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Mi fai un Ciao alla spina?

Una piccola azienda fiorentina rende il ciclomotore più famoso d’Italia eco-sostenibile, grazie al retrofit elettrico. Basta portare il proprio Ciao e loro lo trasformano nell’E-bike che, inspiegabilmente, ancora latita nella gamma Piaggio.

“Mi mette due litri al due, per favore?”. Che tenerezza. Che languore, il ricordo degli “anni Ciao”. Con le duemila lire per un paio di litri di miscela al 2% d’olio pompata a mano dal benzinaio che sbuffava, a un adolescente si apriva tutto un mondo da scoprire ed esplorare. Oggi non si può più. Anzi, non si deve. Il solo pensiero di un motore che spruzza benzina mista a lubrificante nell’atmosfera suscita ribrezzo, evoca foto in bianco e nero appesantite dalla nebbia malsana. È stato bello, ma adesso Ciao: il motorino più famoso d’Italia inquina troppo e deve restare confinato in fondo al garage, o in cantina sotto al telo. Tanto ingombra poco, quanto una bicicletta: è sempre stato questo, il suo segreto. Il ciclomotore Piaggio sapeva trarre il massimo dal minimo, giusto un paio di ruote e un telaio in lamiera stampata che conteneva sia il serbatoio, sia il piccolo monociclindrico da 50 cc. Che con il pieno ti portava a spasso per 140 km, come andare in vacanza da Roma a Orbetello sull’Aurelia. Tant’è che il ciao aveva resistito sul mercato per quasi quarant’anni, dal 1967 al 2006 quand’era ancora proposto con le bobine elettroniche al posto delle puntine platinate e il miscelatore automatico. Era persino omologato Euro 2, ma non poteva durare.

Alla nostalgia non si comanda, lo sapete bene. Grazie al retrofit sviluppato sulle auto classiche, la startup Ambra Italia ha avuto la brillante idea di trasformare il Ciao in E-bike grazie a un kit dedicato. Sembra la scoperta dell’acqua calda, quanti di voi ci avevano pensato in fondo? Probabilmente molti: anche la Piaggio, che però inspiegabilmente non l’ha ancora tradotta in pratica per colpire al cuore la clientela più orientata al vintage, specie quella che ha necessità di muoversi in modo agile e poco costoso nelle aree urbane. E Ciao alle norme antinquinamento, agli accessi negati ai due tempi, alle zone proibite del centro. Basta portare il vecchio Ciao a Rufina, in provincia di Firenze, e Ambra Italia ci mette il kit di trasformazione. Il motore da 250 W è alloggiato nel mozzo posteriore, mentre il pacchetto batterie sostituisce il monocilindrico orizzontale nascosto sotto il poggiapiedi. La velocità massima è fissata per legge a 25 km/h, quindi senza obbligo di casco, immatricolazione e assicurazione come per le altre biciclette elettriche. Se non pare sufficiente, si può sempre ricorrere alle versioni elettroniche delle mitiche elaborazioni Giannelli, Malossi, Polini, Simonini e compagnia, ma a proprio rischio e pericolo di sequestro del mezzo e sanzione penale. Al posto del tappo del serbatoio, c’è una doppia presa USB, mentre la strumentazione di bordo è affidata a un mini-computer accanto alla manopola sinistra.

Una missione per l’Italia. La trasformazione è completata da una bella borsetta morbida in pelle sul lato sinistro, bella e pratica da utilizzare anche a piedi. Il resto è proprio uguale: le ruote a raggi, la sospensione anteriore a biscottini, e la sella molleggiata. Ogni Ciao elettrificato è dotato di libretto identificativo in cui sono riportati i dati del mezzo, per garantirne la tracciabilità. Il kit costa 2.800 euro, ma per 4.000 Ambra Italia mette a disposizione un servizio tutto-compreso di adattamento, montaggio, restauro e riverniciatura del vecchio Ciao. Insomma, un restauro completo che comprende le modifiche necessarie al telaio. E per chi proprio non ha voglia di cercarne uno su questa o quella piattaforma online, la piccola startup ne trova uno della serie e del modello desiderati con 500 euro in più. In tutto, è la stessa cifra che si spende per una E-bike di qualità elevata. Con la differenza che passando su un Ciao elettrico, si torna a far voltare la testa per strada alle ragazze e ai ragazzi proprio come una volta…

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