Nell’ottavo appuntamento con “Storie Alfa Romeo” ripercorriamo la genesi della trazione anteriore Alfa Romeo per giungere fino al lancio della fortunata 156: un’auto che ha rappresentato l’eccellenza Alfa nel campo del design e dello sviluppo tecnologico.
Ottobre 1997, quasi un milione di persone si riversava nelle concessionarie Alfa Romeo per il porte aperte dedicato al lancio della nuova 156: in pochi mesi fioccarono oltre 100 mila ordini per la nuova berlina. L’Alfa Romeo 156 divenne ben presto una delle vetture di maggior successo del marchio, prodotta tra il 1997 e il 2005 in quasi 700 mila esemplari, riuscì ad ammaliare la clientela con soluzioni tecniche e stilistiche di prim’ordine.
Avanti tutta! Nel 1997, a pochi mesi dalla commercializzazione la nuova berlina di fascia medio-alta Alfa Romeo venne presentata ai giornalisti a Lisbona al “Centro Cultural de Belém”. L’Alfa Romeo 156 era un modello importante per la Casa del Biscione in quanto doveva riaffermare il marchio in un mercato molto competitivo. La 156 colpì nel segno con uno stile d’eccellenza e un comportamento dinamico ineccepibile, con un perfetto equilibrio tra handling e prestazioni: una formula che richiamava la tradizione Alfa Romeo al 100%. L’obiettivo venne centrato dando vita ad una delle migliori auto a trazione anteriore disponibili sul mercato.
La trazione anteriore Alfa. La storia dell’automobile ci insegna che le prime vetture erano a trazione posteriore, ma con il passare del tempo la trazione anteriore si affermò coprendo tutte le fasce di mercato. In Alfa Romeo l’idea della trazione anteriore approdò nel primo dopoguerra: Satta Puliga e Busso, convinti delle potenzialità di questa soluzione, avviarono un programma sperimentale per lo sviluppo di una 1900 a trazione anteriore, che sarebbe stata il primo modello della Casa ad adottare questa soluzione. L’azienda decise poi di percorrere un’altra strada: all’inizio degli anni 50 si pensò di abbinare la trazione anteriore su un’auto più compatta, una “vetturetta” indicata come “V”. Vennero studiati anche diversi tipi di motorizzazione, ma i tempi non erano ancora maturi per la produzione. Ma pochi anni dopo Rudolf Hruska aiutò Alfa Romeo ad allargare la sua gamma con un modello posto al di sotto della Giulietta: una vettura compatta “tutto avanti” che avrebbe incrementato i volumi di vendita della Casa del Biscione.
Il progetto Alfasud. Hruska, già “padre” delle varie Giulietta seguì il progetto per una nuova vettura compatta, e venne incaricato di seguire anche lo sviluppo dello stabilimento in cui sarebbe stata costruita. Partiva il progetto Alfasud, la prima auto a trazione anteriore nella storia Alfa Romeo. L’Alfasud nasce “da foglio bianco” e “da prato verde”: la fabbrica in cui sarebbe stata prodotta l’Alfasud venne progettata appositamente per questo modello. Si trattava di un progetto completamente nuovo e ambizioso, che non aveva vincoli tecnici da rispettare, se non quello essere fedele ai suoi obiettivi di prodotto: “Era scontato che fosse a trazione anteriore. E doveva essere un’utilitaria di lusso, una vettura a 5 posti con bagagliaio molto capiente”. Così Rudolf Hruska descriveva la genesi dell’Alfasud. Il motore era un compatto 1.2 litri con archittettura “boxer” a cilindri contrapposti, che preferito al classico 4 cilindri in linea perché più basso, e più adatto a delineare un profilo più aerodinamico e sfuggente. L’inedita silhouette a due volumi garantiva un accesso più comodo al capiente bagagliaio (400 litri), ottenuto grazie alla posizione del serbatoio, collocato sotto il sedile posteriore anziché tra divano e vano bagagli: una disposizione innovativa e sicura che fece subito scuola.
Un successo annunciato. L’Alfa Romeo Alfasud fu la prima commessa importante di Giorgetto Giugiaro, che proprio per lo sviluppo dell’Alfasud creò la sua azienda con l’Ing. Aldo Mantovani: l’Italdesign, chiamata inizialmente SIRP (Società Italiana Realizzazione Prototipi). Si trattava del primo passo di un successo annunciato per entrambe le aziende. un frontale aerodinamico era collegato alla caratteristica “coda alta” da un profilo arcuato dell’abitacolo che delineava una linea semplice e filante. L’Alfasud entrò in produzione nel 1972, lo stesso anno in cui Alfa Romeo superava il milione di unità prodotte dalla fondazione. L’Alfasud da sola (senza contare le versioni Sprint) riuscì quasi a eguagliare questo traguardo: con un totale di 900.925 esemplari prodotti tra il 1972 e il 1984 è stata l’Alfa Romeo più venduta di sempre!
Le sinergie. Nel 1986 l’IRI (che ontrollava Alfa Romeo dal 1933) cedette il Marchio al Gruppo Fiat e come in tutti i processi di integrazione industriale, nei primi anni ci fu una razionalizzazione degli impianti produttivi e dei fornitori. Negli anni 80 la parola d’ordine per tutte le Case automobilistiche è “sinergia”, con fasi produttive sempre più standardizzate e molti componenti condivisi tra i vari modelli per contenere i costi. Ai designer si chiedeva ora di rispettare vincoli sempre più rigidi, come le dimensioni del giro porte, che condizionarono fortemente la creatività e lo stile finale delle vetture. Negli anni successivi, dopo un periodo di incertezze, la personalità del Brand tornò a rivestire un ruolo di primaria importanza per la progettazione e lo sviluppo dei modelli di fine secolo.
Ritorno alle origini. Il primo passo per rilanciare l’immagine sportiva e vincente dell’Ala Romeo fu quello di tornare nelle competizioni. Rinasceva l’Alfa Corse, la gloriosa scuderia dove aveva mosso i primi passi anche il giovane Enzo Ferrari. Nel 1993, l’Alfa Romeo 155 GTA partecipò al DTM, il campionato turismo tedesco: Nicola Larini vinse 11 gare su 20, riportando Alfa Romeo sul gradino più alto del podio del Nürburgring. Ma per riportare Alfa Romeo ai suoi fasti il fattore stile fu ancora più determinante: nel 1987, venne svelata l’Alfa Romeo 164, la prima ammiraglia a trazione anteriore del Marchio, disegnata da Enrico Fumia per la Pininfarina. A partire da questo momento si fece sempre più importante il ruolo del Centro Stile Alfa Romeo ad Arese. Cambiarono le tecnologie, i tecnci ei processi di sviluppo. Vennero introdotti nuovi sistemi per la progettazione virtuale e nuovi materiali per la prototipazione. Il team del Centro Stile venne integrato nei vari processi progettuali e partecipava nella definizione delle scelte tecnologiche: forma e contenuti viaggiano di pari passo, su questo binomio si fondava il principio della “bellezza necessaria” secondo Alfa Romeo.
Una nuova gamma. Al nuovo Centro Stile Alfa Romeo non venne commissionato un modello, ma il progetto per un’intera famiglia di modelli. Nel 1995 il Marchio concorreva nell’agguerrito segmento “C” con una inedita due volumi, la 145 e l’anno successivo le venne affiancata la 146, versione due volumi e mezzo 5 porte. Ci sono poi le sportive GTV e Spider, realizzate in questo caso in collaborazione con Pininfarina. La vera svolta arrivò un paio d’anni dopo con l’Alfa Romeo 156. Lo stile della nuova berlina Alfa coniugava sapientemente innovazione e classicità. Lo scudetto al centro del frontale è l’elemento principale del muso da cui si diramavano le due nervature sul cofano. Le superfici vetrate e l’andamento dei montanti avvicinavano l’Alfa 156 più alle coupé che alle berline. Le solide maniglie anteriori erano in metallo, mentre quelle posteriori vennero integrate in modo quasi invisibile nella cornice dei finestrini contribuendo all’immagine da coupè. La fiancata pulita e sensuale era evidenziata da una sottile nervatura che donava slancio e dinamismo alla vettura. “Sembra che si muova anche quando è ferma” commentò Walter de’ Silva, all’epoca responsabile del Centro Stile Alfa Romeo. La 156 si riallacciava anche alla ricerca cromatica avviata con le Alfa Romeo Carabo e Montreal. I designer Alfa Romeo trovarono ispirazione nel colore della 8C 2900 B del 1938 inventando l’azzurro “Nuvola”, un colore anticipato dall’ominimo prototipo Alfa Romeo Nuvola del 1996, verniciato con una speciale tinta micalizzata a più strati dai riflessi iridescenti.
Sportività evoluta. L’Alfa Romeo 156 è stata un’auto straordinaria anche dal punto di vista tecnico: introduceva l’idea concetto di “sportività evoluta” combinando potenza, leggerezza e controllo. Una formula che ha sempre contraddistinto la guida dei modelli Alfa Romeo. Nello sviluppo della componentistica vennero introdotti nuovi materiali come il magnesio e gli acciai “tailored blank”; così come vennero progettate sospensioni molto raffinate: la 156 intriduceva lo schema a quadrilatero alto anteriore per esaltare l’handling e la precisione delle traiettorie. L’Alfa Romeo 156 si poneva al vertice della categoria anche per il piacere di guida, un primato che trovò conferme nella sua variante da corsa, vincitrice di ben 13 titoli in 10 anni nel campionato Turismo.
Rivoluzionaria. Nel 1997 la 156 era disponibile in sei motorizzazioni. Lo storico V6 “Busso” proposto nella configurazione da 2.5 litri 24 valvole era affiancato da tre moderni motori “Twin Spark” (da 1.6, 1.8 e 2.0 litri) che per la prima volta combinavano la doppia accensione (una tecnologia sviluppata da Giuseppe Merosi nel 1914) alle tecnologia a quattro valvole per cilindro. A fine anni ’90 erano i benzina a prevalere per prestazioni e piacevolezza, ma le regole stavano per cambiare: la 156 è la prima auto del mondo a lanciare il turbodiesel con tecnologia “common rail”. I giornalisti che provarono le versioni 1.9 e 2.4 JTD a Lisbona rimasero stupefatti, per la prima volta dei motori diesel offrivano prestazioni e silenziosità “da benzina”. L’Alfa Romeo 156 convinse subito il pubblico e la critica, nel 1998 è la prima Alfa Romeo a vincere l’ambito riconoscimento internazionale “Auto dell’Anno”. Pochi anni dopo, anche la sorella minore 147 che condivideva il “family feeling” stilistico e tenico con la 156 vinse lo stesso premio nel 2001.