Che spreco tutta quella carrozzeria solo per il pilota e il coequipier. Ma è proprio in questo il fascino della vettura. Il motore è così silenzioso che sembra elettrico, così elastico che non serve il cambio
Maestosa e seducente con le sua grandi ruote da 19″, lo smisurato cofano motore e il massiccio telaio di scuola ferroviaria, la “V16” lascia attoniti e sconcertati, soprattutto quando ci si rende conto di come questa automobile di circa sei metri sia stata concepita per trasportare due persone soltanto, con altre due confinate dietro, quasi a bordo di un’altra vettura.
Autentico pezzo da collezione, fu consegnata nel marzo del 1930 e passò rapidamente di mano in mano fino a giungere nel museo di Saint Louis, Missouri, dove rimase per una decina d’anni. Nel secondo dopoguerra riprese la vita mondana, partecipando a raduni, concorsi, aste. Entrò infine a far parte della nutrita scuderia di Mark Ohm, noto distributore di ricambi d’auto, il quale nel 2003 la vendette a Gaetano Rastelli, collezionista di Fidenza. Una volta seduti al volante, balza all’occhio che ogni singolo dettaglio è surdimensionato: l’enorme volante a quattro razze, la robusta leva del cambio, le maniglie alle porte e l’impugnatura dei fari orientabili dal sedile.
Il funzionamento del V16 è elastico e silenzioso e l’esuberanza della coppia motrice rende praticamente inutile l’uso del cambio. Purtroppo fermare questa vettura da 25 quintali non è impresa da poco; seppure assistiti da un servocomando a depressione, i freni a comando meccanico mostrano tutti i loro limiti.