Il pulmino Volkswagen fin dal debutto, datato 1949, raccoglie un ampio consenso, segno premonitore di una lunga carriera. Uno dei modelli più apprezzati è il T3, con la sua comodità e ampia versatilità d’impiego
Sul finire degli anni settanta la seconda generazione del pulmino della Volkswagen sta per andare in pensione, ma nonostante questo gode ancora di un elevato apprezzamento. Successo che influenza in maniera rilevante le decisioni produttive da attuare sulla serie successiva, presentata al pubblico nel 1979. Il suo aspetto è indubbiamente gradevole: linee pulite ed essenziali si combinano sapientemente, dando vita a un design squadrato e ben proporzionato. Le sue dimensioni sono abbastanza contenute e paragonabili all’incirca a quelle di un’auto di grossa cilindrata, in quanto misura 4,57 metri in lunghezza e 1,84 in larghezza. La sua altezza è invece di 1,96, mentre il passo raggiunge i 2,46 metri. Finiture di qualità impreziosiscono una dotazione sufficientemente completa, ma il punto di maggior forza del T3, logicamente, consiste nella grande versatilità e spaziosità. Non solo. Oltre al normale spazio disponibile nel bagagliaio, dietro la terza file dei sedili è possibile, asportando quest’ultima, ottenere un vano ancora più ampio.
Novità tecniche. Il nuovo modello ripropone la filosofia costruttiva utilizzata per il suo predecessore, apportando però una serie di ammodernamenti tecnici. Il Volkswagen T3 sfrutta quindi un propulsore raffreddato ad aria e alloggiato a sbalzo delle ruote posteriori, esattamente come il Maggiolino da cui trae origine. Il motore posteriore deriva dal famoso boxer quattro cilindri ed è inizialmente disponibile in due cilindrate (1.7 e 2.0 litri) con potenze di 50 e 70 cv, in abbinamento a un cambio manuale a quattro rapporti. Nuove anche le sospensioni a quattro ruote indipendenti, con quadrilateri deformabili all’anteriore e bracci obliqui oscillanti al posteriore. Gli elementi elastici sono del tipo a molle elicoidali. Inoltre, l’avantreno adotta dei freni a disco. Qualche anno più tardi la gamma si arricchirà grazie ad aggiornamenti mirati, all’introduzione a listino della declinazione a trazione integrale Syncro e di una motorizzazione diesel, per rimanere in commercio fino al 1990 (‘92 per le Syncro).
La prova di Quattroruote. A pochi mesi dal debutto il pulmino viene analizzato meticolosamente dai giornalisti della “nostra” rivista nella versione 2.0 litri, promossa (quasi) a pieni voti. Le sue prestazioni risultano migliori di quelle della media dei concorrenti diretti. In accelerazione e ripresa il T3 se la cava piuttosto bene: percorre i 400 metri in 21,73 secondi e il chilometro in 41,87, valori pressoché identici a quanto fatto registrare da una 126. Il motore boxer ha una discreta potenza, ma soprattutto è dotato di una coppia motrice notevole. La rumorosità, tipica dei motori raffreddati ad aria, non disturba eccessivamente. Lo sterzo, seppur leggero, è discretamente preciso se si considera la tipologia del veicolo. I freni a disco (all’anteriore) sono efficaci e non presentano particolari criticità, nemmeno durante frenate violente, mentre il cambio vanta una precisione da fare invidia alle automobili della stessa Casa. Buona la tenuta di strada e il comfort. Un tasto dolente è rappresentato dal consumo: il T3 difficilmente riesce a percorrere più di 8 chilometri con un litro. Sfruttando a fondo e a pieno carico il motore, il consumo sale parecchio, fino a raggiungere i 5-6 km con un litro.
Diteci la vostra. E voi, cosa ne pensate del T3? Siamo curiosi di sapere se in quel periodo avreste optato per il pulmino oppure per un modello più convenzionale. Fatecelo sapere attraverso i commenti qui sotto. Inoltre, se avete dei ricordi particolari sul suo conto, potete scriverci una e-mail con la vostra storia all’indirizzo redazione@ruoteclassiche.it.