Con l'Autobianchi Primula, l'ingegner Dante Giacosa lanciò la prima "tutto avanti" del Gruppo torinese. La sua impostazione - ruote motrici davanti, motore trasversale e cambio in linea - rivoluzionò per sempre il comparto delle compatte a trazione anteriore.
Primula, un nome azzeccato e non certo dato a caso, da una Marca che nella galassia Fiat era quella che puntava di più sull’immagine.Presentata al Salone di Torino del 1964, questa nuova Autobianchi portava, per così dire, una ventata di primavera nella produzione italiana dell’epoca, ma soprattutto in quella di Casa Fiat.
Un successo personale. Il suo progettista, l’ingegner Dante Giacosa, strenuo fautore della trazione anteriore, aveva finalmente vinto la prima battaglia contro una direzione che questa impostazione meccanica l’aveva sempre osteggiata. La Primula, il cui sviluppo era iniziato nel 1959, si poteva in un certo senso definire la prima Fiat a trazione anteriore, sebbene ciò all’epoca fosse stato capito solo dagli addetti ai lavori e da pochi altri.
100% Made in Desio. Poi, grazie al suo successo ma grazie pure all’esperienza maturata nella sua produzione e negli interventi di manutenzione di riparazione, sarebbe arrivata la prima vera Fiat a trazione anteriore, ovvero la 128. Nello stesso tempo, come scriveva nel marzo 1965 Quattroruote, nell’introduzione della prova su strada, “la Primula si può considerare la prima autentica Autobianchi: difatti, benché il progetto sia Fiat, la vettura è il primo modello prodotto dalla giovane Casa di Desio con meccanica, ad eccezione del motore, totalmente nuova e non adottata da altre vetture”.
Due volumi ante litteram. Il motore infatti era quello della 1100 D, seppure un po’ più spinto (59 CV SAE a 5400 giri/min. contro 55 a 5000), ma collocato di traverso; inedito poi era l’avantreno a balestra trasversale, mentre il retrotreno ad assale rigido aveva una geometria diversa. Un’auto dei primati dunque, che, con una linea piacevole, proponeva l’intelligente e pratica formula della “quasi berlina-quasi station-wagon”, come recitava ancora Quattroruote, quando forse non era ancora stato coniato il termine “due volumi”.
Versatile con stile. Pratica come una Renault 4, grazie al portellone (altro primato per una berlina italiana, escludendo la Innocenti A40, che però era di progettazione inglese), la Primula era però decisamente più “stilosa”, ispirandosi alle forme create da Pininfarina per le BMC 1100, anch’esse presentate nel 1964.
Dove sono finite le Primula? Specie quelle della serie d’esordio, che aveva solo due porte? Per via della protezione contro la ruggine non certo eccezionale, ma soprattutto di uno sfruttamento allo spasimo, molte sono state da tempo rottamate. I pochi esemplari sopravvissuti sono spesso malconci, perché non conviene restaurarli, ma per uno “bello” varrebbe proprio la pena di spendere i 4000 euro e oltre della nostra quotazione. La Primula va ricordata e conservata, prima che sia troppo tardi.