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03/08/2005 | di Redazione Ruoteclassiche
DILETTANTE ALLO SBARAGLIO
Un giovane redattore di Quattroruote, viziato dall’antispin e dal “Tiptronic”, si è trovato catapultato, come navigatore, su una “primitiva” Porsche “Speedster” del ’56: di notte, in pieno gennaio e senza riscaldamento. Quindici passi alpini, venti sotto zero e 12 ore da brivido accanto a un manico come Giansante. Solo dopo aver dato la mia disponibilità […]
03/08/2005 | di Redazione Ruoteclassiche

Un giovane redattore di Quattroruote, viziato dall'antispin e dal "Tiptronic", si è trovato catapultato, come navigatore, su una "primitiva" Porsche "Speedster" del '56: di notte, in pieno gennaio e senza riscaldamento. Quindici passi alpini, venti sotto zero e 12 ore da brivido accanto a un manico come Giansante.

Solo dopo aver dato la mia disponibilità a partecipare alla Winter Marathon come navigatore ho scoperto che tutto si sarebbe svolto lungo 500 chilometri attraverso i più impervi passi di montagna, di notte, al gelo e su un'auto a trazione posteriore obbligatoriamente costruita prima del 1968. Quel "ore 4.00: arrivo della prima vettura a madonna di Campiglio" non era un errore di stampa nel programma: la "Winter" si disputa davvero in piena notte (quella del 14 gennaio) e servono davvero tra le 12 e le 13 ore per portare a termine i circa 500 chilometri di percorso in alta quota.

Ho cominciato a studiare da navigatore e ad attrezzarmi per il viaggio. Pochi giorni dopo sono a Padova, nella sede di Porsche Italia, che ha messo a disposizione del mio esperto pilota, Mauro Giansante, uno che la "Winter" l'ha già vinta nel 2001, una splendida "356 Speedster" del 1956 (la capote per fortuna resterà chiusa). E' giovedì sera quando arriviamo a Madonna di Campiglio. Venerdì, sveglia di buonora: con oltre 130 equipaggi al via, meglio mettersi in coda per tempo. La mattina finisce in un lampo, un pranzo frugale (saggia idea, visti i tornanti che ci aspettano) e sono subito le 16.17, l'ora della nostra partenza.

Il centro di Madonna di Campiglio è un tripudio di motori, grida e flash dei fotografi. Nelle oltre 12 ore di gara ho tempo di riflettere: viste le premesse, non pensavo di cavarmela così bene. Non è solo il fatto che siamo arrivati decimi, ma anche perché non ho praticamente fatto errori nel leggere le note (così mi ha detto Mauro, ma forse è stato solo gentile) e ho affrontato relativamente bene il freddo. Provate a farvi due volte il Pordoi (2239metri) poco prima di mezzanotte, quando più sotto, a 1500 metri, si è già ben oltre i 10 sotto zero e capirete perché la "Winter" è indimenticabile.

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