Quando parte alla carica fa paura. Con 12 cilindri, 450 CV e 2700 kg lanciati a 200 all’ora riesce sempre ad aprirsi un varco, nel traffico come nel deserto. Il pieno di benzina (290 litri in due serbatoi) costa quasi 350 euro.
Mai sottovalutare chi porta il nome Lamborghini, anche se è grosso e sgraziato, come questa specie di autoblindo con abitino in vetroresina blu. Sotto il cofano nasconde infatti una mandria di purosangue, 450 CV che attingono forza dal dodici cilindri a V della “LM 002”, evoluzione commerciale del prototipo “Cheetah”.
Sedersi al volante fa impressione: davanti si vede poco, dietro nulla. Il resto è rumore, assordante. La frizione, monodisco con comando idraulico, è dura come una pietra. Viaggiando con quel bestione non si passa certo inosservati. Il benzinaio si commuove mentre facciamo rifornimento: cento euro e l’indicatore di benzina segna un terzo scarso del serbatoio (290 litri, due serbatoi).
La strumentazione, nera e marcata Lamborghini, è ricca; una lunga serie di spie, ben visibili, spiccano sul pannello in legno scuro, lo stesso che impreziosisce le portiere. Non molto agevole l’accesso alle due poltroncine posteriori. Il nostro esemplare, telaio 12167, è uscito dallo stabilimento di S. Agata nel 1987.
Primo intestatario del veicolo fu la scuderia di F.1 Leyton House Racing, che lo volle verniciato nella livrea della squadra. Poi finì in Giappone al seguito di Akira Akagi, patron del team; recentemente è tornato in Italia ed è in attesa di un nuovo proprietario. Ha percorso solo 4000 km ed è tutto originale.
Presentata al Salone di Bruxelles, la “LM 002” è entrata in produzione nel 1986, differenziandosi dai prototipi che l’hanno preceduta per l’adozione del motore quattro valvole di 5167 cm³ da 450 CV a 6800 giri/min con una coppia di 50,2 kgm a 4500 giri/min. La “LM” è stata prodotta fino al 1992 in 310 esemplari.