In un panorama automobilistico - quello degli anni 90 - decisamente più variegato di quello attuale, tra monovolume, spider, station wagon e coupé, la piccola Opel Tigra seppe ritagliarsi uno spazio e nemmeno piccolo, grazie alle sue doti e a una linea semplice, ma gradevole, che toccava le corde giuste della sportività a un prezzo accessibile.
Un’intuizione che ha compiuto 30 anni. Esattamente 30 anni fa la Tigra faceva il suo debutto e chi, a quei tempi, aveva tra i 18 e i 25 anni se la ricorda benissimo, perché, a un prezzo non troppo lontano da quello di un’utilitaria - in questo caso la Opel Corsa sulla quale era basata - ci si poteva mettere al volante di una stilosa coupé formato mignon. Concetto ormai quasi estinto, ma che in quegli anni godeva di grande popolarità, con quasi tutti i marchi che avevano a listino un modello. Il merito della Casa di Rüsselsheim stava nello scovare una nicchia a cui altri non avevano pensato, costringendoli poi a dover inseguire.
Design personale, ma sotto è una Corsa. L’idea era semplice: prendere la meccanica affidabile e robusta della Corsa e vestirla con un abito moderno e grintoso, capace di conquistare al primo sguardo: il frontale basso con i fari sottili e la coda con le luci sagomate dominata dal portellone con ampio lunotto di vetro, sono elementi che caratterizzano distintamente la Tigra ancora oggi, a dimostrazione che un buon design può fare centro. Anche se l’abitacolo è ripreso pari pari dalla sobria utilitaria di casa, il risultato è convincente e neppure il limite dei sedili posteriori adatti a persone non più alte di 1 metro e 60 centimetri mette freni al successo della Tigra.
Aerodinamica per superare i 200. Disponibile con due motori, entrambi a 16 valvole, un 1.4 da 90 CV e un 1.6 da 106, complice il peso contenuto (rispettivamente 980 e 1.075 kg), la Tigra sa anche far divertire, non tanto in accelerazione, dove solo la più potente delle due scende sotto i 10 secondi, ma con velocità di punta interessanti, con la 1.6 che supera i 200 km/h grazie all’ottimo Cx (0,31). Tra le curve, grazie a un assetto più rigido, un baricentro basso e pneumatici "larghi" 185/55R15, la piccola coupé si dimostra agile, mantenendo le promesse di un look che, tra cerchi di lega e fendinebbia (solo sulla 1.6), fa sognare i più giovani.
Molte serie speciali. Anche il pubblico femminile dimostra di gradire, con il pratico portellone che offre capacità di carico non lontanissime da quelle dell’utilitaria dalla quale la coupé deriva (215 contro 260 litri), con il vantaggio della panchetta a disposizione per i viaggi. Nel corso della sua carriera, durata fino al 2000, le modifiche sono minime: nel 1997 il pomello del cambio da quadrato diventa rotondo e nel 1998 viene aggiunta la terza luce di stop nel portellonee si susseguono serie speciali come la Rio Verde nel 1996, Nautilus e Premium Blue nel 1997, Star Silver e Classic Green nel 1998, Ceramic Blue e Limited Edition nel 1999.
Un piccolo classico a prezzi modici. Delle oltre 70.000 unità immatricolate in Italia ne circolano sempre meno, causa incentivi alla rottamazione, ma non è difficile trovare una Tigra e possono bastare circa quattromila euro anche per una 1.6. Considerato che, nel suo piccolo, è un pezzo di storia automobilistica degli anni 90, li vale tutti.