Le concept car anni 90: le supersportive
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27/11/2025 | di Andrea Paoletti
Le concept car anni 90: le supersportive
Linee esagerate, tecnologia da fantascienza, motori record: sono alcune delle caratteristiche che fanno sognare ai Saloni
27/11/2025 | di Andrea Paoletti

Sfogliando i vecchi numeri di Quattroruote per trovare ispirazione, la prima impressione, confermata man mano che si prosegue nella lettura, è di una spinta all’innovazione e una voglia di sorprendere il pubblico che non avevano limiti. Certo, negli anni 90, nonostante le crisi periodiche, i soldi non mancavano, ma il guizzo creativo e il volume impressionante di concept car uscite in quegli anni è da Guinness dei primati. Un capitolo a parte sono le concept car, pensate per solleticare i sogni proibiti degli appassionati: supercar dai nomi esotici che ancora oggi lasciano a bocca aperta per la modernità e lo stile pulito e armonioso. I grandi nomi del design e i Costruttori più blasonati ci sono tutti, impegnati a sfidarsi di Salone in Salone con proposte sempre più coraggiose, dando vita ad un’epoca irripetibile.

SFOGLIA LA GALLERY

Mercedes C112

La Mercedes C112, presentata al Salone di Francoforte del 1991, nasce come supercar stradale derivata dalla C11 impegnata nel Mondiale Prototipi tra il 1990 e il 1991. Segue nella numerazione e nell’impostazione stilistica un’altra concept di fine anni 70, presentando però innovativi sistemi elettronici di controllo dinamico che le permettevano livelli di comfort e facilità di guida inarrivabili per le rivali del tempo. Dall’Active Body Control (sospensioni idrauliche gestite da sensori e computer) allo sterzo posteriore attivo, fino agli alettoni a regolazione elettronica. Pur ricevendo 700 prenotazioni con offerte fino a 1 milione e mezzo di dollari, non entrò mai in produzione.

Maserati Chubasco

Nello stesso anno viene realizzata – su disegno di Marcello Gandini – una supercar Maserati destinata a rimanere un esemplare unico. Il suo nome era Chubasco, dal nome di un vento di tempesta dell’America Centrale e si tratta in realtà di un prototipo più che di una concept. Il progetto era infatti concreto, dal telaio a trave centrale con V8 biturbo di 3.2 litri della Shamal portato a 450 CV – in posizione centrale – fino alla raffinata aerodinamica che prevedeva 3 prese d’aria nella parte anteriore, che dirigevano i flussi al posteriore attraverso il sottoscocca, garantendo l’effetto suolo. Non mancavano scenografiche portiere a forbice.

Audi Avus Quattro

Al Salone di Tokyo 1991 sorprese tutti per audacia progettuale e stilistica: è l’Audi Avus Quattro, concept car destinata ad anticipare il nuovo corso della Casa dei quattro anelli. La lista di innovazioni che si nascondevano sotto una carrozzeria in alluminio non verniciata, che ricordava in chiave moderna ed elegante le “streamliner” Auto Union degli anni 30, partiva dal motore, un 12 cilindri a W di 6 litri di cilindrata a tre bancate da quattro cilindri ciascuna. Sviluppava 509 CV e dieci anni dopo andrà ad equipaggiare l'ammiraglia A8. Bassa (1 metro e 20) larga (2 metri) e dalla coda infinita, aveva parabrezza, tetto e lunotto in un corpo unico e portiere ad apertura verticale.

Bugatti EB112

Con la EB110 ormai nell’Olimpo delle supercar, quel genio di Romano Artioli decide che è tempo di riportare in vita la leggenda Bugatti anche tra le berline di lusso. L’ispirazione nasce dalla Type 57 Atlantique che Giugiaro rievoca mirabilmente nella coda arrotondata e nel lunotto posteriore sdoppiato, ma è nell’insuperabile connubio tra potenza e lusso che si compie la magia. La prima è garantita da un V12 aspirato da 6.0 litri e 455 cavalli, accoppiato alla trazione integrale, il secondo da un abitacolo che è un tripudio di pelle e radica. Oltre 300 km/h, telaio in fibra di carbonio, carrozzeria in alluminio, è rimasta una regina senza trono, della quale esistono tre esemplari.

Ford GT90

La GT 40 degli anni 90: un concetto semplice che purtroppo rimane appunto concept, perché, dopo il debutto al Salone di Detroit del 1995, sulla GT90 cala il sipario. Tra le creazioni più esotiche e controcorrente dell’epoca – linee spigolose basate su incastri di forme triangolari quando tutti arrotondavano gli angoli – sfoggiava un interessante mix di bricolage e assemblaggio casalingo che tradiva i soli 6 mesi in cui fu realizzata. Il telaio era quello, allungato, della Jaguar XJ220, che forniva anche sospensioni e cambio, mentre il motore, un V12 quadriturbo di 5927cc e 720 CV (anche 900 con la benzina giusta) era nato mutilando e accoppiando dei classici V8.

Alfa Romeo Nuvola

L’assenza di un modello del marchio milanese tra le berlinette sportive ad alte prestazioni era ormai lunga e, per tastare il terreno, nel 1996 il team guidato da Walter de Silva presenta al Salone di Parigi l’Alfa Romeo “Nuvola”. Il design vuole richiamare modelli del passato, con suggestioni che vanno dagli anni 30 agli anni 60 e la scelta di verniciarla con l’evocativo “azzurro nuvola” ne accentua la natura eterea, con il frontale dominato dai gruppi ottici scavati nella carrozzeria e il posteriore rastremato. Il lungo cofano ospita il classico V6 “Busso” ma dotato di due turbocompressori, per un totale di 300 CV e a completare il pacchetto, la trazione integrale.

Lamborghini Calà

Sul telaio della sfortunata P140, equipaggiato con il 4.0 litri V10 da 372 CV, realizzato per l’occasione, la Italdesign di Giugiaro – per mano di Marcello Gandini – disegna nel 1995 una moderna e aggressiva carrozzeria in fibra di carbonio che, pur riproponendo stilemi classici del marchio, taglia i ponti con il passato per proiettarlo nel futuro. Un abitacolo ben rifinito e spazioso – può ospitare anche due bambini – e un tetto removibile che permetteva di trasformarla da coupé a “targa” completano quello che – l’esemplare era marciante – aveva tutto per essere un successo. Mancava però un dettaglio non secondario: il danaro per finanziarlo.

Jaguar XK180

In concomitanza con i 50 anni della XK120, la prima sportiva Jaguar del dopoguerra, viene presentata al Salone di Parigi del 1998 la XK180. Il nome la identifica come evoluzione moderna di quella gloriosa stirpe di granturismo ed era una concept car perfettamente funzionate: basata sulla XKR – ma con telaio accorciato – ospitava il classico V8 sovralimentato di 4.0 litri ma portato a 450 CV. A colpire però era la linea che citava con classe la mitica D-Type grazie ad una carrozzeria tipo barchetta che esaltava la sinuosità delle curve. Purtroppo Jaguar mise in chiaro fin da subito che l’auto non avrebbe avuto un seguito di produzione.

Bentley Hunaudières

Sorprendente nel look – e purtroppo rimasta allo stadio di concept – è la Bentley Hunaudières del 1999, che già dal nome che rende omaggio al famoso rettilineo del Circuit de la Sarthe di Le Mans, teatro dei trionfi dei “Bentley Boys” negli anni 20. Non poteva essere diversamente per la prima supercar del marchio britannico, prima anche nella configurazione a motore centrale: e che motore (!), il W16 Volkswagen da 8.0 litri, capace di erogare 623 CV. Molte delle soluzioni tecniche qui sperimentatesarebbero poi servite al Gruppo Volkswagen per sviluppare la prima hypercar della storia, la Bugatti Veyron.

Volkswagen W12

Non che qualche anno prima la Volkswagen si fosse trattenuta dal voler dimostrare la sua potenza strabordante. Nel 1997 infatti, al Salone di Tokyo, debutta la W12 Syncro, un manifesto tecnologico che abbinava trazione integrale Syncro ai due VR6 uniti a formare un innovativo W12 da 420 CV, valorizzato da una carrozzeria il cui stile era firmato Giugiaro. L’anno successivo sarà presentata anche la versione aperta e, nel 2001, l’evoluzione estrema – con 500 CV – ribattezzata W12 Nardò dopo aver stabilito sulla pista pugliese un record di velocità, con 357 km/h.

Bugatti 18/3 Chiron

Nel frattempo, nel 1999, un’altra concept car provoca un terremoto nel mondo dell’automobilismo. Con la 18/3 Chiron, il marchio – ora tedesco – rinasce per la seconda volta e preannuncia una rivoluzione degna del suo prestigio: 18 sono i cilindri, tre le bancate e il nome omaggia il pilota più vittorioso della storia Bugatti. Il motore, 6.3 litri con 555 CV, è ben visibile al centro di una carrozzeria che ammalia con i suoi volumi perfettamente proporzionati e le superfici levigate pronte ad attraversare il vento. Neanche il tempo di abituarsi a cotanta bellezza che viene già presentata la 18/4 Veyron e il resto è storia.

Audi Rosemeyer Concept

I più maligni potrebbero bollarla come versione sotto steroidi della TT, e – paragonandola alla Avus del 1991 – è come affiancare un nuotatore ad un sollevatore di pesi. L’Audi Rosemeyer Concept arriva alla fine del decennio ma rievoca, in modo efficace, lo stile caratteristico delle auto da corsa dell'Auto Union, le Type C spinte da motori a 16 cilindri a bordo delle quali si distinse il leggendario Bernd Rosemeyer, a cui è ovviamente dedicata l'auto. Neanche a dirlo, ritroviamo un motore aspirato con lo stesso frazionamento, di 8.0 litri e con 700 CV. Se ad una seconda occhiata si nota anche una decisa somiglianza con la Veyron, niente di strano, non è una casualità.

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