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Quando la portiera diventa una questione di stile

Ali di gabbiano, padiglioni e porte scorrevoli sono alcune delle curiose modalità di accesso utilizzate a partire dal Dopoguerra. Prenderemo in analisi modelli diversissimi tra loro, caratterizzati da soluzioni affascinanti, più o meno complesse, che ci consentono di avventurarci tra i meandri della creatività e dello stile, esplorando alcune delle pagine più interessanti della storia dell’automobile.

Dimmi che auto guidi e ti dirò chi sei: una riflessione che, probabilmente, tutti gli appassionati fanno quando si confrontano su questo o quel modello, discorrendo sulla meccanica e sulle linee delle proprie auto preferite. Oggi vogliamo partire da un’altra considerazione: il tipo di apertura delle porte, per raccontarvi innovazioni e peculiarità di concept car e auto di produzione che hanno rivoluzionato il mondo dell’automotive. O che, quantomeno, ci hanno provato…

BMW Z1. Presentata nel 1987, la BMW Z1 stupiva per le sue portiere a scomparsa nei brancardi: una soluzione scenografica pensata per lanciare la capostipite dei modelli Z. Una soluzione simile a quella impiegata dalla Kaiser Darrin degli anni 50, ma in questo caso lo scorrimento avveniva in senso verticale. La lettera zeta stava per “zukunft” (futuro, in tedesco), l’auto venne progettata da un nuovo reparto della Casa bavarese, BMW Technik designato allo sviluppo di nuovi concept e tecnologie avanzate. L’inedita roadster portava al debutto anche le innovative sospensioni posteriori “Z-Link”, antesignane dello schema Multilink e una carrozzeria in materiale plastico con pannelli intercambiabili. Sottopelle, adottava invece la meccanica collaudata della 325i E30. Ne vennero realizzate circa 8.000 e ciò rese la BMW Z1 una instant classic, tutt’oggi molto ricercata dai collezionisti.  

Iso Isetta. Nel 1953 la Iso Autoveicoli presentava la Isetta, una rivoluzionaria microcar pensata per la città. La Isetta era una vettura unica nel suo genere per la forma ovoidale e il grande portellone anteriore con cerniere laterali, che rendeva l’accesso a bordo simile all’apertura di un frigorifero. E proprio dal design industriale, settore in pieno fermento nel Dopoguerra, che Renzo Rivolta partì prima di avventurarsi nel settore automobilistico. Nonostante il progetto fosse molto curato, in Italia la Isetta non riuscì ad attecchire, nemmeno dopo la partecipazione a due edizioni della Mille Miglia. Fu la BMW a coglierne il potenziale, producendo dal 1956 la geniale vetturetta su licenza e ampliando la gamma con le versioni 250 e 600 cc (quattro posti, tre porte), esportate anche Oltreoceano. A quasi 70 anni l’eredità della leggendaria Isetta è stata raccolta dalla Microlino: una simpatica citycar elettrica frutto di una partnership italo-svizzera.

Lamborghini Countach. Cinquant’anni fa la Countach ridefiniva l’idea di supersportiva introducendo, de facto, il concetto di hypercar: nel 1971, nessun’altra auto stradale aveva ancora abbattuto il muro dei 300 km/h ma soprattutto nessun’altra delle granturismo coeve faceva sfoggio di una linea tanto oltraggiosa. Un altro stilema unico nel panorama dell’epoca erano le portiere a forbice, divenute l’emblema di tutte le Lamborghini con motore V12 realizzate fino ai giorni nostri. La Countach portava a compimento il percorso di avanguardia stilistica iniziato da Bertone alla fine degli anni 60, sdoganando il profilo cuneiforme: la Lamborghini Countach divenne l’archetipo dell’auto da sogno, irraggiungibile e immanente. Entrò in produzione nel 1973 e rimase a listino fino al 1989. L’evoluzione tecnica e stilistica del modello venne scandito con i modelli Countach LP400, LP400 S, LP 5000S, Quattrovalvole e Anniversario. A mezzo secolo dal suo debutto, Lamborghini ha omaggiato questa icona di stile con la Countach LPI-800, una one-off realizzata su base Aventadòr.  

Lancia Stratos Zero. L’approccio visionario della Carrozzeria Bertone potrebbe essere sintetizzato con la Stratos Zero: una creatura ultraterrena le cui linee vennero tracciate da Marcello Gandini. La spettacolare concept, nelle intenzioni avrebbe prefigurato la futura Stratos ma nel 1970 con la sua silhouette aguzza, anticipò il profilo aguzzo della Lamborghini Countach. Il cuore della showcar era il noto V4 da 1,6 litri della Lancia Fulvia. La vettura era alta appena 84 cm e l’unico modo per accedere all’abitacolo era il portellone anteriore, una soluzione che l’accomunava più alle navicelle spaziali che alle automobili. Le suggestioni ultraterrene erano sottolineate anche da un’illuminazione, che si avvaleva dei primissimi LED disponibili sul mercato.  

Mercedes-Benz 300 SL Gullwing. Le portiere incernierate in alto, sul padiglione, della Mercedes-Benz W198 300 SL sembravano ali pronte a farle spiccare il volo: per questo motivo, la più iconica tra le Mercedes venne battezzata “Gullwing” (letteralmente ali di gabbiano). La 300 SL del 1954 si fece apprezzare per la facilità di guida e le elevatissime prestazioni, sotto il cofano vi era un tre litri da 215 CV: il primo al mondo con iniezione diretta di carburante, capace di spingere la granturismo tedesca a velocità comprese tra i 220 e i 260 km/h in base al rapporto finale. Strettamente imparentata alla W194, la straordinaria auto da corsa vincitrice della Mille Miglia e della Carrera Panamericana, la 300 SL adottava un particolare telaio tubolare che costrinse gli ingegneri a fare ricorso alle porte incernierate in alto per non comprometterne la rigidità. Certo, entrare e uscire non era propriamente semplice e infatti, dopo di lei, la dinastia SL abbandonò l’apertura “Gullwing”. Questa venne ripresa oltre cinquant’anni dopo con la SLS AMG (W197) del 2010: la prima supersportiva realizzata ex novo dai tecnici AMG.

Messerschmitt KR 175. Il nome Messerschmitt evoca i temibili aerei impiegati durante la Seconda Guerra Mondiale dalla Luftwaffe ma al termine del conflitto, l’azienda venne riconvertita per la produzione di innocue vetturette da città. Nello stesso anno in cui la Iso lanciava l’Isetta, nel 1953 la Messerschmitt proponeva uno scooter a tre ruote, indicato come “KR 175”. Il numero indicava la cilindrata del motore a due tempi, mentre KR era l’acronimo di Kabinenroller. La peculiarità del modello, caratterizzato da morbide linee Streamline, era l’ampio padiglione a goccia: vetrato e incernierato lateralmente per garantire l’accesso nel cockpit. All’interno vi erano invece due sedute montate in tandem. Curiosamente, mentre la Isetta venne “adottata” dalla tedesca BMW, la bresciana Mi-Val (divisione della Metalmeccanica Italiana Valtrompia), a partire dal 1958 produsse su licenza la KR-175 commercializzata in Italia con il nome “Mivalino”.     

Pininfarina Modulo. Per celebrare i 90 anni della Pininfarina, Poste Italiane lo scorso anno ha presentato un francobollo commemorativo riportante la Pininfarina Modulo. Basti questo per comprendere l’importanza di questa spettacolare concept. La Modulo venne svelata con clamore al Salone di Ginevra del 1970, realizzata dalle maestranze Pininfarina sul telaio della Ferrari 512S. Alto appena 93 cm, il prototipo si caratterizzava per la scocca realizzata da due gusci sovrapposti. L’accesso all’abitacolo, di stampo minimale, avveniva mediante il padiglione. Quest’ultimo sormontava interamente l’abitacolo e scorreva in avanti. La showcar del 1970 non era funzionante ma nel 2014, dopo essere stata acquistata nel 2014 dal noto collezionista americano Jim Glickenhaus, è stata resa marciante dalla Manifattura Automobili Torino.

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