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21/10/2024 | di Andrea Paoletti
Renault Safrane V6 Biturbo, a tutta velocità
La doppia sovralimentazione trasforma la berlina francese in una stradista di gran livello, anche se non brilla per avvenenza e personalità
21/10/2024 | di Andrea Paoletti

La Renault Safrane aveva come obiettivo quello di provare a conquistare gli automobilisti non francesi. In patria, infatti, la Renault 25 che l’aveva preceduta aveva avuto successo, ma non era andata così al di fuori dei confini nazionali: tra i difetti che le erano stati imputati, il telaio poco rigido, le finiture non all’altezza di un’ammiraglia e prestazioni mediamente modeste, se si escludeva la V6 Turbo.

Cura tedesca per il 3.0 V6. Provare a ribaltare la percezione del marchio francese nel prestigioso segmento delle “grandes routières”, pur trovandosi la concorrenza in casa sotto forma di altri modelli della propria gamma, non era però l’ideale. Vedi la Laguna, che, seppur di categoria inferiore, era anch’essa equipaggiata con un 3.0 V6 aspirato e la Espace, capace di conquistare una fetta della clientela delle berline. Ecco allora che nel tardo 1993 viene introdotta la Safrane Biturbo, che, grazie a una dotazione di prim’ordine, rilancia le ambizioni della Régie. Prima cosa, la base di partenza è il 3.0 V6 della versione 4x4 “Quadra”: se ne occupa il tuner tedesco Hartge, che sceglie la strada della doppia sovralimentazione, ottenendo 268 CV, un valore che avrebbe potuto essere anche maggiore, se non fosse stato per i limiti meccanici del cambio a 5 marce e della trazione integrale stessa.

La Renault più veloce di sempre. Per ottenere quella rigidità del telaio invocata da molti, il peso crebbe drasticamente, toccando i 1.800 kg in ordine di marcia, valore piuttosto alto per l’epoca. Motivo per il quale, sullo 0-100 km/h il tempo era buono, ma non ottimo (7,2 secondi). La Safrane Biturbo però si riscattava ampiamente con la velocità massima, limitata elettronicamente a 250 km/h, come su tutte le auto tedesche dell'epoca. A tanta cattiveria sotto il cofano faceva da contraltare un look decisamente sobrio, caratterizzato dal paraurti anteriore dotato di prese d’aria supplementari per gli intercooler e dal terminale di scarico ovale, che si andavano ad aggiungere ai cerchi a 5 razze di disegno specifico. Questi ultimi erano da 17 pollici, una misura riservata a poche sportive e uno degli elementi - oltre alle targhette Biturbo sulle fiancate - che permettevano di identificare all’istante questa versione.

Prezzo esagerato. Anche l’abitacolo compiva un passo in avanti per qualità dei materiali e dotazione, con un climatizzatore bi-zona (una rarità all’epoca), sedili anteriori riscaldabili con memorie e un impianto stereo a sei altoparlanti. La versione Baccara aggiungeva sedili e rivestimenti di pelle, inserti di radica di noce e sedili Ergomatic dotati di sei tasche gonfiabili adattabili alla morfologia del conducente. Peccato che il prezzo di listino superasse i 100 milioni di lire, una cifra talmente elevata da spaventare anche il fan più accanito della Renault. Il risultato è che la Biturbo è stata prodotta in soli 806 esemplari tra il 1993 e il 1996, cosa che la rende decisamente rara e praticamente introvabile in Italia (con quotazione da otto mila a dodici mila euro).

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