Il blasone di De Tomaso, il design raffinato di Marcello Gandini, il sogno di una famiglia con le quattro ruote nel cuore: cos’è andato storto con la Qvale Mangusta?
Un viaggio veloce, velocissimo che, con più di qualche rimpianto, sarebbe potuto durare a lungo. Un viaggio “a bordo della Mangusta”, un’avventura cominciata vent’anni fa, nel 1999, e conclusasi appena due anni dopo.
Da San Francisco a Modena. La storia che stiamo per mettere a fuoco è quella della Qvale, una casa automobilistica la cui parabola nell’universo dell’industria dell’auto è durata appena due anni. Il lascito di questo sogno italoamericano nato in California, a San Francisco, e realizzato in Italia, a Modena, nello stabilimento della controllata Qvale Automotive Group srl, è di 270 automobili. Neppure poche, considerando che si trattava di un modello di nicchia.
Le fonti d’ispirazione. L’unica auto messa in commercio dalla Qvale è la Mangusta, che prende il nome dall’omonimo modello della De Tomaso. Dalla Casa modenese, la Mangusta eredita anche le esperienze fatte con il concept Biguà, presentato al Salone di Ginevra del 1996.
Le origini del nome. Quando la De Tomaso scelse quel nome, Mangusta, fu per accostare la nuova nata all’unico mammifero in grado di combattere ad armi pari con il cobra, simbolo, quest’ultimo, del pilota Carrol Shelby, passato a lavorare a un progetto della rivale Ford.
Una famiglia con l’auto nel sangue. È il 1997 quando la famiglia Qvale, già nota negli States per l’attività di importatore ufficiale Maserati, dà vita alla società Qvale Modena SpA per produrre la Mangusta. A capo del progetto c’è Bruce Qvale, che si fa carico anche dell’intero sviluppo dell’impianto di produzione.
La firma del maestro Gandini. Il progetto del telaio viene affidato a Enrique Scalabroni, ex designer di Formula 1 con trascorsi importanti in Dallara, Williams e Ferrari. La Mangusta, disegnata dalla matita di Marcello Gandini, tra i car designer più creativi e visionari di tutti i tempi, montava un generoso motore da 4,6 litri. Geniale il meccanismo unico del tetto, denominato “roto-top”, che scorrendo in avanti consente la rimozione del pannello centrale.
Primi intoppi. Quando le prime Mangusta, lasciate le linee di assemblaggio, si preparano ad approdare nelle concessionarie, l’accordo in essere con la De Tomaso viene meno e le vetture saranno immesse sul mercato con il marchio Qvale. La maggior parte di esse sarà venduta negli Stati Uniti.
La fine dei giochi. La risposta del mercato sarà piuttosto tiepida e, con lo spettro della crisi sempre più vicino, i diritti di produzione, insieme alla fabbrica italiana della Mangusta, vengono ceduti alla MG Rover. Le conseguenze saranno un repentino stop alla produzione, con la garanzia di assistenza tecnica a beneficio dei clienti che avevano già ordinato o acquistato un modello. La domanda rimane una sola: sarebbe potuta andare diversamente?