Nel 1985, con la 480, la Volvo inaugura quello che oggi passa sotto il nome di segmento C premium. Ecco la compatta di Goteborg in tutte le sue versioni, inclusa la cabriolet.
Alla fine della decade fu iniziato lo sviluppo di una nuova piattaforma Volvo con trazione anteriore, novità assoluta nella storia del marchio, fino ad allora saldamente ancorato alla prassi delle ruote posteriori. L’ultimo modello sportivo era stato la P1800 ES del 73.
Dall’Europa agli States. Dopo questo modello, la gamma prodotto si era imposta sui mercati di tutto il mondo per la robustezza ma non certo per potenza e sportività. Il nuovo progetto, siglato G13 e rivolto espressamente al il mercato americano, avrebbe dovuto segnare un nuovo corso da seguire anche per la famiglia di modelli che ne sarebbe seguita. Si pensava a un’auto compatta, una forma molto in voga sul mercato europeo e che avrebbe dovuto avere successo anche in Nord America.
In competizione solo i migliori. Jan Wilsgaard, all’epoca responsabile del centro stile, era già al lavoro sulle forme dei modelli Volvo degli anni successivi. Distribuì il compito di tracciare le linee dell’inedita auto alle branch nazionali e, tra queste, chiese di fare delle proposte anche al team della sede olandese di Halmond (guidato da Robert Kock). Mentre la squadra di Wilsgaard era al lavoro furono coinvolte anche altre aziende, tra cui la Bertone (che aveva creato le carrozzerie per la 262 C) e Coggiola.
Lo stile è di rottura col passato (e spaventa un po’ i vertici). La Volvo olandese uscì vincitrice dal confronto grazie alla proposta di John de Vries, ma non senza critiche da parte di Wilsgaard, che riteneva il progetto G13, la futura 480, temporaneamente denominata Galaxy, poco in linea con i canoni stilistici di una Volvo. Gli elementi caratterizzanti del nuovo modello erano le ardite superfici morbide e curvilinee (quasi uno scandalo rispetto al rigore della 240), i fari anteriori a scomparsa, i parafanghi particolarmente avvolgenti e incassati (in colore carrozzeria su alcuni mercati, in tinta standard su altri) la mancanza di gocciolatoi sul tetto e il largo lunotto posteriore per creare un fil rouge con la P1800 ES degli Anni 70.
Tante soluzioni inedite. Erano caratteristiche di rottura con i rigidi canoni del brand così come, del resto, altre innovazioni che all’epoca che diversi concorrenti non potevano vantare: come le maniglie porta illuminate e il computer di bordo sulla plancia. Volvo, inoltre, creò alcuni brevetti sul progetto come il piccolo triangolo sulla parte posteriore del vetro laterale anteriore e il vetro posteriore annerito sopra i fari.
Aerodinamica con stile. Nella definizione del design Volvo non dovette ricorrere a vistose appendici per migliorare l’aerodinamica, perché le superfici della carrozzeria furono già studiate in partenza per essere efficienti sotto questo aspetto. Il risultato fu un design con una notevole cifra avanguardista ma molto semplice e pulito. L’efficienza aerodinamica si può facilmente misurare dal dato relativo al CX: meno di 0,34, un valore notevole per l’epoca.
Una nuova frontiera. A livello meccanico la scocca fu progettata con un classico sistema McPherson davanti e assale posteriore con parallelogramma Watt. Per quanto riguardava la parte motoristica la nuova compatta Volvo rifletteva l’alleanza con Renault: un 4 cilindri di 1,7 litri con 109 cavalli. Grande attenzione fu data anche alla definizione dell’abitacolo e alla qualità del comfort per gli occupanti, sia anteriori sia posteriori (a questi ultimi fu data la possibilità di regolare autonomamente la propria poltroncina). Nell’inverno ’85 Volvo diffuse le prime informazioni della nuova 480 ES e, al Salone di Ginevra ’86, avvenne la presentazione ufficiale: il nome richiamava la P1800 Shooting Brake di oltre dieci anni prima, il posizionamento si contraddistingueva per un’importanza decisamente Premium in listino, qualcosa che nel segmento C il pubblico non aveva ancora visto.
Lo sviluppo della gamma. Nel 1988 Volvo accolse la richiesta della clientela che voleva una versione con più cavalli. Entrò infatti in listino la 480 Turbo che, grazie a un turbocompressore Garrett a bassa pressione (0,45 bar) portava la potenza a 122 cavalli, disponibile anche con catalizzatore, 0-100 in meno di 9 secondi 210 km/h e ABS di serie. La gamma prodotto si allargò nel 1991 alla 480 S (con il 1.7 sceso a 102 cavalli) e alla nuova 480 ES 2.0 (che nel ’92 sostituì la 480 ES): montava un nuovo motore due litri da 110 Cv. Ci fu tempo per un ulteriore aggiornamento con l’introduzione della 480i GT come base. La Volvo 480 rimase in listino fino al 1995.
La cabrio mai nata. Nell’estate dell’87 Volvo rese noto lo sviluppo della 480 Cabriolet, una scelta decisamente controcorrente per un marchio come Volvo. La Convertibile avrebbe condiviso molte parti con la coupé ma, naturalmente, avrebbe rispettato tutti i canoni di sicurezza di una Volvo. La prima necessità fu quella di dare adeguata protezione agli occupanti nella zona di solito più importante della scocca, ovvero il parabrezza. La soluzione fu trovata con la progettazione di un rollbar che sovrastasse l’area immediatamente dietro i passeggeri anteriori. Purtroppo, però, la Cabriolet non ebbe seguito a causa di una serie di problemi in ordine alla sua messa in produzione con grandi numeri. Furono perciò costruiti solo due prototipi, oggi conservati nel Museo Volvo di Goteborg.