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Rolls-Royce Silver Spur II: alla scoperta della “Vecchia Milano”

La Silver Spur è un’auto senza tempo. Lo si capisce impugnando le grandi maniglie in metallo cromato, premo il pulsante: Clac! Quando la pesante portiera si apre, si viene accolti dall’aroma di pellame, enfatizzato dall’abbondante uso di legnami pregiati per le finiture, che aggiungono ulteriori note organolettiche.

Prendo posto e richiudo la portiera, il mondo fuori viene relegato in un’altra realtà: all’interno tutto è pensato per essere facile da usare e funzionare in maniera efficace e silenziosa. Un ambiente ovattato e sontuoso. Regoli la temperatura: caldo, freddo. Stop. Che nell’abitacolo ci siano i 21 gradi, come “In Marocco a primavera” (per dirla alla Ezio Greggio in “Yuppies”), o 21 e mezzo, poco importa: all’impianto di climatizzazione interessa solo che gli occupanti si godano la permanenza a bordo nel comfort più totale. “E’ il migliore climatizzatore che abbia mai provato, e di auto così ne ho guidate tante” sottolinea il mio Cicerone, mentre mi accompagna tra le vie più esclusive di Milano, illustrandomi alcune delle residenze più prestigiose della città. La Rolls-Royce Silver Spur su cui viaggiamo, era la variante a passo lungo della Silver Spirit (11 cm in più), riconoscibile per il tetto rivestito in “Everflex”. La “Silver Spur II” era un aggiornamento della Silver Spur, ed è stata prodotta fino al 1993. All’interno, la maggior attenzione per i passeggeri posteriori è sottolineata dal divano posteriore regolabile elettricamente, e dai preziosi tavolini in legno. Su questo esemplare, la parte inferiore dei tavolini è rivestita in pelle come il resto degli interni: così possono richiudersi in maniera più discreta nei loro alloggiamenti, ricavati nello schienale dei sedili anteriori.

Neocon. E’ sera, ci addentriamo in zona Lambrate, qua e là restano le tracce del suo passato operaio: vecchie officine e autorimesse dalla facciata scalcinata, insegne al neon di hotel di dubbio prestigio. Un’ambulanza chiede strada squarciando il silenzio circostante. Scivoliamo verso “Città Studi” e ammiro qualche villino in stile Liberty che interrompe la distesa di palazzoni in cemento armato pieni di graffiti. Un’arzillo tram dei primi del ‘900 ci precede. Lo scenario adesso è diverso, da una parte l’hotel “De Milan”, l’Armani Hotel dall’altra, noi nel mezzo come nella raffigurazione pittorica di una metafora. Milano cambia, si evolve; ma loro, i vecchi tram resistono imperterriti, gialli e sferraglianti conservano le memorie e l’identità storica della città: gli ultimi cantastorie della Vecchia Milano. Foto, imprescindibile. Prima tappa, Piazza Leonardo da Vinci. Ci fermiamo davanti alla sede del Politecnico di Milano, edificio elegante e severo inaugurato nel 1927, dallo stile piuttosto “conservatore”. Si potrebbe dire lo stesso della “Silver Spur II”, che presentata nel 1980, aveva una linea piuttosto tradizionale e una meccanica ripresa dalla precedente Silver Shadow, in carica dal 1965… A bordo si percepisce maggiormente quanto fossero radicate certe tradizioni inglesi: ettari di pelle Connolly e legno massello lavorato dalle sapienti mani degli ebanisti, in onore del vecchio “Stile British”. Sebbene all’esterno dell’auto risaltino linee squadrate, tese e orizzontali, dall’abitacolo il cofano appare magicamente bombato: un tributo ai modelli che l’hanno preceduta. “Lo Spirit of Ecstasy lì davanti, è una presenza costante ed anche utile, perché aiuta a percepire meglio gli ingombri, ma soprattutto ti ricorda che stai guidando qualcosa di veramente speciale”.

Milano “bene”. “Qui abita Donatella Versace, siamo in una delle zone più belle di Milano”. Proseguiamo il nostro giro e dopo un breve briefing sulle locations, ci fermiamo in C.so Venezia: “Questo è Palazzo Invernizzi, la Silver Spur II, abitava qui, il suo proprietario era il Cav. Invernizzi… Di fronte c’è la Villa con i fenicotteri rosa, un posto magico”. La Silver Spur non avanza, incede. Diverse teste si girano al nostro passaggio. Qualcuno canta “Rolls-Royce” di Achille Lauro, altri, sulle strisce pedonali pervasi da un certo timore reverenziale temporeggiano o ci fanno segno di passare per primi pur avendo il (sacrosanto) diritto di precedenza. Una ragazza gesticola vistosamente: “E’ una Rolls!” La mia guida, rivolgendosi a me, “Chissà che faccia farebbero se gli dicessi quanto (poco) costa una Rolls-Royce come queste, eppure, è uno dei pochi casi dove il prestigio non è commisurato al prezzo.” Gironzoliamo nel quartiere mentre scorriamo tra i grandi portoni e i bei palazzi dell’alta borghesia: “Qui hanno vissuto (e vivono) alcuni dei più importanti personaggi del XX secolo.” Abbandono per un attimo le aristocratiche poltrone della Silver Spur II e mi affretto su Via Tommaso Salvini, cercando di immortalare la Rolls-Royce al suo passaggio sotto l’arcata del Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto. Cerco di sottolineare l’imponenza di entrambe le “costruzioni”, il palazzo e l’ammiraglia, ma ne risulterà una foto mossa e dai contorni cupi, più in linea con le suggestioni da film poliziesco ambientato nella New York anni ’80… Anche in questo caso la Rolls-Royce Silver Spur II non sarebbe fuori luogo.

Per veri amatori. Età e peso sono due tabù quando si parla di (e con) signore, ma in questo caso, la Silver Spur II, non me ne voglia se per dovere di cronaca puntualizzo che è stata acquistata nel 1992 dalla concessionaria “Achilli Motors”, che negli anni della “Milano da bere”, era il rivenditore ufficiale per Rolls-Royce e Bentley a Milano. Nell’ultimo anno dell’ ”edonismo italiano”, la Rolls-Royce Silver Spur II costava la bellezza di 380 milioni di Lire, eppure quest’ auto va oltre il mero concetto di ostentazione: per quanto non passi inosservata, la sua linea non è innovativa e non propone tecnologie particolarmente avanzate se si escludono le sospensioni “Girling” a controllo elettronico. Aveva anche l’ABS e l’airbag lato guida ma nulla di trascendentale per un auto così costosa. “Se le togli la calandra, potrebbe essere scambiata per una Volvo ingigantita, la linea non è nulla di sbalorditivo. Poi sali a bordo e la sola plancia urla: ‘sei su una Rolls-Royce!’ ”. E’ un’auto per “connoisseurs”, chi sa apprezzare il valore delle cose e può permettersi di vivere il meglio della vita senza ostentare il proprio status privilegiato: non ce n’è bisogno. Breve sosta tecnica, la Silver Spur richiede un cospicuo apporto di benzene al fine di muovere le oltre 2 tonnellate e mezzo. E’ pur sempre una regale ammiraglia. Scegliamo una speciale stazione di servizio, la Keropetrol di Via Marina, qualcosa mi dice che il quartier generale dell’ACI Milano è proprio lì vicino, probabilmente è la scritta “Automobile Club Italia” che campeggia sulla tettoia in cemento… Se non fosse per i veicoli vicini e i prezzi in Euro, sembrerebbe che il tempo si sia fermato.

Alta società. Via Montenapoleone. Stiamo replicando la routine della “Spur II”, queste sono le strade che era abituata a percorrere nel 1992. E’ sera e le vie del “Quadrilatero della moda” sono abbastanza libere, pochi i passanti, si avvicendano principalmente fattorini e allestitori, mentre le luci delle vetrine più prestigiose dipingono il loro riflesso sulla lucida carrozzeria blu scuro. Questa Rolls-Royce è una “habituè” della zona: Paper Moon, Four Season… diversi valletti salutano al nostro passaggio. Tentiamo una foto di rito davanti al Duomo, ma non si può più, le barriere “anti-terrorismo” circondano la piazza. “Un tempo ci potevi passare senza troppi problemi. Pazienza.” Arriviamo alla Scala, un po’ di regolazioni, qualche scatto e si riparte: nel centro storico, la Rolls-Royce sfodera una maneggevolezza inaspettata, nelle stradine più strette si muove agevolmente a dispetto delle dimensioni importanti. Sfiliamo davanti alla Casa del Manzoni e al “Boeucc”. Le statue del Palazzo degli Omenoni scrutano imperiose la Silver Spur II, ma lei, aristocratica com’è, sembra quasi dire: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”. Ultima tappa, Piazza Affari. Il palazzo della Borsa Valori torreggia in una piazza deserta, di fronte, la scultura di Cattelan con il dito medio puntato. Pura “Metafisica”. Parcheggiamo la Rolls davanti all’ingresso, scimmiottando i plutocrati che tengono le redini dell’economia, reinterpretati da noi in una salsa più verace, da commedia all’italiana … Un gruppo di turisti siciliani chiede se possono fotografarla: “Non ci capita tutti i giorni di vedere Piazza Affari. Con una Rolls poi…” Come dargli torto.

Il vero lusso. Inizia a farsi tardi e ci avviamo verso il garage: “Ho guidato una Mercedes-Benz 600SEL, dello stesso anno, l’idea di base era un po’ la stessa, ma il risultato completamente diverso”. La mia “guida” continua: “La Mercedes era un’astronave a confronto, veloce, potevi viaggiarci a 250 km/h e dava l’impressione di andare a 130… ma le sospensioni erano più rigide e i materiali non invecchiano altrettanto bene, senza contare l’elettronica, che dopo un pò inizia a dare problemi”. Sulla Rolls-Royce è tutto molto più semplice. “Costava quasi il doppio della 600 SEL e non c’è neanche il contagiri, ma poi a conti fatti… a cosa ti serve qui? E’ automatica, cambia lei e non te ne accorgi nemmeno!” Il vero lusso è questo, vivere senza fretta, coccolato in un ambiente realizzato artigianalmente con la massima cura, pensato per garantire la miglior vita a bordo possibile. Si dice che per garantire la perfetta rotondità e levigatezza di certe leve (come quelle per la regolazione delle bocchette d’aerazione) venisse interpellato un non vedente: questi, avendo il senso del tatto più sviluppato, riusciva a individuare le minime imperfezioni che ne avrebbero compromesso la piacevolezza al tocco…  “Una Rolls-Royce ti porta in un’altra dimensione. Posso arrivare alle 12 o all’1… Su una Rolls l’ora è irrilevante, arrivi un po’ quando ti pare… certo di giungere a destinazione nel miglior modo possibile.” Riscorro le immagini di questo insolito tour milanese, ripensando a quest’ultima frase mentre scrivo, chi l’avrebbe detto che una sera d’inverno mi sarei fatto scarrozzare in Rolls-Royce per le vie più “in” di Milano? Bene così; mi torna in mente il ritornello di una celebre canzone di Ligabue: “Tutti vogliono viaggiare in Prima. E che il viaggio non finisca mai!”

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