotesi, su quale marca/modello vi sareste orientati? Fatecelo sapere attraverso i commenti qui sotto. Inoltre, se avete una storia interessante legata alla Esprit, potete raccontarcela scrivendoci una mail all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.

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