Primavera, le finestre aperte su una via di Udine che porta alla campagna. Finita la cena, si discute per scegliere il programma da guardare in TV. D’un tratto gli uccelli tacciono e i cani si mettono a ululare. Un momento di silenzio irreale e poi un rumore sordo, sempre più vicino, come quello di un’onda enorme, più di un’onda enorme. Non c’è tempo per spaventarsi, la luce va e viene e tutti i mobili viaggiano per la casa come impazziti. Si fatica a stare in piedi ma si scende dal secondo piano in un amen, quasi le scale non esistessero. In giardino sembra di stare in equilibrio sulla schiena di un mostro gigantesco che si scrolla e ruggisce. Poi, lentamente, tutto si dissolve. E a Udine, lo si ricordi, non è successo praticamente nulla.
Il dramma, in tre puntate
Fulvio ha 14 anni quando alle ore 21.00.12 del 6 maggio 1976, una scossa di magnitudo 6.4 della scala Richter (pari al IX-X grado della Mercalli) mette in ginocchio le province di Udine e Pordenone. È la prima (e più intensa) di una serie che colpirà duro anche a fine estate, soprattutto l’11 e il 15 settembre. Le scosse, avvertite in tutta l’Italia del Nord, ma anche a Roma, nell’Austria meridionale e in Slovenia, causeranno 989 morti, più di 200 mila senza tetto e danni per complessivi 4500 miliardi di lire di allora. Un’ecatombe seguita quasi in diretta dalla TV, che porta nelle case degli italiani, per la prima volta, la disperazione di chi nel sisma ha perso tutto: famiglia, affetti, casa, futuro. In una manciata di ore, gli obiettivi di reporter e cameramen sono in grado di documentare la distruzione, così come la volontà dei sopravvissuti di organizzare nelle prime tendopoli comitati di autogestione. Cominciano per moltissimi sopravvissuti le notti all’addiaccio, in macchina, a due passi dalle macerie della casa crollata come fosse di cartone.