Durante l’emozionante rievocazione storica del primo Gran Premio d’Italia, il pilota francese di F1 René Arnoux ha incontrato tifosi e appassionati concedendosi a foto e selfie. La stoffa del grande campione è emersa anche alla guida della gloriosa e imponente Ballot, auto da corsa centenaria con motore di tre litri capace di raggiungere i 240 km/h. Il commento per Ruoteclassiche: “Questa è un’auto che tutt'oggi alla guida è capace di farti tremare i polsi!”
Il pilota scende un po’ scosso dalla Ballot 3/8 LC, la vettura che nel 1921 si aggiudicò il primo “Gran Premio d’Italia Internazionale” ma per René Arnoux è subito bagno di folla tra gli appassionati di F1 che vogliono conoscerlo. Il minuto pilota francese, oggi 73enne, non si sottrae all’abbraccio dei suoi tifosi richiamati a Montichiari (BS) per la rievocazione del Circuito Internazionale di Brescia che compie 100 anni. Il grande evento commemorativo, organizzato dall’ASI e dall’Historic Racing Club Fascia d’Oro, tiene banco sino a domenica 19 settembre a Brescia con 100 automobili da corsa e sportive, che ripercorrono il tracciato del primo Gran Premio.
L’edizione inaugurale fu una competizione che fece storia e vide protagoniste automobili, aerei e motociclette. Per celebrare il centenario è stato messo a punto un ricco programma che ha portato partecipanti, italiani e stranieri, sulle strade e nei cieli di Brescia con auto, moto e persino biplani storici.
Arnoux torna in pista. Tra gli ospiti d’eccezione anche il campione francese di Formula 1 René Arnoux – protagonista nella massima serie tra il 1978 e il 1989 alla guida delle monoposto Renault, Ferrari e Ligier – al volante della potente Ballot da 3.000 cc a otto cilindri del 1920, seguita da numerose Bugatti Tipo 13 che nel 1921 si imposero nel Gran Premio Vetturette con quattro esemplari nelle prime posizioni finali: un risultato che portò a ribattezzare “Brescia” questo iconico modello.
Tra le moto, non sono mancati gli stessi modelli Harley-Davidson che vinsero il Gran Premio delle Nazioni 1921, oltre ad un selezionato schieramento di motociclette da competizione costruite dalle origini al 1939. Infine, grazie alla collaborazione dell’Historical Aircraft Group il pubblico ha potuto ammirare, a terra come in volo, alcuni spettacolari biplani storici.
Tra terra e cielo. La Rievocazione del Circuito Internazionale di Brescia-Montichiari è stata l’occasione unica per poter rivivere le emozioni dei pionieri del motorismo. In particolare, sabato 18 i mezzi si sono ritrovati in uno spettacolare “rendez-vous” all’interno della base militare di Ghedi, sede del VI Stormo Diavoli Rossi dell’Aeronautica Militare: qui, le auto, le moto e gli aerei hanno ricomposto l’irripetibile quadro storico del 1921. Gran finale domenica 19 settembre a Montichiari con prove di abilità alla guida e tanti momenti intriganti per gli equipaggi oltre al circuito cittadino a Montichiari.
La corsa del 1921. Oltre al Gran Premio d’Italia Internazionale per vetture da competizione di grossa cilindrata, nel 1921 si disputarono a Brescia anche il Gran Premio Gentlemen (vinto da Masetti su Mercedes), ed il Gran Premio Vetturette, dove ai primi quattro posti si imposero le piccole Bugatti Tipo 13 con Ernst Frederich, Michele Baccoli, Pierre De Vizcaya e Piero Marco. In seguito a tale trionfo, Ettore Bugatti ribattezzò questo modello “Brescia”, soprannome riconosciuto e utilizzato ancora oggi dagli appassionati di tutto il mondo.
Il grande evento del 1921 vide protagoniste anche le motociclette nel Gran Premio delle Nazioni. Sul Circuito Internazionale di Brescia-Montichiari si sfidarono i più intrepidi centauri dell’epoca, come Gentile Minazio, Damiano Rogai, Piero Maggi e Badino Mai. Tra le case motociclistiche si registrò la partecipazione di Della Ferrera, AJS, Maffeis e persino dell’americana Harley-Davidson, che si impose con la sua squadra ufficiale.
La partenza. Nell’istante in cui scattarono le auto, alle 8 del mattino del 4 settembre 1921, dal vicino aeroporto di Ghedi si alzarono in volo anche gli aeroplani per la competizione dedicata, affrontando in cielo ed in senso contrario lo stesso tracciato delle auto. Fu così che i motori, cento anni fa, dominarono la scena di quello che si può definire un colossale “automotoaerodromo” unico nel suo genere. Uno spettacolo che l’Automotoclub Storico Italiano e l’Historic Racing Club Fascia d’Oro fanno rivivere evidenziandone i risvolti storici, sociali e culturali.
La griglia di partenza del primo Gran Premio d’Italia del 1921 (valevole come quinta Coppa Florio) non fu certo delle più affollate… Sei le vetture al via e tre al traguardo per un confronto diretto tra gli italiani della Fiat ed i francesi della Ballot. Furono i cugini d’Oltralpe ad avere la meglio, con due Ballot 3/8 LC davanti alla Fiat 801/402. Vinse Jules Goux seguito dal compagno di squadra Jean Chassagne e da Louis Wagner. Tutti avevano puntato sull’alfiere Fiat Pietro Bordino, costretto al ritiro al 16° giro (per via di una rottura della pompa dell’olio) ma con la soddisfazione di aver segnato il giro più veloce in 6’54”2, alla velocità media di oltre 150 chilometri orari. Ritiro anche per il terzo pilota Fiat, Ugo Sivocci, e per la terza guida Ballot, Ralph De Palma.
Una media invidiabile. Il vincitore del Gran Premio completò i 30 giri in 3 ore 35 minuti e 9 secondi a 144 km/h di media: una prestazione di rilievo per l’epoca ma soprattutto un risultato che la Ballot inseguiva da ben tre anni. Le sue prime auto da corsa, infatti, nacquero nell’immediato dopoguerra con l’approdo in azienda del progettista franco-svizzero Ernest Henry, già noto per aver realizzato le vincenti Peugeot L76 e 3L prima degli eventi bellici. L’obiettivo dei fratelli Ernest-Maurice ed Edouard Ballot era la partecipazione alla 500 Miglia di Indianapolis che si sarebbe disputata nel 1919: un grande evento per dare risalto e fama all’azienda francese, pronta a ripartire dalle macerie della Prima Guerra Mondiale.
Così, a tempo di record, il 7 aprile 1919 uscì dall’atelier Ballot la prima delle quattro vetture che il successivo 26 aprile sarebbero state imbarcate per gli States insieme ai piloti (tutti francesi) destinati alla grande corsa di “Indy”: Albert Guyot, René Thomas, Louis Wagner e Paul Bablot.
Le Ballot risultarono subito le più veloci ma non andarono oltre al quarto posto di Guyot e all’undicesimo di Thomas. Quella 500 Miglia venne vinta dalla Peugeot guidata da Howdy Wilcox e progettata da Henry…
Entro i tre litri. La formula di Indianapolis per il 1920 venne modificata abbassando il limite della cilindrata a tre litri, che sarebbe stato adottato anche dalla Formula Internazionale per il 1921. Altre quattro Ballot di questa cilindrata furono approntate, modificando semplicemente le misure del motore precedente. I propulsori Ballot raggiungevano i 110 CV di potenza massima e furono tra i primi ad utilizzare pistoni in lega leggera. Il sistema di lubrificazione, la trasmissione e il disegno dello chassis erano ereditati direttamente dalla Peugeot GP del 1913 mentre i freni erano costruiti su licenza Isotta Fraschini. La parte inferiore della vettura era carenata (una sorta di “fondo piatto” ante litteram) e la carrozzeria aveva una sezione frontale decisamente ridotta.
Vittoria mancata. Il successo a Indianapolis sfumò nuovamente: le tre Ballot iscritte terminarono al secondo, quinto e settimo posto con Thomas, Ralph De Palma (partito dalla pole position) e Jean Chassagne. Convinti della bontà delle proprie vetture, gli uomini Ballot non si persero d’animo e proseguirono la stagione 1921 provando a giocare in casa partecipando al Gran Premio di Francia disputato a Le Mans il 25 luglio. Vittoria sfiorata anche qui, con De Palma e Jules Goux al secondo e terzo posto dietro al vincitore Jimmy Murphy su Duesemberg. Goux partecipò con la nuova Ballot da 2 litri allestita in vista del nuovo regolamento che sarebbe entrato in vigore nel 1922.
L’epilogo bresciano. Ed eccoci, finalmente, al 4 settembre 1921 con il primo Gran Premio d’Italia e la prima, importante vittoria firmata Ballot e Goux, che in quella occasione guidò la 3/8 LC contraddistinta dal numero di telaio #1006. La vettura in questione, oltre ad aver vinto il primo Gran Premio d’Italia, terminò settima e terza alle “Indy 500” del 1920 e 1922, rispettivamente con Chassagne e Goux al volante; lo stesso Chassagne la portò in gara a Le Mans nel 1921, costretto al ritiro per la rottura del serbatoio.
Una storia gloriosa, oggi riproposta con Arnoux alla guida.
Il pilota francese si mostra disponibile alle domande: l’incidente fra Lewis Hamilton e Max Verstappen nel corso del GP d’Italia di F.1 a Monza domenica passa subito in primo piano sul divertimento di questa tre giorni per i 100 anni del Gran Premio d’Italia. «Si sono restituiti quanto accaduto a Daytona qualche settimana fa. Solo che allora viaggiavano a 240 all’ora, domenica invece a 70. Certo questo resterà uno degli episodi cruciali del mondiale 2021. È stata una collisione che poteva avere risvolti drammatici, visto che la Red Bull è decollata sulla Mercedes, con Hamilton che si è salvato solo grazie all’Halo. Non per nulla dopo aver diffuso un nuovo video si è capito quanto elevato sia stato il rischio e che apporto fondamentale abbia fornito l'Halo. Ma l’astio tra i due piloti ci porterà anche ad altro, vedrete...».
Fair play. Già, la cattiveria tra i piloti: «Questo non accadde nel GP di Francia a Digione, nel 1979, quando con Gilles Villeneuve si diede corpo ad un duello serrato in cui il ferrarista canadese alla fine prevalse. Lui aveva le ruote quadrate per le frenate, io la pompa della benzina che bloccava il motore un paio di secondi in ripresa. Tra noi, entrambi di lingua francese, c’era però rispetto: eravamo amici nel paddok, nemici in corsa, ma sempre nella correttezza. Gilles sapeva che mai lo avrei toccato in staccata e io sapevo che lui non mi avrebbe mai chiuso. E così è sempre stato». Non per nulla per la collisione Verstappen è stato ritenuto colpevole e sanzionato con 3 posti in griglia nel GP in Russia. «Ora le auto sono assolutamente sicure: abbiamo visto uscite di strada che si sono risolte solo con leggeri danni alle auto. E questa consapevolezza spesso anima maggiormente i piloti a resistere ai sorpassi degli altri concorrenti. Certamente ne vedremo di belle».