Cinquant’anni fa, a Torino, irrompeva inaspettata sulla scena, anticipando di un anno l’esordio dell’annunciata berlina. Il suo impatto fu travolgente e segnò una svolta nella produzione automobilistica italiana, che tornò a primeggiare. In dieci anni (1954-1965) si è affinata senza cambiare, grazie alla bellezza iniziale del disegno e alla perfezione del motore.
Perché una vettura tanto “maschia” ebbe il nome di “Giulietta”? Pare che nel 1950, durante la presentazione dell’Alfa Romeo “1900” al Grand Palais di Parigi, un principe russo, incontrando i dirigenti della Casa milanese, abbia esclamato: “Siete otto Romeo e non c’è neanche una Giulietta?”.
Il progetto “Giulietta” risale agli inizi degli anni 50. Doveva essere praticamente una “1900” in scala ridotta, con un motore altrettanto sofisticato, a doppio albero a camme in testa, ma con cilindrata di 1290 cm³, uno strappo alla tradizione Alfa. La scelta di realizzare una vettura “economica” era comunque inevitabile in un mercato che richiedeva nuove tipologie di vetture e soprattutto produzioni in grande serie. Prevalse l’idea dell’ingegner Rudolf Hruska di privilegiare il lancio di una sportiva rispetto alla berlina. Ovviamente si pensava che produrre una fuoriserie sarebbe stato più facile in quanto, anche in caso di successo, la richiesta sarebbe stata contenuta.
Quando la “Giulietta” (denominata “Sprint”) fu presentata al 36° Salone di Torino, il 9 aprile 1954, i concessionari furono letteralmente presi d’assalto e si dovette immediatamente pensare a una produzione in serie. Bertone si accollò l’impresa, subappaltando alcuni lavori e avviando la costruzione di un nuovo stabilimento. La “Sprint” diventerà però un prodotto industriale solo nel 1960.
La domanda continuò a crescere. Quali i motivi? Innanzitutto i tempi. Eravamo in pieno “boom” economico. Nel 1954 la produzione nazionale avrebbe superato le 200.000 unità, con un incremento, rispetto al 1953, del 24,3%. Di questa grossa torta, però l’Alfa Romeo raccoglieva solo una piccola fetta: 4.747 vetture vendute, contro le 151.667 della Fiat e le 9.905 della Lancia. La “Giulietta” segnò una svolta nella storia della Casa milanese. Altro elemento di successo fu l’effetto sorpresa. Nessuno si aspettava una vettura così indovinata e innovativa.