La vita è curiosa: oggi Renault è talmente innamorata del proprio brand Alpine da usarlo come nome ufficiale della scuderia di Formula 1, per modelli esclusivi ad alte prestazioni e anche come allestimento sportivo. Difficile immaginare che a metà anni 90 invece quasi se ne vergognasse, arrivando a far sparire il logo dell’azienda di Dieppe da tutti i disegni, una volta stabilito che il nuovo progetto di una sportiva due posti, spider, con motore centrale, avrebbe portato al debutto il nome della divisione Renault Sport in ambito stradale.
Impostazione corsaiola. Quello che colpisce immediatamente della Renault Spider, una barchetta dall’impostazione nettamente corsaiola, è l’assenza di qualsivoglia elemento dedicato al comfort: niente servosterzo, ABS o riscaldamento, interni ridotti all’osso, con cruscotto minimalista e lamiere a vista. Anche i tappetini sono un optional. E poi manca il parabrezza, o meglio, vengono commercializzate due versioni, delle quali solo la "pare-brise" può essere guidata senza casco. Il vistoso roll-bar posteriore, unitamente al frontale con i fari carenati che omaggiano la Alpine A220 di fine anni 60, sono una vera e propria dichiarazione d’intenti e infatti la Spider - da pronunciare rigorosamente con l’accento sulla e - non ha un look da auto da corsa a caso: Renault Sport darà vita ad un trofeo monomarca con la versione Trophy, non omologata per uso stradale e con motore potenziato a 180 CV.
Peso contenuto. Grazie al largo uso di alluminio e vetroresina, il peso viene contenuto in 930 kg (ma il prototipo pesava 140 Kg in meno) e la Renault Spider stradale, equipaggiata con il 2 litri 16V da 150 CV della Clio Williams, raggiunge una velocità massima di 210 km/h accelerando da 0 a 100 km/h in soli 6,9 secondi. Al lancio, siamo nel 1996, sono solo tre i colori disponibili (giallo/grigio, rosso/grigio, blu/grigio) che diventeranno quattro con il "gris intégral" del 1997, versione che si distingue anche per i cerchi in lega specifici, sempre da 16”, mentre quelli precedenti erano presi dalla Alpine A610, così come l’impianto frenante.
Auto da collezione. La produzione della Spider termina nel 1999 con solamente 1.726 esemplari, rendendola rapidamente un’auto da collezionisti, vista la sua oggettiva particolarità rispetto alle altre due posti scoperte dell’epoca. Basti pensare che la versione originale, ovvero la "saute-vent" era venduta letteralmente nuda e cruda e la rudimentale capotte (disponibile come accessorio) era destinata solamente alla versione dotata di parabrezza, con un paio di raccomandazioni da parte della Renault: non è completamente impermeabile e isolante e può essere utilizzata solo fino a 90 km/h.
Introvabili. Oggi le Spider sono praticamente introvabili e con prezzi ben oltre i 40.000 euro. Del resto, ripensando alla sua genesi, quale costruttore generalista ha mai partorito un'auto così radicale, in un numero così ridotto di esemplari e così fuori dagli schemi? La Renault Spider era e rimane un'eccezione alla regola, una barchetta da pista camuffata da stradale e destinata a pochi appassionati.
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