Nato a Bergamo nel 1929, nelle corse ha esordito nel 1949 dopo essersi fatto le ossa tra motori e officine come meccanico, poi collaudatore e infine pilota.
Nei campionati mondiali ha passato una dozzina di stagioni, fino al 1960, quando si è ritirato a soli 31 anni da campione del mondo dopo la scomparsa del fratello, che alle gare lo accompagnava sempre. L’anno scorso al Bergamo Historic Gran Prix, quando gli hanno chiesto in una intervista come avesse fatto ad accumulare una tale sequela di successi come nove titoli mondiali (sei nella classe 125 e tre nella 250), e quanta fatica dovevano essergli costati, davanti alla folla di appassionati che lo applaudivano Carlo Ubbiali ha risposto con il massimo della naturalezza che in realtà lui in quegli anni si è divertito.
Lo chiamavano “Volpe”. I numeri della sua carriera, che l’ha visto vincitore anche di otto titoli italiani, sono da cardiopalma: su 74 corse se ne è aggiudicate 39 e in totale è finito sul podio qualcosa come 68 volte. Poteva capitare di vederlo correre in uno stesso giorno nel campionato 125 e in quello della classe 250. Tra i tanti soprannomi che ha collezionato mentre vinceva praticamente tutto, o quasi, quello che c’era da vincere, ci sono “Volpe”, perché la sua tecnica era di studiare gli avversari e di seguire il primo fino all’ultimo giro per poi superarlo vincendo, e anche “Cinesino”, per via della corporatura minuta e gli occhi vagamente a mandorla.
Leggenda delle due ruote. Anche il temibile Tourist Trophy nell’Isola di Man non ha avuto segreti per lui, che infatti se l’è aggiudicato per ben cinque volte. Nel 2019 Carlo Ubbiali è stato insignito del Collare d’Oro al Merito Sportivo, la più alta onorificenza del CONI in una cerimonia al Foro Italico alla presenza del presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e del ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora. Chi lo conosceva bene sostiene che aveva una memoria a prova di bomba e riusciva a raccontare delle sue gare di 60-65 anni fa ricordando dettagli precisi e divertenti, come se ogni volta fosse appena sceso dalla sua MV Agusta da Gran Premio. Racconti di duelli, cadute (poche), avversari e vittorie che emozionavano e facevano sognare.
Addio, Carletto. Dai fan si lasciava chiamare semplicemente così, in segno di affetto. Eppure era un grandissimo del motociclismo mondiale, al terzo posto nella storia dopo Giacomo Agostini (15 titoli), che aiutò a formarsi da ragazzo, e Angel Nieto (11), a pari merito con Mike Hailwood e Valentino Rossi. Se ne è andato pochi giorni fa, il 2 giugno, per difficoltà respiratorie, lasciando la moglie e i quattro figli. Aveva 90 anni e una lunga vita piena di gloriose soddisfazioni alle spalle. Il suo nome è dal 2001 nella Moto GP Hall of Fame della Fim – Fédération Internationale de Motocyclisme. Lui che della prima stagione di Moto GP è stato finora l’unico corridore ancora in vita.