Shooting Brake: anche le carrozzerie più particolari hanno una loro utilità - Ruoteclassiche
Cerca
Auto
03/11/2025 | di Federico Brovarone
Shooting Brake: anche le carrozzerie più particolari hanno una loro utilità
Nato per il trasporto di materiale da caccia, questo genere di auto ha rappresentato un'affascinante nicchia di mercato. Vediamo alcuni dei modelli più rappresentativi
03/11/2025 | di Federico Brovarone

La storia delle shooting brake nasce molto prima che l’automobile diventasse un oggetto di massa. In Inghilterra, a fine Ottocento, il termine “brake” indicava una tipologia di carro, e quando veniva adattato alla caccia assumeva il nome di “shooting brake”, cioè carrozza per il trasporto di cacciatori, fucili e cani.

SFOGLIA LA GALLERY

Con l’arrivo delle automobili, il concetto fu applicato ai telai di lusso, e già a inizio Novecento alcune Rolls-Royce Silver Ghost vennero trasformate dai carrozzieri per diventare quello che oggi definiremmo Suv. Erano auto aristocratiche, pensate per accompagnare i signori nelle battute di caccia o nei viaggi di piacere. La prima di questo tipo fu la Delahaye 135 Guillore Break de Chasse.

Auto su misura

Dagli anni 50 la shooting brake cominciò a identificare non più un veicolo rustico, ma una coupé sportiva trasformata in una 2 porte con portellone. Alcuni esempi segnarono quell’epoca: celebre la Jaguar XK150 shooting brake di Douglas Hull. Un primo esperimento commerciale fu nel 1961 la Ford Anglia “estate” in variante shooting brake a tre porte, dove però l’aspetto sportivo non faceva parte del progetto. Poco dopo Harold Radford realizzò dodici Aston Martin DB5 shooting brake, commissionate dal patron David Brown e destinate a gentiluomini. Anche Ferrari, non direttamente, costruì una 365 GTB4 shooting brake per volere di Bob Gittleman. Molti progetti però non andarono oltre lo stadio di prototipo. I motivi erano semplici: alti costi di trasformazione, ridotta nicchia di mercato e difficoltà tecniche nell’adattare telai e meccaniche a carrozzerie così particolari. La shooting brake rimase quindi un capriccio per clienti eccentrici, più che un prodotto di massa. Da un punto di vista stilistico, non seguono canoni standard: la coda tronca interrompe la linea sportiva, le superfici vetrate risultano o troppo ridotte, con effetto massiccio, o troppo ampie, con aspetto da familiare. E anche il frontale aggressivo e basso si scontra con una coda alta e funzionale.

I pochi successi

Eppure, negli anni 60 e 70, alcune shooting brake entrarono in produzione. La più importante fu la Reliant Scimitar GTE del 1968: grazie alla scocca di vetroresina, motore V6 Ford, assetto basso e praticità sorprendente fu prodotta in oltre 14 mila esemplari. La Volvo presentò la P1800 ES e con il suo portellone posteriore di cristallo divenne un’icona. Rimase in listino tra il 1972 e il 1973 e ne furono vendute 8.077. L’Italia ebbe la Lancia Beta HPE, in produzione dal 1975 al 1984, che reinterpretò la formula come una gran turismo familiare a tre porte, con oltre 71.257 esemplari costruiti e motorizzazioni brillanti, ma con qualità costruttiva non eccezionale.

Troppi compromessi

La differenza tra una station wagon e una shooting brake è netta. La prima nasce per praticità, con cinque porte, grande bagagliaio; la seconda è una coupé tre porte con portellone, bassa e filante, pensata per il week-end. Non si trattava di soddisfare un bisogno reale, ma di proporre un concetto d’immagine. Proprio questa ambiguità rese difficile la sua diffusione. Le shooting brake hanno troppi compromessi: non sono sportive quanto una coupé, non sono pratiche quanto una station wagon. L’accessibilità a tre porte limita l’uso familiare, e il bagagliaio, pur più ampio rispetto a una coupé, resta insufficiente se confrontato con una station. In più, il prezzo era elevato, perché spesso derivavano da piccole serie o da trasformazioni su misura. È forse l’unico segmento che non è mai riuscito a decollare, ma forse, oggi, le shooting brake potrebbero trovare il loro posto. Pratiche e comode per una persona o per una coppia con cane e basse e veloci da risultare divertenti alla guida. Peccato che a oggi nessuno le produca più.

COMMENTI
In edicola
Segui la passione
Novembre 2025
Nel numero di novembre, Maserati Mistral, Lotus Esprit e Giorgetto Giugiaro, Fiat 127 vs Renault 5, De Tomaso Guarà, il biplano Caproni Ca.100 a motore Alfa, il nostro Circolo dell'Automobile, i grandi eventi e molto altro ancora
Scopri di più >