Le abbiamo viste anche quest’anno, a Techno Classica, allestite con passione e diligenza negli stand di tanti club, ma non solo. Sono le scenette, che in Germania caratterizzano ogni sorta di esposizione e persino i musei importanti; "installazioni" in cui l’automobile è ambientata nel suo contesto storico e sociale, reso più vivo dalla presenza di manichini, imprescindibili comprimari di questa recita staica, e, se è possibile, anche dalla musica, rigorosamente in tema.
Difficile vedere qualcosa del genere (soprattutto come numeri) alla parigina Rétromobile o all’italiana Auto Moto d’Epoca. Frutto di una cultura popolare, che non ti aspetteresti da un popolo che ha fatto della fredda tecnologia la sua bandiera, talvolta un po’ naïf, altre volte quasi spettrali, scatenano ricordi che tutti i visitatori di fiere come questa vengono a cercare. Questa volta si evocavano quei primi anni 50, in cui, nelle zone occupate da inglesi e americani, si andava in giro con la Lloyd dalla carrozzeria in finta pelle, con la speranza di potersi permettere una Borgward Isabella, che magari sarebbe arrivata pochi anni dopo, col boom economico.
Ma anche gli anni 60 d’Oltrecortina, in cui l’automobile, se si riusciva ad acquistarla, era quasi sempre una Trabant; però ci si poteva consolare pensando che la grande Unione Sovietica aveva messo in orbita lo Sputnik. Oppure gli anni 30 dei trionfi al Tourist Trophy, ma anche dell’esclusiva BMW 327, accostata, chissà perché, a un cavalluccio da giostra. Ingenuità, ma anche ironia, quando a guardia di due Morris Minor Traveller si mette la sagoma in cartone della Regina Elisabetta, in tailleur color malva; o si festeggiano i 60 anni della Citroën DS con due relitti recuperati in un fienile.
Maurizio Schifano