Quel pomeriggio di maggio, a Monte Carlo, Lorenzo Bandini partì molto bene con la sua Ferrari 312 F1 e subito si mise in testa. Scivolò sull’olio della macchina di Brabham e fu superato da Stewart e Hulme. Iniziò una furiosa lotta per riprenderli ma quando arrivò dietro a Hill, nonostante tentativi continui, non riuscì a passarlo e tutta quella fatica lo aveva stremato. Al giro numero 82, l’inizio della fine.
Lorenzo Bandini fu una persona speciale. Appassionato come pochi di automobili, espertissimo di meccanica. E con un sogno nel cassetto, da perseguire a qualsiasi costo: guidare una Ferrari in Formula 1. Ce le mise tutta, grazie a impegno, passione e tanto talento. E ci riuscì.
CHI ERA LORENZO BANDINI
Nativo della Libia Italiana, da cui l’intera famiglia era fuggita nel ’41, si stabilì a San Cassiano di Birisighella e, dopo la morte del padre, a Reggiolo. Qui iniziò a studiare per l’avviamento professionale e come meccanico. Nel 1950, trasferitosi a Milano, trovò impiego nell’officina di Goliardo Freddi. Fu una scelta che gli portò doppiamente fortuna: Freddi lo avviò alle corse e gli fece conoscere la figlia Margherita, che sarebbe diventata sua moglie.
Esordì nelle competizioni con le vetture stradali e GT nella metà degli Anni 50 e, dopo i primi successi, iniziò a pilotare le Formula Junior ponendosi come massimo obbiettivo il raggiungimento di un posto in F1, per di più alla Ferrari. La prima grande occasione sfumò nel ’61 quando la FISA mise a disposizione di un giovane emergente una monoposto. E al giovane Bandini fu preferito un altrettanto promettente Giancarlo Baghetti. Ma continuò a sperare a e impegnarsi, riuscendo, finalmente, nell’intento. Esordì in F1 nel 1961 grazie all’interessamento di Guglielmo Dei e alla Scuderia Centro Sud: il 18 giugno prese parte al Gran Premio del Belgio: solo 20 giri ma furono sufficienti per essere notato da Enzo Ferrari. Il quale, il dicembre successivo, gli propose un contratto per la stagione 1962.
Trascorse i primi tre anni con la Rossa in un ruolo secondario. Corse poco in Formula 1 ma seppe dare all’azienda di Maranello ottimi risultati, come la vittoria alla 24 Ore di Le Mans ’63 in coppia con Lodovico Scarfiotti sulla Ferrari 250P. Promosso a secondo pilota nel ’64, vinse il GP d’Austria a Zeltweg, sua unica vittoria in una gara valida per il Mondiale di F1. Fu poi terzo al GP d’Italia e all’ultima gara in Messico. Quell’anno, il 5 febbraio, sposò la sua Margherita, un amore straordinario e pieno, ottenuto dal giovane Lorenzo con un corteggiamento instancabile. Nel ’65 la stagione fu avara di successi: vinse la Targa Florio con Nino Vaccarella (Ferrari 275 P2) e fu secondo a Monaco, seconda gara di stagione. Anche il ’66 non diede grandi risultati: secondo a Montecarlo e terzo in Belgio, un ottimo inizio che lo aveva spinto in cima alla classifica del Mondiale di Formula 1 ma nelle prove successive i suoi sforzi furono continuamente vanificati da noie meccaniche.
1967: UN OTTIMO INIZIO DI STAGIONE. MA POI…
Bandini vinse la 24 Ore di Daytona in coppia con Chris Amon (Ferrari 330 P3/4) e, successivamente, la 1000 Chilometri di Monza, ancora con Amon (Ferrari 330 P4). Ferrari rimase molto ben impressionato. Saltato il GP iniziale in Sud Africa, la Rossa esordì direttamente a Monte Carlo per il GP del Principato.
Lorenzo Bandini concluse ottime qualifiche, conquistando il secondo posto in griglia di partenza accanto a Jack Brabham. Partito subito al comando, impose un ottimo ritmo di gara e riuscì a liberarsi del suo diretto inseguitore, nel frattempo costretto al ritiro a causa di un cedimento meccanico. Il guasto a Brabham aveva tuttavia prodotto un allagamento d’olio in pista. Bandini scivolò sulla chiazza girandosi e finendo superato da Jackie Stewart e Denis Hulme. Iniziò una grandiosa rimonta ma al 61° giro la sua rincorsa fu frenata dall’incontro di Pedro Rodriguez e Graham Hill. Il primo lo lasciò passare. Il secondo, con il quale aveva avuto un grave scrontro al GP del Messico del ’64, lo ostacolò in tutti i modi.
Al giro numero 82, la tragedia: in uscita dal tunnel Bandini, probabilmente esausto per tutte le energie spese fino a quel momento, giunse alla Chicane a velocità insolitamente troppo elevata. La sua Ferrari 312 urtò contro una bitta di ormeggio della banchina, decollò e ricadde capovolgendosi e prendendo fuoco. Arrivarono i commissari, spensero l’incendio ma quei minuti in cui il rottame della sua Ferrari rimase avvolto dalle fiamme si rivelarono devastanti.
Il pilota venne estratto vivo ma in condizioni disperate e immediatamente ricoverato. La diagnosi lasciava aperto lo spazio solo alla forza della speranza: ustioni di terzo grado sul 90% del corpo. Passarono le prime 24 ore e Lorenzo Bandini sopravvisse. Ne trascorsero altre 24 e la lotta feroce per farcela riuscì a proseguire. Ma dopo altre 24 ore, il 10 maggio, Lorenzo Bandini abbandonò la corsa più difficile della sua vita.
Ovunque, radio, giornali, televisioni, piansero la scomparsa di un bravissimo pilota e di un uomo amato incondizionatamente da tutti. Anche da Enzo Ferrari.
Alvise-Marco Seno