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70 anni di Ferrari a Le Mans

Il 15 gennaio al Museo Ferrari di Maranello sarà inaugurata l’esposizione “Ferrari at 24 Heures du Mans”, 70 anni di vittorie del Cavallino Rampante sul circuito della Sarthe.

Dopo aver visto al cinema “Le Mans 66 – La grande sfida”, lo spettatore non particolarmente impallinato di corse si sarà convinto che la Ferrari non abbia combinato granché nella gara di endurance per eccellenza. Sappiamo che non è così, ma tanto per ricordarlo una volta di più il Museo Ferrari di Maranello sta per inaugurare la mostra “Ferrari at 24 Heures du Mans”. Dal 15 gennaio, gli spazi espositivi di via Dino Ferrari ospiteranno alcuni tra i modelli che hanno contribuito a scrivere pagine memorabili della storia della gara di durata francese, come la 166 MM Barchetta Touring, la vettura che con Lord Selsdon e Luigi Chinetti si impose nel 1949 o la 488 GTE che si è aggiudicata l’ultima edizione con Alessandro Pier Guidi, James Calado e Daniel Serra.  La mostra è un’occasione imperdibile di ammirare l’una accanto all’altra quelle auto eccezionali, nonché un omaggio alle imprese di vetture, ingegneri e piloti che hanno conquistato, nel corso dei decenni, 36 vittorie, di cui 27 di classe e nove assolute. Costituisce anche un’occasione unica per poter ammirare da vicino il trofeo della 24 Ore.

Rosse vincenti. L’ultima Ferrari bagnata di Champagne a Le Mans è stata appunto la numero 51 di AF Corse. Per la 488 GTE si è trattato del primo successo in classe GTE-Pro nella classica francese, come del resto per i tre piloti coinvolti. Per la Casa di Maranello quella del 2019 è stata la vittoria di classe numero 27, che si va a sommare alle nove assolute, la prima giunta settant’anni fa grazie a Luigi Chinetti con la 166 MM Barchetta Touring privata.

L’impresa di Chinetti. La 24 Ore di Le Mans si disputa dal 1923. Si è fermata solo nel 1936 e dal 1940 al 1948 per la guerra. La prima Ferrari a imporsi fu nell’edizione 1949 (il 20° anniversario della fondazione della Scuderia) quando Luigi Chinetti, il pilota milanese e poi naturalizzato americano che avrebbe fondato il NART (North American Racing Team), coinvolse nel tentativo il nobiluomo britannico Peter Mitchell-Thomson, Lord Selsdon, che finanziò l’acquisto di due Ferrari 166 MM. La sigla significava Mille Miglia: l’anno prima Luigi Chinetti aveva già vinto la 12 Ore di Parigi e pensò fosse il momento giusto per dare l’assalto a Le Mans su un’auto nata vincente. In gara Chinetti guidò praticamente per tutta la corsa, lasciando il volante al Lord solo per un’oretta e dopo avere acquisto un vantaggio enorme sui rivali.

Una vittoria dopo l’altra. Nel 1954 arrivò il primo successo in veste ufficiale, quando la Scuderia Ferrari iscrisse tre 375 Plus. A trionfare furono due piloti che con le Rosse corsero e vinsero anche in Formula 1: l’argentino José Froilan Gozalez e il francese Maurice Trintignant. Tre anni dopo arrivò un primato di categoria, ma la Ferrari risalì sul gradino più alto del podio nel 1958, quando lo statunitense Phil Hill e il belga Olivier Gendebien riuscirono a battere la concorrenza delle Aston Martin, al volante di una Ferrari 250 TR58. Dopo un altro alloro di categoria nel 1959, iniziarono gli anni d’oro della Ferrari a Le Mans con sei successi di fila e una dominazione mai vista prima sul circuito della Sarthe. Nel 1960 Gendebien, con il connazionale pilota/giornalista Paul Frere ottenne il successo con una 250 TR59/60 ufficiale. L’anno seguente il belga fece tris di nuovo insieme a Hill sulla 250 TRI/61, con il podio interamente occupato dalla Ferrari: al secondo posto arrivarono gli altri piloti ufficiali, Willy Mairesse, belga, e Mike Parkes, britannico. Terza giunse, invece, la Ferrari 250 GT SWB privata del belga Pierre Noblet e del francese Jean Guichet, che vinse anche la propria categoria.

La fine del regno. Nel 1962 arrivò un altro podio interamente Ferrari, con la gara che venne vinta ancora una volta da Hill e Gendebien con la 330 TRI/LM Spyder. Anche nel 1963 la Ferrari fu la dominatrice assoluta della competizione, con la vittoria assoluta, due successi di categoria e i primi sei posti della classifica. Il trionfo fu completamente italiano, con Ludovico Scarfiotti, Lorenzo Bandini e la 250 P. L’anno dopo si imposero Vaccarella e Guichet con la 275 P. Mentre su Le Mans si allungavano le ombre del lungo dominio della Ford GT40, il 1965 fece in tempo a portare l’ultimo rocambolesco successo assoluto. Fu grazie alla Ferrari meno favorita, schierata dal North American Racing Team con al voltante l’austriaco Jochen Rindt e lo statunitense Masten Gregory, “the Kansas City Flash”, un pilota ricco di famiglia, miope e che schiacciava sul pedale in totale spregio al principio dell’impenetrabilità dei corpi.

La mostra “Ferrari at 24 Heures du Mans” rimarrà aperta fino al 19 aprile 2020 e affianca le altre già presenti al Museo, “Hypercars – L’evoluzione dell’unicità” e “90 anni – Scuderia Ferrari, la storia completa”. Può essere visitata tutti i giorni dalle 9.30 alle 18 (19 dal 1° aprile).

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