Il 3 litri a 12 cilindri è quasi lo stesso e le carrozzerie sono entrambe di Pinin Farina, ma pochi anni le separano: si vede dalla linea e, soprattutto, si sente alla guida. La “MM” è nervosa in curva e ha un impegnativo cambio a innesti frontali. Con la “250 GT Competizione”, invece, è più facile sfruttare i 240 CV.
Nei primi Anni 50, Ferrari come la “250 MM” e la “250 GT Competizione” erano le regine incontrastate delle nostre strade. Solo tre anni le separano ma, a vederle l’una accanto all’altra, si direbbe che siano molti di più: la “250 MM”, in bianco e banda blu della scuderia Nart di Chinetti, è molto compatta e muscolosa; la “250 GT Competizione”, elegante e slanciata, è più moderna e anticipa già l’impianto stilistico della fortunata serie “250 TDF”.
Le due vetture della prova, appartenenti alla collezione “Maranello Rosso”, rappresentano dunque altrettante generazioni di vetture da corsa: la prima destinata ai piloti ufficiali, la seconda prevalentemente ai clienti. Sono firmate entrambe da Pinin Farina e hanno in comune il leggendario 12 cilindri a V di 60° di tre litri con una potenza base di 240 CV.
La “250 MM” (ossia “Mille Miglia”) deriva dalla “250 S” Vignale. La sua linea è caratterizzata, nel frontale, dall’ampia griglia ellittica del radiatore e dai fari sporgenti; la fiancata è liscia e arrotondata, con montanti obliqui.
La “250 GT Competizione”, realizzata da Scaglietti e pensata espressamente per i clienti, inaugurò una nuova stirpe di berlinette, pur mantenendo, soprattutto nella coda, elementi comuni con la stessa “MM”. E questo perché il “Drake” stimolava i suoi progettisti a modificare la linea delle vetture, inducendoli però a conservare, per questioni di costi, numerosi elementi dei modelli precedenti.
Cofano più basso e slanciato, fari carenati nei parafanghi, passo allungato di 20 cm, passaruota posteriori bombati: le differenze con la “MM” balzano all’occhio. Ma anche avantreno a quadrilateri e molle elicoidali in luogo della balestra trasversale: quindi una vettura dal comportamento più sincero e prevedibile. Profonde le novità anche nel motore: stesse misure, ma nuovi monoblocco, carter, albero a gomiti e distribuzione. E poi i tre carburatori DCL3 al posto dei tre grossi quadricorpo.
“La ‘GT Competizione’ apparteneva a Edoardo Lualdi Gabardi – racconta il collezionista Fabrizio Violati – che con essa vinse nel ’56 il campionato italiano della montagna. Fu poi ceduta al maestro Arturo Benedetti Michelangeli, pianista e direttore d’orchestra, e infine a un signore di Venezia, da cui poi l’acquistai nel ’73. Era in stato di abbandono e, nell’82, la portai a Modena per farla restaurare dal servizio Ferrari”.
“La ‘250 MM’ ha una storia più semplice – continua Violati -. È una delle diverse auto che ho acquistato perché il proprietario, disperato, voleva disfarsene. In effetti era proprio inguidabile. Aveva cambiato diversi proprietari in America fino a che, nel 1986, venne in possesso del conte Zanon, che la utilizzò in una Mille Miglia. Decise poi di venderla: era in trattativa con un giapponese, ma fui più lesto e lo bruciai sul tempo”.
Alla guida le due vetture evidenziano caratteri molto diversi tra loro. La “250 MM” è più scorbutica e difficile per via della balestra trasversale anteriore che trasmette le reazioni allo sterzo in modo brusco. La “GT”, grazie alle sospensioni più moderne, ha un inserimento in curva più semplice e il passo più lungo la rende meno nervosa.