La Maserati Bora è figlia di un’annata memorabile, il 1971. Cinquant’anni fa, il Salone di Ginevra fu un tripudio di vetture memorabili, molte quali popolano l’Olimpo delle auto più belle della Storia. Ricordiamo, ad esempio, la Lamborghini Countach e la Fiat 130 Coupé di cui vi abbiamo parlato nei giorni scorsi. Con loro anche la Bora, il modello con il quale Maserati tornava protagonista del segmento delle sportive: una particolare granturismo foriera di importanti novità stilistiche e tecniche.
Figlia della gestione Citroen, la Maserati Bora venne presentata durante l’indimenticabile Salone di Ginevra del 1971. Proseguendo con la tradizionale nomenclatura ispirata dai venti, la Maserati Bora rendeva omaggio al vento freddo che spira sulla città di Trieste. La nuova granturismo a motore centrale conciliava eleganza e prestazioni elevatissime, reinterpretando la sensualità del Tridente con spigoli vivi e suggestioni futuristiche, tipiche degli anni 70: un periodo controverso e affascinante.
Il trionfo dello stile. Mentre i conflitti sociali si inasprivano, il design automobilistico raggiunse il suo zenit con le creazioni visionarie dei grandi maestri dello stile italiano: le automobili parlavano un nuovo linguaggio, accantonati i volumi morbidi del decennio precedente, si imposero le linee tese e affilate. Sulle sportive, i potenti motori plurifrazionati, a otto e dodici cilindri vennero traslati dall’asse anteriore alla sezione centrale del veicolo, proprio come era avvenuto per le auto da corsa. Nel mondo dell’auto si assistette ad un passaggio chiave nel processo di design, che sancì l’avvento delle “moderne” supercar, irraggiungibili auto da sogno dalle prestazioni estreme. La Maserati Bora è stata la prima tra le Maserati di questo nuovo corso e con il suo look, tanto lineare quanto audace, è una delle più affascinanti GT mai realizzate.
Obtorto collo. La Maserati Bora nacque dall’intuizione di Guy Malleret allora direttore della Maserati che percepì il cambio di rotta nella progettazione delle auto sportive. Nonostante le reticenze iniziali, l’Ing. Giulio Alfieri Maserati definì lo schema tecnico dell'inedita granturismo, indicata come “Tipo 117”.
Il progetto avrebbe richiesto un ripensamento globale della disposizione della meccanica e dell’impianto di raffreddamento, con una conseguente ridistribuzione dei pesi. Normale amministrazione per i progettisti, ma a quei tempi Maserati era una realtà molto diversa da quella odierna: era un’azienda basata sulla produzione artigianale e sul rispetto quasi dogmatico della “tradizione”. Non fu facile conciliare l’attitudine modernista della Citroen con la visione conservatrice dell’equipe del Tridente. La Bora sarebbe andata nella direzione opposta: due posti secchi e motore posteriore, un trionfo dell’edonismo che, nel bel mezzo degli Anni di Piombo, fece desistere molti dei facoltosi clienti storici affezionati alle gloriose granturismo 2+2 con motore anteriore.
La granturismo ideale. La Bora doveva essere il fiore all’occhiello della Maserati, un’auto di nuova concezione e portatrice di innovazioni. In prima analisi si ipotizzò a un propulsore dalla nobile architettura V12, con i cilindri contrapposti per ottimizzare i pesi. Il motore andava sviluppato ex novo ma, avrebbe richiesto ingenti risorse finanziarie, fuori dalla portata della Casa modenese. I tecnici ripiegarono quindi sul collaudato 4,7 litri V8 della Maserati Ghibli con il cambio montato “a sbalzo”. Fu Giorgetto Giugiaro a tracciare la silhouette della vettura, che si distingueva per il tetto in acciaio spazzolato. L'assemblaggio della vettura, invece, venne affidato alle Officine Padane di Modena.
Secondo la migliore scuola del “granturismo”, la Bora avrebbe conciliato performance al vertice della categoria con una souplesse di marcia assoluta, perciò la reggenza Citroen pose un ulteriore accento sulla maneggevolezza, esaltando, come sua consuetudine, anche gli aspetti tecnici mirati al comfort di bordo. Un circuito pneumatico comandava i fari a scomparsa e la loro regolazione, così come la frizione e l’impianto frenante erano servoassistiti.
Tante gioie, poche rinunce. L’influenza Citroen consentì di raggiungere anche un isolamento acustico ottimale, che lasciava filtrare le note del V8 senza che la rumorosità diventasse mai fastidiosa. Un approccio totalmente nuovo, rispetto alla passionalità dei modelli più tradizionali, chirurgico ma non meno gratificante. La Bora introduceva poi un importante novità dal punto di vista telaistico, era la prima Maserati con sospensioni indipendenti sulle 4 ruote. Tra le peculiarità, anche la regolazione pneumatica del sedile (comandato dal noto circuito idraulico). La seduta era aggiustabile solo in altezza: erano il volante e la pedaliera ad avvicinarsi od allontanarsi dal conducente.
La Maserati Bora ridefiniva l’idea della granturismo alzando l’asticella anche in materia di finiture, curate e con una dotazione ricca in cui mancava solo il servosterzo, una scelta voluta, in quanto all’epoca l’idroguida filtrava parecchio la sensibilità del comando. L’installazione del motore dietro l’abitacolo, nell’ottica di una migliore distribuzioni dei pesi e del centro di massa, rendeva l'avantreno più leggero, agevolando non poco lo sforzo necessario per le manovre. L’unica vera rinuncia nella Maserati Bora rimaneva perciò quella relativa ai due posti (di fortuna), prerogativa dei modelli delle granturismo più classiche con motore anteriore.
Dietrofront. Con un profilo arcuato e armonico e la spinta poderosa del suo V8 da 310 CV (20 in meno della Ghibli, per ottenere un’erogazione più dolce), la Maserati Bora raggiungeva i 280 km/h, confermandosi come una delle vetture più veloci sul mercato. Un dato ancor più sbalorditivo se consideriamo che la Bora era quasi 200 kg più pesante e 20 CV meno potente della Ghibli.
Nel corso della produzione, la Maserati Bora venne aggiornata, perdendo alcune delle sue caratteristiche tecniche più interessanti. Nel 1973, per far fronte alle severe regolamentazioni americane sulle auto d’importazione venne adottato un motore da 4,9 litri, più elastico ma meno potente (300 CV). Quest’unità venne estesa a tutta la gamma, a partire dal 1975. Il 4,9 litri venne proposto anche in una variante da 320 CV abbinata al differenziale autobloccante e a freni più potenti, sebbene le prestazioni non crebbero in maniera significativa. La fine dell’alleanza tra Citroen e Maserati coincise con il ritorno ad un impianto idraulico di tipo tradizionale, che annullò quasi del tutto la portata innovativa della bella modenese.
Una perla rara. La Maserati Bora uscì di scena nel 1978, con soli 524 esemplari all’attivo. Prezzo e consumi influirono negativamente, ma il mancato successo del modello è da ricercarsi innanzitutto nelle complesse dinamiche che l’industria italiana (e mondiale) stava vivendo in quel periodo, ma anche in certe caparbietà che impedirono l’integrazione tra le due Case automobilistiche.
Alla luce di un corredo tecnico di prim’ordine e di una maneggevolezza fuori dal comune, la Maserati Bora è un modello raro e di grande interesse collezionistico ambito e ricercato. Evidentemente, gli appassionati di oggi sono più “consapevoli” di quanto non lo siano stati mezzo secolo fa.