Compatta, leggera, inglese e con il motore e la trazione dietro, al posto giusto: le premesse per un dominio incontrastato nel panorama delle piccole spider di media cilindrata c’erano tutte. Ecco perché un progetto partito con le migliori intenzioni ha deluso le aspettative.
Zero compromessi. Prima di fare la punta alle matite, i progettisti e i designer bussarono ai piani alti della dirigenza Austin Rover. “Vorremmo fare una spider come si facevano una volta”. Misero così sul tavolo tre soluzioni per l’architettura meccanica della nuova MG: motore e trazione anteriori, motore anteriore e trazione posteriore e, in ultimo, motore e trazione posteriori. Rinunciando a ogni compromesso, sebbene l’azienda non navigasse in ottime acque, si scelse la terza opzione.
Il sorpasso dei giapponesi. Lo schema meccanico è quello delle sportive vere. Mettiamoci anche un design semplice, ma sfizioso, e il fatto che siamo in Inghilterra, terra promessa per gli amanti di questo genere di auto. La decisione che la spider si farà viene presa soltanto nel 1989, appena dopo la cessione della MG alla British Aerospace. In Giappone intanto, mentre il marchio inglese inspiegabilmente tergiversa, la Mazda lancia una macchina destinata a fare scuola in materia: la MX-5.
Meglio tardi che mai. C’è da fare una spider, e tanto basta per convincersi a fondare un dipartimento specializzato nello sviluppo di veicoli sportivi, la Rover Special Projects. Arriviamo al 1991, con tante belle speranze e pochissimi capitali da investire. Si gioca al risparmio, specialmente nella scelta dei materiali per gli allestimenti interni. Secondo questa logica, si ricicla quanto possibile dalla gamma Rover, attingendo dalla produzione corrente anche per i componenti meccanici. Dietro ai sedili trova così posto l’unità di 1,8 litri della serie K, disponibile in due livelli di potenza: 120 o 145 CV.
Bella da guidare. A parte l’impostazione meccanica, dunque, nessun componente lascia pensare a una sportiva purosangue. A ben vedere, però, qualcosa di raffinato c’è. Bisogna passare alla “meccanica fredda”, per usare il gergo ingegneristico, e soffermarsi sulle sospensioni, che adottano la tecnologia Hydragas. Questo sistema garantisce uno smorzamento superiore agli schemi sospensivi tradizionali e, unitamente a una distribuzione dei pesi particolarmente favorevole, rende la MG F agile e divertente da guidare. Soprattutto nelle curve a percorrenza medio-lenta, dove surclassa rivali ben più blasonate come la Audi TT a trazione anteriore, per esempio. Il sovrasterzo, peculiarità portante della vettura, è gestibile solo sull’asciutto.
Un’occasione sprecata. Dove si poteva far meglio, nonostante l’imperativo di limitare i costi, era sulla cura degli assemblaggi. Ammettiamo pure che i marchi “popolari” inglesi non si sono mai distinti per la cura costruttiva delle proprie automobili, ma in questo caso definire i materiali scadenti è un eufemismo. Aggiungiamoci un design poco personale e un’affidabilità precaria, ed ecco spiegato come quest’auto non sia mai davvero riuscita a intercettare il gusto degli appassionati. Un peccato? Noi crediamo proprio di sì…