Modellismo: hot rod, la nascita del tuning - Ruoteclassiche
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Quattroruotine
21/02/2024 | di Alberto Bonvicini
Modellismo: hot rod, la nascita del tuning
Assieme a Piero Tecchio, medico, scrittore e collezionista di rarità in piccola taglia, vi raccontiamo la storia della Ford Pierson Coupé in scala 1:43
21/02/2024 | di Alberto Bonvicini

“Nel 1973 usciva sul grande schermo ‘American Graffiti’. Non lo vidi subito, ma appena ciò si rese possibile, il personaggio che mi colpì fu quello di John Milner, considerato uno dei più importanti piloti del Pese sulle hot rod”. A raccontarci questo aneddoto è Piero Tecchio, collezionista di modellini, “collettore” di emozioni, legate sia al montaggio di un esemplare, sia alla macchina stessa.

Le origini. Ma lasciamolo raccontare ancora l’origine di una delle sue passioni. Parlavamo del pilota Milner: “La sua auto era gialla”, spiega Tecchio, “ma quello che mi aveva colpito era la possibilità, che esiste tutt’ora negli Stati Uniti, di modificare le macchine a proprio piacimento, senza dover incorrere in una lunghissima (e a volte irrisolvibile, da noi; ndr) serie di trafile burocratiche”. In occasione di un viaggio in California, Tecchio comprò la rivista The Rodder’s Journal, che mostrava in copertina una Ford Pierson Coupé, verniciata in una bellissima livrea. Tutto iniziò così.

Il pezzo mancante. “Di questa vettura non esistono kit”, spiega il collezionista “Così, dopo un lungo girovagare in rete, ho finalmente trovato un esemplare montato di una ditta americana, la Design Studio, di cui peraltro non avevo mai sentito parlare. Una volta acquistato, l’ho affidato alle amorevoli cure di Gualtiero Negri, noto modellista lombardo, tra i più precisi e puntigliosi artisti del settore. Il pezzo è molto particolare, perché presenta la carrozzeria divisa in tre elementi, che andranno verniciati in altrettanti colori finali: un rosso micalizzato, un bianco e un azzurro anch’esso micalizzato. Questo per gli addetti al montaggio ha consentito di non dover procedere con lunghe e tediose mascherature, ma allo stesso modo ha consentito di presentare delle vistose giunture sulla carrozzeria finita”.

Personalizzazione in scala. Il modello si presentava come una classica hot rod con il tetto ribassato e un motore esagerato sotto il cofano, soprannominata Edelbrook special. “Appena Gualtiero ha cominciato a lavorare sul modello”, spiega ancora Tecchio, “ci siamo resi conto che un ostacolo sarebbe stato il fatto che su alcuni particolari, realizzati in resina stampata in 3D, non sarebbe stato semplicissimo ottenerne cromature lucide e splendenti, risultato che si ottiene più facilmente con parti di metallo. Oltre a questi passaggi, sono state sostituite la griglia del radiatore, le maniglie delle portiere e le parti delle sospensioni. Quasi come su un’auto vera. Come tocco finale, ho voluto aggiungere i rivetti che tengono in sede i vetri dell’abitacolo e le valvole di gonfiaggio delle ruote: una finezza che riservo alle vetture della mia collezione. E questo in un modello che non supera i 10 centimetri”.

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