La Shamal segnava lo zenit nell’evoluzione tecnica delle Maserati Biturbo. Il modello, presentato in momento cruciale per la Casa del Tridente venne sviluppato con la collaborazione del “maestro” Marcello Gandini, che effettuò un importante redesign della carrozzeria. Sotto il cofano, un potentissimo motore V8 che garantiva prestazioni da brivido.
14 dicembre 1989, il muro di Berlino si era sgretolato da cinque settimane e, in un mondo segnato da cambiamenti socioeconomici sempre più repentini, anche Maserati giungeva ad un punto cruciale della sua storia.
A 75 anni dalla fondazione delle Officine Alfieri Maserati, la Casa del Tridente svelava la Shamal: la granturismo più performante della gamma. Il lancio della vettura sancì un momento storico, in quanto avvenne in contemporanea alla conferenza stampa che annunciava l’acquisizione del 49% del capitale Maserati da parte del gruppo Fiat, il quale rilevava da Alejandro De Tomaso anche la Innocenti.
La firma del maestro. Come le grandi sportive che l’hanno preceduta, la Shamal porta il nome di un vento mesopotamico. A prima vista si potrebbe pensare che la nuova coupé fosse un rimaneggiamento della Karif, del resto entrambe condividevano il pianale passo corto della Biturbo Spyder. Si trattava invece di un progetto completamente nuovo. Gli unici elementi in comune erano le porte e la componentistica di bordo.
Lo stile venne definito da Marcello Gandini che operò sulle volumetrie e rese peculiare la silhouette della Shamal. Un elemento distintivo era il tipico taglio asimmetrico dei passaruota posteriori, una vera e propria firma che venne perpetuata anche su altri progetti, come la Lamborghini Diablo e la Cizeta V16T. Rimanendo in casa Maserati, il particolare passaruota contraddistinse anche la quarta serie dell’ammiraglia Quattroporte, presentata nel 1994.
Minacciosa. I volumi scolpiti e muscolosi dei passaruota celavano un attento studio aerodinamico e si resero necessari per l’allargamento delle carreggiate, anche l’assetto era specifico per questo modello. La top car modenese montava dei nuovi pneumatici 225/45 e 245/45 calzati su cerchi in lega OZ scomponibili da 16”. I vistosi profili posti alla base del parabrezza, oltre a rendere particolarmente aggressivo il look del modello, svolgevano una funzione primaria nella gestione dei flussi aerodinamici. Gandini riprese questi elementi anche in altri interventi di redesign come nel caso della De Tomaso “Pantera 90” e della più accessibile Maserati Racing, ennesima variante d’impronta sportiva della progenie Biturbo.
Lo stile. Il frontale della Shamal è caratterizzato da un cofano di nuovo disegno con la calandra integrata, così come i fari: sdoppiati, a seconda delle funzioni, in proiettori rettangolari ed ellissoidali con alloggiamenti in tinta con la carrozzeria. Per la massima visibilità, anche in condizioni avverse, nella parte inferiore del paraurti erano alloggiate due coppie di fari fendinebbia.
Le sezioni anteriore e posteriore della Shamal sono separate da un massiccio montante centrale che avvolge il padiglione. La coda, alta e tronca, dette ispirazione per lo stile della Ghibli, l’ultima iterazione del modello più iconico dell’era De Tomaso.
Sala macchine. La novità più importante si celava sotto il cofano. In luogo del motore V6, prendeva posto un nuovo e potente V8, ovviamente biturbo e con due intercooler. Il cuore pulsante della Shamal aveva una cilindrata di 3.217 cc, doppio albero a camme in testa 32 valvole ed era capace di erogare 322 CV a 6.000 giri/min. L’alimentazione prevedeva poi un impianto di iniezione elettronica Multipoint Weber Marelli. Nuova anche la trasmissione, che si avvaleva di un cambio manuale a 6 marce prodotto dalla Getrag. Con queste prerogative, la Shamal accelerava da 0 a 100 all’ora in 5,3 secondi. L’accelerazione da fermo avrebbe anche potuto essere più rapida, ma la coppia massima di 433 Nm e le reazioni repentine dovute al passo corto richiedevano una buona prontezza di riflessi per far procedere l’auto in linea retta… La sesta marcia, di riposo, garantiva medie elevatissime nei tratti autostradali: la velocità di punta era pari a 260 chilometri orari.
Assetto variabile. Proprio alle medie più levate si poteva apprezzare l’intervento delle appendici aerodinamiche che, integrate nei volumi della carrozzeria, indirizzavano i flussi d’aria in modo ottimale evitando fenomeni di portanza. Un importante contributo all’elevata stabilità della Shamal derivava dalle sospensioni attive a controllo elettronico, sviluppate in partnership con i tecnici della Köni. L’assetto poteva essere regolato su quattro livelli, capaci di modificare la risposta delle sospensioni adattandola in base alle differenti condizioni di guida, con delle nuance comprese tra il Track Day e lo shopping quotidiano.
Aria di casa. L’abitacolo della Shamal ricalcava quello delle altre Maserati del tempo e si caratterizzava per la quasi totale assenza delle radiche. Unica concessione: la leva del cambio, con il grande pomello in legno. Un tributo alla guida analogica d’altri tempi. Specifici anche i sedili sportivi, più contenitivi rispetto agli altri modelli. Altro trait d’union con le altre auto Made in Modena era il tipico orologio ovale, incastonato al centro della plancia.
Classico moderno. La Maserati Shamal venne prodotta fino al 1995 in soli 369 esemplari. La rarità di questa particolare coupé Made in Modena deriva dal suo essere un prodotto d’élite, non solo per il prezzo (126.000.000 di lire) ma soprattutto per l’impegno che richiedeva nella guida al limite. Un must per i gentleman driver che componevano l’affezionata compagine degli amanti del marchio Maserati.
L’eredità della Shamal. Con la Maserati Shamal iniziava una nuova era, portata a compimento nel 1998 con l’avvento della 3200, la prima vettura sviluppata sotto la gestione Fiat. Se la 3200 GT traghettò la Casa del Tridente nel Terzo Millennio, alla Shamal va il merito di aver portato al massimo delle sue potenzialità un progetto, quello delle Biturbo, emblema della dirigenza De Tomaso. Un’avventura travagliata e sofferta per le piccole e grandi problematiche che affliggevano questi modelli, ma la Biturbo segnò un passaggio fondamentale per la sopravvivenza della Casa. La Shamal condivise le stesse gioie e gli stessi dolori delle sue sorelle ma elevò lo standard tecnico e tecnologico non indifferente tracciando una nuova rotta, quella che negli anni a venire avrebbe riportato Maserati tra i marchi più ambiti del panorama automobilistico.