Fiat 1100/103 Familiare Monviso, un pizzico di sportività - Ruoteclassiche
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30/05/2023 | di Gaetano Derosa
Fiat 1100/103 Familiare Monviso, un pizzico di sportività
Presentata al Salone di Torino 1953, ha la peculiarità di essere una station wagon con tre sole porte. Rimasta esemplare unico, era diventata rifugio di galline nel Monferrato. Poi la scoperta fortunosa e il restauro
30/05/2023 | di Gaetano Derosa

Dalle stelle alle stalle e ritorno. È molto curiosa la storia di questa Fiat 1100/103 Familiare allestita dalla carrozzeria Monviso in esemplare unico. Dopo aver fatto bella mostra di sé al Salone dell’Automobile di Torino nel 1953, per anni aveva fatto perdere le sue tracce. Ritrovata fortunosamente da un collezionista in una vecchia cascina nelle campagne piemontesi attorno a Casale Monferrato (Alessandria) qualche anno fa, dopo un totale e complicato restauro è tornata oggi in perfette condizioni.

Addio al vecchio telaio. La presentazione della berlina Fiat 1100/103, una pietra miliare della Casa torinese caratterizzata dalla scocca portante, avvenuta al Salone di Ginevra sempre nel 1953, aveva obbligato tutti i carrozzieri a ripensare il concetto di fuoriserie che fino ad allora erano state realizzate partendo dal ben più “facile” telaio separato (come quello, rimanendo in casa Fiat, della 1100 E, per intenderci). Tra questi anche la Monviso, nata nel 1944 in corso Unione Sovietica 75 a Torino per iniziativa del commendator Alessandro Casalis, molto attivo anche in altri settori, ma particolarmente concentrato nello sfruttare l’enorme potenziale commerciale derivante dalla trasformazione delle auto in camioncini e furgoncini, ambulanze e carri funebri.

Struttura di una grande azienda. In una lettera inviata alla fine degli anni 40 a Giovanni Michelotti, designer approdato alla Monviso una volta conclusa la sua esperienza presso la carrozzeria Farina, Casalis scrive: “Vorrei poterLe fare metabolizzare la mia idea di realizzazione di fuoriserie, che gradirei potessero rappresentare dei veri e propri prodotti di serie. Sia la precisione di assemblaggio sia la qualità delle finiture dovranno arrivare a coincidere con quelle ottenute dalle Case automobilistiche, non una sbavatura di meno”. Ecco perché la Monviso si diede ben presto, dopo la sua inaugurazione, una struttura da grande azienda, spendendo tantissimi soldi per attrezzature e macchinari davvero moderni, ma anche adottando tecnologie e accorgimenti di notevole precisione.

Sportwagon ante litteram. La produzione, soprattutto dopo la presentazione della 1100/103, venne limitata a un numero inferiore di varianti di carrozzeria e di modelli sui quali allestirle, che però spiccavano per la loro ottima qualità costruttiva. L’avvento della berlina 1100/103 scatenò comunque la fantasia di tutti i carrozzieri: moltissime le realizzazioni sportiveggianti, ma la Monviso bruciò tutti i concorrenti sul tempo presentando questa bella familiare sportiva, caratterizzata da sole due portiere più il portellone posteriore, con un look ispirato alle giardinette americane, con fiancata dalla doppia colorazione a simulare i pannelli di legno, più corta e più bassa della berlina da cui derivava. La costruzione dell’auto, il cui design si deve all’estro di Michelotti, venne terminata giusto in tempo per essere presentata all’apertura del Salone di Torino, il 22 aprile 1953.

Dal salone alla cascina. Dopo il palcoscenico dell’esposizione internazionale scatta l’oblio, o quasi, per questa fuoriserie, complice anche il fatto che la Fiat decide di mettere in produzione la versione Familiare della “103” nel 1954 a un costo di 1 milione e 200 mila lire. Sono circa 250 mila lire in meno rispetto al prezzo stabilito dalla Monviso per la sua versione, decisamente troppo alto. Inoltre, le due portiere in meno, che oggi sono un elegante elemento di sportività, allora vennero giudicate penalizzanti per il potenziale acquirente di una station wagon, che era principalmente un artigiano. Ecco, quindi, che la vettura venne poi venduta a un contadino di Casale Monferrato, che la utilizzò come auto personale. Col passare degli anni, arrivò il progressivo “declassamento”, dapprima come seconda auto, fino a diventare un mezzo per trasportare l’uva. In regolare servizio fino a poco più di nove anni fa, quando venne scovata da Ermanno Africano, che dopo una breve ricerca realizzò l’importanza del veicolo.

Un difficile restauro. “La notai e mi sembrò subito bella e insolita”, racconta Ermanno, “anche se era ormai diventata il rifugio delle galline. Il problema era che il contadino non se ne voleva separare, quindi è scattata una lunga trattativa, per fortuna conclusa positivamente grazie alla parziale permuta con una Mini nuova”. Una vera fortuna è stata che l’auto, benché completamente da restaurare, fosse però completa, compresi i rarissimi stemmi della carrozzeria torinese Monviso, oggi introvabili. Questo ha reso più semplice il ripristino. “Anche se per quanto riguarda i lamierati sono stato costretto al loro costosissimo recupero, perché si tratta di una fuoriserie, con tutti i suoi pregi ma anche i difetti. La portiera lato guida è più lunga di 5 cm rispetto a quella del passeggero, per intenderci...”. L’interno invece è ancora quello originale: le zampe delle galline non hanno compromesso, incredibilmente, proprio nulla.

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