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Plymouth Barracuda Gran Coupé Convertible (1970), la volta buona

Lo slogan non dava adito ad alcun dubbio: “1970 Plymouth Barracuda: only the name is the same”. In effetti la rinnovata muscle car della Casa della galassia Chrysler era del tutto inedita e infinitamente più affascinante rispetto ai modelli che l’avevano preceduta. Nata agli inizi di aprile del 1964, la Barracuda era stata concepita in tutta fretta per rispondere alle voci di mercato che vedevano la nuova Ford Mustang di prossima presentazione (17 aprile 1964) come un grande successo.

Inizio poco brillante. Creata sul pianale della compatta ed economica Falcon, la nuova Ford si caratterizzava per lo stile sportivo, la piacevolezza di guida e una lista di accessori lunghissima. “Long hood and short trunk” erano i tratti distintivi della Mustang, gli stessi che avrebbero identificato tutte le rivali che a breve si sarebbero affacciate sul mercato. Il successo della Mustang fu enorme, al contrario di quello della Barracuda. Quest’ultima manteneva una parentela molto evidente con la compatta da cui derivava, la Valiant, somiglianza che certo non giovò alle vendite, distanti in modo abissale rispetto a quelle della Mustang. Nel giro di un paio di anni, Chevrolet, Pontiac, Mercury, AMC e Plymouth presentarono le loro concorrenti in questo settore di mercato, quello delle cosiddette “ponycar”, che si era rivelato molto promettente.

La terza lasciò a bocca aperta. La seconda generazione della Barracuda (1967-69), pur distinta da una linea convincente, continuò a rimanere un passo indietro rispetto alla concorrenza. Ma la terza serie era già allo studio e quando venne svelata, il 23 settembre 1969, il pubblico rimase finalmente a bocca aperta. Rispetto ai modelli precedenti solo il passo rimase inalterato a 108 pollici (274,5 cm); la lunghezza venne aumentata di 10 centimetri, la larghezza di 13, mentre l’altezza diminuì di 5 centimetri. Carreggiata anteriore e posteriore risultavano maggiorate rispettivamente di 6 e 12 centimetri. La griglia incassata dominata da due grandi fanali, il parabrezza inclinato con il padiglione molto basso, la coda corta e alta conferivano alla vettura una silhouette estremamente aggressiva. L’abitabilità interna era adeguata solo per i passeggeri anteriori, men- tre dietro era davvero sacrificata.

Spazio al motore V8. Il design era opera di John Herlitz e del suo staff, che aveva lavorato a stretto contatto con il gruppo di ingegneri responsabili per la parte meccanica. Molti, infatti, erano i vincoli posti al reparto stile. Uno dei requisiti fondamentali della nuova Barracuda doveva essere la capacità di alloggiare nel vano motore i grossi V8 6300, 7000 e 7200, con ampio spazio per accessori quali servosterzo, servofreno e condizionatore d’aria. Le strutture di base del vano anteriore e della paratia parafiamma e le sospensioni sarebbero poi dovute servire l’anno successivo per le nuove intermedie Satellite e Charger. In più, i passaruota dovevano poter alloggiare le gomme larghe previste per scaricare a terra i cavalli generosamente erogati dai grossi motori V8.

Tre allestimenti, fino a 425 CV. La Barracuda 1970 era disponibile in tre allestimenti: base, Gran Coupé (un package estetico che comprendeva interno in pelle, finiture del cruscotto e dei pannelli porta in finto legno e console sul tetto) e ‘Cuda, l’opzione sportiva, caratterizzata da cofano con le prese d’aria, gomme larghe, sospensioni sportive, strumentazione più completa e decals sulle fiancate. I motori della ‘Cuda avevano cilindrate 5600, 6300, 7200 e 7000 Hemi, rispettivamente con 275, 335, 375-390 e 425 cavalli. Il tutto accoppiato a trasmissioni manuali a tre o quattro marce oppure automatiche a tre rapporti. La versione base veniva proposta di serie con un sei cilindri 3700 o un V8 di 5,2 litri. La Barracuda era disponibile con carrozzeria chiusa o aperta e una lista infinita di accessori, fra cui alzacristalli elettrici, condizionatore d’aria, sedile regolabile, portapacchi posteriore, paraurti rivestiti in poliuretano e in tinta con la carrozzeria, radio con mangianastri Stereo 8, alettone posteriore, gomme larghe e verniciature particolari.

Ricercate dai collezionisti. Nonostante fosse bella, veloce e molto divertente da guidare, la Barracuda non fu un grande successo: ormai il mercato per le “ponycar” stava diminuendo a causa del rincaro delle assicurazioni, delle norme antinquinamento e del generale calo di interesse per le vetture ad alte prestazioni. Oggi però le cose sono cambiate, e le Barracuda sono fra le auto più ricercate dai collezionisti. Le versioni più ambite sono quelle equipaggiate con i motori più grossi, dal 6,3 litri a salire, e le convertibili. Queste ultime sono difficili da scovare e così quando nel 2012 a Napoli la nostra protagonista è apparsa in un annuncio sul web, un collezionista di Milano non ha potuto fare a meno di acquistarla senza neanche vederla. Si tratta di una rara versione Gran Coupé Convertible con motore “big block” 6300, una delle appena 66 costruite.

Completamente restaurata. La macchina si trovava in condizioni quasi disperate, con numerosi componenti assenti: vetri laterali, telaio della capote, fianchetti e sedile posteriore, cruscotto, pannelli porte, trasmissione, radiatore, console centrale. Da una ricerca condotta grazie all’aiuto del curatore del registro di modello è emerso che l’esemplare era stato messo all’asta su eBay nel 2005. Una volta portata a Milano, la Barracuda è stata completamente restaurata; i pezzi mancanti sono stati trovati tramite il forum di Moparts (moparts.com). Ripristinare una Barracuda non è particolarmente complesso, i ricambi si trovano abbastanza facilmente su eBay o tramite i forum dedicati. Unico problema sono i costi, molto alti per i componenti originali. Per esempio, una strumentazione completa può costare oltre 2000 dollari, un volante ricostruito $ 800, il telaio della capote $ 3000. Molti particolari dell’interno e i lamierati si trovano come riproduzioni, a prezzi ragionevoli.

(Antonello Jelitro)

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