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Piccole bombe tedesche: Volkswagen Polo G40, una sportiva per pochi

Se chiedete a un pilota se preferisce un’auto brutta ma veloce, la risposta sarà facilmente immaginabile, ma se si fa la stessa domanda a chi sceglie di acquistare una vettura sportiva, è facile che – a parità o quasi di prestazioni – sia il look ad avere un peso determinante. Questo spiega, in parte, lo scarso successo della Volkswagen Polo G40.

Scarso appeal. Intendiamoci, si parla di un design che, nella versione presentata nel 1987, riprende il frontale della mitica Golf GTI, ma che, nel complesso, rimane abbastanza anonimo, ben lontano dalla cattiveria sfacciata di una Renault 5 GT Turbo o dalle forme iconiche di una Peugeot 205 GTI. Eppure, se si guardano i contenuti tecnici e le prestazioni, la piccola di casa Volkswagen aveva le carte in regola per dare filo da torcere a tutte le sue concorrenti, per di più con una scelta motoristica tutt’altro che convenzionale e che la rende unica nel panorama delle piccole sportive dell’epoca.

Con il volumetrico arriva a 115 CV. Tutto infatti ruota intorno a un quattro cilindri da 1.272 cm3, già installato, nella versione coupé GT – la particolarità della seconda generazione della Polo era di essere disponibile in due varianti di carrozzeria – che era stata introdotta nel 1982. Il motore sviluppava 75 cavalli, un valore ottimo, ma non sufficiente per stare al passo con il proliferare di piccole “bombe” dotate di turbocompressore. Ecco allora che nel 1983 Volkswagen inizia lo sviluppo di una versione vitaminizzata, scegliendo la strada inconsueta, per la tipologia e il segmento, di utilizzare un compressore volumetrico per aumentare la potenza. Un progetto non convenzionale, chiamato G-Lader per la sua forma a spirale e che, nella versione con diametro da 40 mm, permette di arrivare a 115 CV e fornire un ottimo pretesto per battezzare G40 la neonata sportiva.

Sfiora i 200, ma nell’anonimato. Il lotto iniziale di soli 500 esemplari, riconoscibili per il frontale a quattro fari tondi, va a ruba e bisogna aspettare fino alla fine del 1990, quando la Polo viene sottoposta a un lifting – evidente soprattutto per il passaggio ai fari rettangolari – per vedere la G40 di nuovo a listino. Grazie al peso contenuto in soli 830 kg, sfiora i 200 all’ora e scatta da 0 a 100 km/h in 8,6 secondi, con una dotazione di serie che comprende le belle ruote di lega a raggi da 13” su pneumatici 175/60, fendinebbia, volante sportivo a tre razze, sedili più contenitivi e poco altro, con una strumentazione sobria, poco caratterizzata sportivamente.

Oggi è introvabile. Il problema è tutto qui: difficile distinguerla da una Polo normale, a parte la linea rossa che corre lungo fiancate e paraurti e il logo in rosso sul portellone e sulla calandra. La serietà tutta tedesca non giova alla Polo G40 che in Italia incontra poco successo, anche a causa del prezzo molto elevato. Difficile, infatti, che potesse popolare i sogni di un neopatentato, mentre il pubblico più maturo si dirigeva senza esitazioni sulla Golf, GTI o G60, per chi proprio non resisteva al fascino del volumetrico: il risultato è che oggi è praticamente impossibile trovarne una e, anche ammesso di riuscire nell’impresa, le quotazioni sono altissime. La rivincita è servita.

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