La Maserati Khamsin è stata la prima vettura di serie del Tridente disegnata da Bertone. O per essere più precisi, da Marcello Gandini per Bertone, tanto che alcuni stilemi propri della sua precedente Lamborghini Espada si ritrovano anche in questo modello. È stata pure l’ultima Maserati progettata sotto la gestione Citroën e l’ultima realizzata sotto la direzione tecnica dell’ingegner Giulio Alfieri, che lascia la Casa dopo aver fatto nascere trentacinque auto e quarantuno motori.
Lanciata nel 1973. Il prototipo della Khamsin viene presentato da Bertone al Salone di Torino nell’autunno 1972 e riscuote subito l’interesse della dirigenza Maserati, che ne delibera la produzione in serie, presentando al Salone di Ginevra del 1973 il modello definitivo. La nuova auto è destinata alla clientela più tradizionalista, orfana della Ghibli e che preferisce una GT dall’impostazione convenzionale alla Bora, ritenuta fin troppo moderna. Il successo di pubblico è notevole, le forme tese e affilate, con una coda tronca e corta a controbilanciare il frontale appuntito e sviluppato in lunghezza, piacciono subito e sono in linea con i dettami propri degli anni 70.
Vento egiziano. Particolarità stilistiche della Khamsin (il nome è quello di un vento egiziano molto forte e caldo) sono la griglia asimmetrica sul cofano motore, il diedro che percorre tutta la fiancata creando giochi di luce che la alleggeriscono otticamente, il lunotto che funge da portellone, la triangolatura in plastica sul montante posteriore che cela il tappo del serbatoio e, su tutte, lo specchio di coda verticale realizzato in cristallo. Ciò rende inconfondibile la Khamsin, con la suggestione dei fanali e dello stemma del Tridente che sembrano fluttuare nel vuoto.
Penalizzata dalla crisi. Al plauso degli appassionati, però, non corrisponde altrettanto successo commerciale: con la crisi petrolifera alle porte e l’introduzione dei limiti di velocità, lo spazio per le coupé ad alte prestazioni con un motore di quasi cinque litri diventa esiguo. Inoltre, anche chi se le può comunque permettere ora è riluttante all’acquisto perché, soprattutto in alcune zone, non è troppo prudente farsi vedere a bordo di macchine vistose o parcheggiarle in strada.
Motore di 320 CV. Peccato, perché la Khamsin è forte di 320 CV e secondo la Casa può toccare i 275 km/h. Il tutto con la classe e il lusso tipici delle GT modenesi. La congiuntura sfavorevole fa sì che il totale degli esemplari prodotti si fermi a 435 e 155 con le specifiche Usa distribuiti in un decennio, dal 1974, anno dell’effettiva commercializzazione, al 1982: all’incirca un terzo della ben più fortunata Ghibli.
Una mosca bianca. Jules-Arthur Sastre, collezionista italofrancese, è uno dei tanti appassionati che sono rimasti stregati dal fascino della Khamsin. Un altro è Luciano Benetton, che ne acquistò una nuova nel 1981. Sastre invece l’ha vista per la prima volta in un raduno di marca a Parigi, e ha deciso che doveva averne una. Mica come dirlo… Poche le auto costruite, meno quelle sopravvissute, ancora più rare quelle disponibili sul mercato. Alla fine è riuscito ad accaparrarsi questo esemplare, che ha avuto un solo proprietario, negli Stati Uniti. L’importatore aveva modificato la finitura della plancia e sostituito il volante, ma queste varianti, oltre ad accompagnare l’auto praticamente dalla nascita, sono di buon gusto. Fortunatamente e stranamente la carrozzeria corrisponde a quella delle auto per l’Europa: quelle “americane” avevano i soliti paraurti maggiorati ma, soprattutto, una orribile coda con i gruppi ottici spostati sul paracolpi, fuori dal cristallo verticale.
Trasformata in spider. Una delle soluzioni intelligenti della Khamsin riguarda anche il posizionamento della ruota di scorta, dietro al paraurti anteriore e davanti al motore. In questo modo non sottrae spazio al bagagliaio e contribuisce al perfetto bilanciamento della vettura: con il V8 arretrato verso l’abitacolo e la trasmissione transaxle, la distribuzione dei pesi è 50% all’anteriore e 50% al posteriore, perfetta! Una curiosità è invece il fatto che l’esemplare, numero di telaio 1030, sia stato trasformato dall’importatore americano in spider: è stato venduto a un’asta nel 2007. Fosse nata qualche anno prima, la Khamsin avrebbe avuto ben altra storia.
Sapore di Francia. Le granturismo italiane degli anni 70 sono scomode, calde e faticose da guidare. Vero, a meno che si tratti di una Maserati Khamsin (e poche altre). Il confort è sempre stato uno dei punti di forza della produzione Maserati, almeno rispetto alla concorrenza, e quindi può non stupire più di tanto. Il fatto che l’abitacolo sia luminoso, per nulla angusto e pure fresco d’estate, grazie al condizionatore di serie, è già più insolito. La visibilità è ottimale, non si è costretti a “indovinare” gli ingombri dell’auto e in manovra, punto dolente di quasi tutte le sportive, si vede perfettamente dove finisce la macchina grazie alla coda trasparente. Non è cosa da poco… Il piantone dello sterzo è regolabile; vetri e antenna elettrici, autoradio e interno di pelle sono di serie. I sedili sono regolabili anche in altezza, grazie al sistema idraulico di derivazione francese.
Feeling al primo istante. Il motorone di 4.930 cm3 parte con un bel rombo pieno e cupo e gira subito regolare. Il servosterzo Diravi della Citroën SM rende gli spostamenti da fermo semplicissimi, con un carico al volante quasi inesistente. Ma man mano che la velocità sale, la risposta dello sterzo, ad assistenza progressiva, si rivela corrispondente a quella che si vorrebbe avere. La precisione è molto elevata e ad alta velocità non esistono giochi e ondeggiamenti. La risposta del V8 è consistente ma progressiva, mai brusca nonostante i 320 CV a disposizione. La coppia, quasi 50 kgm, rende quasi superfluo l’uso del cambio, consentendo riprese da qualsiasi regime.
Provata nel 1974. La Khamsin sale molto rapidamente fino a 220-230 km/h, poi la spinta si attenua. Emerson Fittipaldi, che la provò per Quattroruote nel 1974, raggiunse con un discreto lancio i 260 orari circa su strada aperta, ma se non ci fossero stati altri veicoli disse che avrebbe raggiunto valori superiori. La punta di 275 km/h promessa da Maserati potrebbe non essere lontana dalla verità. A tali velocità, spesso, i freni di oltre quarant’anni fa si rivelano inadeguati; non è questo il caso, ché l’impianto è efficacissimo e facile da sfruttare: ancora una volta l’impianto idraulico dà una mano e permette di dosare alla perfezione la frenata senza forzare sul pedale. Il comportamento è rassicurante, la vettura non si imbarca nelle curve nonostante il peso importante e punta sempre all’esterno in sottosterzo. Forse non è così appagante per un pilota smaliziato, ma è decisamente sicuro e alla portata di tutti.