Auto "contestataria" e alternativa per eccellenza, la Citroën Dyane, che oggi compie cinqunt'anni, divenne protagonista negli anni di una serie di campagne pubblicitarie rivolte ai giovani. Dalla carta stampata ai primi spot TV, tutti gli slogan che la riguardavano ruotavano intorno al concetto libertà, gioia di vivere e gioventù...
La Dyane fece il suo debutto in Italia nei primi giorni di agosto del 1967, quando fu presentata alla stampa specializzata. Anche grazie a qualche piccolo accorgimento tecnico operato sui modelli destinati all’Italia, le riviste di settore accolsero con entusiasmo la nuova piccola Citroën.
Accanto alla Dyane con motore di 425 cm³, in Italia arrivò quasi subito anche la Dyanissima, mossa dal 602 cm³ dell’Ami6, più adatta a competere con le 500 Fiat o Prinz NSU che dominavano il mercato nostrano delle piccole cilindrate. Nonostante derivasse direttamente dalla già vetusta 2CV, la Dyane aveva un aspetto più moderno ed eclettico, sebbene corrispondente ai canoni della bellezza classica…
Indecisi sull’approccio da utilizzare, i pubblicitari dell’agenzia che si occupava dell’immagine di Citroën in Italia, realizzarono alcuni “shooting” con situazioni che richiamavano la gioia di vivere e la gioventù, che era poi il target verso il quale il “prodotto Dyane” era indirizzato. Un gruppo con strumenti musicali per “L’auto senza complessi”, un altro gruppo di ragazzi con coriandoli o con l’ombrello aperto sotto un’acquazzone per “un mostro di simpatia”, furono le due prime campagne pubblicitarie decisamente indirizzate a un certo pubblico che alla fine degli anni 60, anche in Italia, iniziava a diventare numericamente importante.
Il '68 fu sentito soprattutto in Francia: nel mese di maggio, mentre Parigi bruciava, Citroën presentò la “Dyane6 Méhari” (il piccolo fuoristrada su base Dyane) sui campi da golf di Deauville, dove i giornalisti erano arrivati grazie a un treno speciale e superprotetto. In Italia il vento delle contestazioni giunse l’anno successivo, con scontri e occupazioni nelle università. Fu lì che nell’immaginario popolare la Dyane iniziò a contrapporsi alla Mini: a sinistra la bicilindrica e dal lato opposto la BMC/Innocenti. La Dyane divenne immediatamente l’auto “contestataria” e le vendite, complice l’arrivo del Mec e il conseguente abbattimento delle barriere doganali, schizzarono alle stelle.
La neonata Citroën Italia SpA, lasciando la sede provvisoria di via Bergognone a Milano per tornare in quella completamente rinnovata di via Gattamelata, si trovò costretta a moltiplicare le assunzioni per far fronte al crescente successo di vendite sul mercato italiano: quel periodo fu contrassegnato da un lato dalle ID/DS, con i loro ampi margini di profitto (tanto che la costruzione della nuova sede fu pagata interamente dagli aumenti di listino di quei modelli) e dall’altro dal trionfale successo della Dyane, dovuto anche a una politica dei prezzi estremamente aggressiva che prevedeva la vendita dei modelli Dyane e Dyanissima poco sopra alla linea di galleggiamento del prezzo di costo.
Nel 1970, nella gamma Citroën arrivarono (finalmente) la tanto attesa vettura media (la GS) e la superammiraglia (la SM). Adesso i concessionari del marchio transalpino disponevano di un’offerta completa che si estendeva ulteriormente grazie all’integrazione con l’italiana Autobianchi che, tramite gli accordi Citroën-Fiat, poteva vendere in Europa le proprie A112, Primula e l’A111. Tuttavia, in Italia, la Dyane continuava la sua travolgente carriera spuntando quote di mercato più importanti anno dopo anno.
Nel 1973 l’agenzia Delpire che curava la comunicazione globale di Citroën scelse come partner italiano la B-Communications, agenzia milanese che acquisì il budget pubblicitario del Double Chevron. La direttrice artistica dell’agenzia era la geniale Titti Fabiani che propose a Citroën uno slogan semplicemente perfetto: “Dyane. L’auto in jeans” che da un lato strizzava l’occhio ai giovani, già affascinati dall’altrettanto geniale (e controversa) campagna dei jeans Jesus (con manifesti 6x3 con la scritta “Chi mi ama mi segua” sulla tasca di un memorabile paio di shorts), mentre dall’altro definiva la Dyane come un oggetto da lavoro e da divertimento, adatto per tutte le occasioni, come un paio di jeans.
Con intriganti disegni in stile Yellow Submarine e con una serie di servizi fotografici piuttosto riusciti, in Italia, “Dyane. L’auto in jeans” continuava a macinare successi e non faceva sentire la mancanza della 2CV (scomparsa dal nostro mercato con l’arrivo della Dyane nel 1967) almeno fino alla seconda metà degli anni 70.
Va detto che Dyane superò egregiamente la crisi petrolifera del '74-75 e in certo qual modo salvò molti concessionari Citroën dal fallimento: mentre i modelli D e la stessa SM finirono fuori produzione perché rifiutati dal pubblico (che li vedeva, ingiustamente, come inquinanti e avidi nei consumi) le bicilindriche tennero la posizione, nonostante l’anzianità dell’Ami (l’Ami6 era del '61 e l’Ami8 del '69, rispetto alla sua progenitrice presentava ben poche innovazioni) e il prezzo relativamente alto delle Méhari.
Per tutti gli anni 70 la Dyane rimase il prodotto di punta per Citroën Italia. L’arrivo delle LN/LNA e poco dopo della Visa non intaccò il mercato dell’"Auto in jeans" che proseguì la sua carriera con piccoli aggiornamenti tecnici, come i freni anteriori a disco (arrivati nel '78) e poco di più. Ma il tempo è impietoso e anche l’eclettica Dyane iniziò a mostrare i segni del tempo, in particolar modo dopo l’arrivo delle serie speciali della 2CV, iniziate in sordina, nel '76, con la Spot ed esplose come autentico fenomeno di massa con la Charleston, che si rivolgeva (con successo) allo stesso pubblico “contestatario” degli anni 70, ormai cresciuto.
La Dyane, mantenne comunque un discreto livello di vendite in Italia e poco prima della fine della sua produzione, nel 1982, fu la protagonista dei primi spot televisivi italiani (realizzati dalla Publimarket di Paolo Frosi), che raccontavano la storia di un gruppo di ragazzi in un autolavaggio che anziché pulire l’auto, la sporcavano a secchiate di fango e foglie secche. Nel 1983 il mondo era cambiato. I contestatori del '68 erano i padri degli yuppies degli anni 80 e la Dyane perdeva progressivamente il suo pubblico, in Francia ancor prima che in Italia.
Le campagne di affissioni degli anni 70 curate dalla B-Communications, che vedevano la Dyane concorrere con i tram da città e i pulmini da campagna, non rispondevano più ai desideri di una clientela che era ormai cambiata e la Dyane uscì di scena in punta di piedi, lasciando un piacevole senso di nostalgia tra i suoi cultori. Gli stessi che oggi la comprano per restaurarla amorevolmente, cercando in lei elementi e ricordi della propria gioventù.
Maurizio Marini