3 novembre 1960: al 42° Salone dell'Automobile di Torino vengono sollevati i teli dal primo modello della Lancia interamente progettato dopo la cessione del pacchetto azionario della famiglia al gruppo guidato da Carlo Pesenti. Fin da subito divide: qualcuno accoglie la Flavia come degna continuatrice della tradizione del Marchio, diversa com'è da qualsiasi altro modello del tempo, altri la tacciano come eccessivamente controcorrente rispetto all'immagine di Marca solitamente misurata. In effetti Pesenti, in quanto industriale e non ingegnere, quando nel 1957 vara il progetto ancora battezzato "815 Esperia", lascia carta bianca ad Antonio Fessia, direttore tecnico dal 1955. Dopo una lunga esperienza alla FIAT, per lui è quasi una rivincita: finalmente può dare sfogo ai suoi chiodi fissi, come la trazione anteriore e il motore a 4 cilindri orizzontali contrapposti, montato a sbalzo sull'avantreno. Tutto già sperimentato sulla CEMSA Caproni F11 che, nonostante l'origine del costruttore...non decollò mai.
Risultato complesso
Sulla Flavia si aggiungono i giunti di trasmissione snodati e 4 freni a disco, novità assoluta su una vettura italiana di serie, tanto desiderati da Pesenti. Il motore boxer 1500 cm³, composto in buona parte da leghe leggere, è sostenuto da un telaietto che integra anche sterzo, sospensioni e freni. La carrozzeria, non meno anticonformista della meccanica, è firmata da Piero Castagnero, un designer indipendente che Fessia portò con sé quando entrò alla Lancia. Le forme squadrate con le spigolature arrotondate, l'assenza di pinne, i fari anteriori doppi e le luci posteriori accorpate in un unico elemento trapezoidale erano dei canoni stilistici indubbiamente originali, lontani dalla concorrenza. Tipicamente Lancia i comodi sedili a panchetta, di panno e gommapiuma Pirelli, nuovamente inusuale però la plancia, col tachimetro a nastro e i comandi spostati tutti a sinistra su un'avveniristica tastiera.
Molte varianti
Su strada la Flavia si dimostra egregia, sorprendendo per la tenuta, il molleggio, la silenziosità e la frenatura; ma quando emergono i limiti d'accelerazione, a causa della motorizzazione sottodimensionata, si inizia a pensare a una sala macchine più corposa, che arriva al salone di Francoforte del 1963. Un più brillante 1800 cm³ da 92 CV (montato anche sulla splendida Coupé Pininfarina), che si affianca al 1500 cm³, unito a un cambio con i rapporti più lunghi, il radiatore dell'olio vicino a quello dell'acqua e, all'interno, la selleria di pelle a richiesta e i sedili anteriori sdoppiati. Alla fine del 1965 si aggiunge anche l'alimentazione a iniezione indiretta Kugelfischer, che fa ulteriormente aumentare la potenza ma che si dimostra ancora acerba. Tutto rimane così fino al 1967, quando la Flavia seconda serie porterà un design più lineare dentro e fuori. Dopo la Lambda, l'Aprilia e l'Aurelia, la Flavia è l'ultimo capolavoro della Lancia, componendo il quartetto delle rivoluzionarie al 100%.
