A112 Abarth Prototipo: buona la prima
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30/12/2025 | di Federico Signorelli
A112 Abarth Prototipo: buona la prima
Nel 1970 l’Autobianchi entrò nel mondo Abarth con un'elaborazione dell'utilitaria, portandola nel mondo delle competizioni
30/12/2025 | di Federico Signorelli

Siamo nel 1970 e la raffinata utilitaria di Desio aveva attratto l’attenzione di Carl Abarth. Non impiegò molto a intuirne il potenziale in termini sportivi. In quegli anni, l'italo-austriaco continuava a far man bassa di vittorie nella categoria Turismo con vetture derivate specialmente dalla produzione FIAT, ma i rapporti storici tra la Casa dello Scorpione e la più grande fabbrica di automobili italiana non erano più quelli di un tempo. Con una Fiat sempre meno attenta agli exploit sportivi dell’Abarth che tanto lustro portarono anche alle vetture di serie torinesi - al punto da rifiutare proposte interessanti sotto il profilo agonistico come la OT 1600 disegnata da Giorgetto Giugiaro e un’elaborazione della 128 - nel febbraio di quel 1970 Carl Abarth, ormai avanti con l’età, decise di farsi da parte trovando prossimo accordo con la stessa FIAT per la cessione dell’azienda.

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Colpo di coda

Tuttavia, prima che il passaggio della sua azienda alla Fiat si concretizzasse il 15 ottobre 1971, Abarth riuscì a togliersi un’ultimo “sfizio” mettendo mano sulla A112, presentando quella che al contempo può essere considerata sia l’ultima Abarth dell’era del fondatore come la primissima pietra del marchio all’interno dell’orbita del Gruppo Fiat: la Autobianchi A112 Abarth Prototipo.

Una “bomba”

Esposta nella storica tinta bianca alla Mostra delle Auto da Competizione che si svolse a Torino nel marzo 1970, era davvero quello che potremmo definire senza mezzi termini una “piccola bomba”, una vettura da corsa adattata alla strada: sotto il cofano trovò spazio il collaudato e ben conosciuto in Abarth motore 4 cilindri in linea ad aste e bilancieri (quello montato sulla 1000 TC), 982 cm³ per ben 108 CV, presa d’aria sul cofano motore, cerchi in lega a canale largo realizzati in magnesio su pneumatici maggiorati, assetto specifico, archi passaruota sporgenti in resina rossa raccordati da strisce laterali Abarth e sedili avvolgenti per gli interni.

Verso il mito

Come intuito da Abarth, l’interesse di pubblico spinse Fiat a valutare le potenzialità commerciali dell’idea, comunque da “addomesticare” per essere una sportiva adatta all’uso quotidiano, non solo nelle corse. Sentite le osservazioni del Gruppo Fiat, Abarth formulò due ipotesi: una con testata radiale e 74 CV della 1000 TCR e l’altra con testata normale e 64 CV, verniciate in rosso e nero. l prototipi, ancora troppo sofisticati, non convinsero del tutto Fiat che decise di continuarne lo sviluppo; nel frattempo si andava concludendo l’acquisto dell’azienda. La versione definitiva debuttò al Salone di Torino nell’ottobre 1971, mantenendo la colorazione rosso-nera dei prototipi ma depotenziando il motore a 58 CV, per un buon rapporto tra prestazioni e affidabilità che la porteranno al successo.

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