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12/04/2020 | di Paolo Sormani
Addio a Stirling Moss, campione e gentiluomo
Sir Stirling Moss è morto a 90 anni dopo una lunga malattia. Il “re senza trono” ebbe una serie di successi breve, ma significativa
12/04/2020 | di Paolo Sormani

Anche nella giornata di Pasqua dobbiamo piangere un grande pilota del passato che ci lascia: sir Stirling Moss è morto a 90 anni dopo una lunga malattia. Il “re senza trono” ebbe una serie di successi breve, ma significativa.

La sua vita pubblica si era interrotta dopo un’infezione respiratoria conseguita nel 2016, che lo costrinse a trascorrere sette mesi in ospedale a Singapore. Purtroppo nella giornata di Pasqua è arrivata la notizia che sir Stirling Moss si è spento nella sua casa di Mayfair, Londra, a 90 anni accanto alla terza moglie Susie. Per gli anglosassoni, pochi uomini come Moss hanno costituito l’epitome del campione e dello spirito delle corse automobilistiche. Agli italiani resta impressa la figura romantica di un pilota bravissimo e sfortunato, ribattezzato impietosamente “re senza trono” per aver più volte sfiorato e mai fatto suo il Campionato del mondo di Formula 1. Stirling Moss fu uno dei grandi interpreti dell’automobilismo dell’era dei gentleman driver degli anni Cinquanta. La sua carriera si estese dal debutto al Gran Premio della Svizzera nel 1951 alla vittoria nell’inferno verde del Nürburgring ‘61, pochi mesi prima del ritiro causato da un grave incidente. In questi dieci anni riuscì a vincere 16 gare iridate, la prima sul circuito inglese di Aintree (Liverpool) al British Grand Prix del 1955. Incredibilmente, non riuscì mai a fregiarsi del titolo di campione del mondo: a partire da quell’anno si classificò secondo per ben quattro anni consecutivi, al volante della Mercedes W196, della Maserati 250F, della Vanwall 254 VW5 e della Climax. Poi, tre volte terzo nelle ultime tre stagioni disputate.

Talento cristallino. Ritiri, sfortuna, incidenti, scarsa affidabilità delle sue macchine, ossessione per il primo posto, la scomoda convivenza con un certo Juan Manuel Fangio: negli anni i giornalisti e gli storici del motorsport hanno così descritto il singolare cursus honorum del pilota londinese. Tutto ciò non intacca il talento puro che lo rivelò subito giovane e veloce; e il record personale di 212 vittorie su 529 competizioni fra ruote scoperte, sport e prototipi. Anche sui circuiti stradali. Leggendaria quella della Mille Miglia del 1955, al volante di una delle quattro Mercedes 300 SLR ufficiali. Le cronache la definirono una corsa epica. A vincerla contribuì il suo navigatore, il giornalista Denis Jenkinson, che si inventò un roadbook a rullo di carta per supplire alla scarsa conoscenza delle strade italiane. Moss si lasciò dietro (di mezz’ora!) il più acerrimo e pericoloso dei compagni di scuderia, Fangio. E la scatenata muta rossa delle Ferrari di Eugenio Castellotti, Paolo Marzotto, Piero Taruffi e Umberto Maglioli, quasi tutte ritirate. Moss riuscì a battere Fangio anora due anni più tardi al Gran Premio non titolato di Pescara, un’altra popolare gara italiana su strada dei tempi.

Splendido perdente. Al di là degli allori, il personaggio Moss fu costruito sia dalle sconfitte, sia dalla grande sportività dimostrata anche quando un po’ di sana cattiveria e spregiudicatezza gli avrebbe assicurato il titolo iridato. Come nel GP del Portogallo quando l’amico e rivale Mike Hawthorn fu accusato di una scorrettezza e squalificato. Lui lo difese permettendogli di conservare il secondo gradino sul podio. Lo stesso Hawthron avrebbe vinto il campionato del mondo davanti a lui per un solo punto. L’ultimo anno di Formula 1, il 1961, è considerato anche il migliore: al volante della Lotus-Climax vinse a Monaco e in Germania battendo le più potenti Ferrari. Seriamente: come si può definire perdente, per quanto splendido, un pilota così? Moss appartiene di diritto all’Olimpo dei grandi campioni di tutti i tempi. Fa venire i brividi pensare agli ipotetici duelli con il suo erede naturale Jim Clark negli anni Sessanta, se solo non ci fosse stato il terribile incidente al Glover Trophy di Goodwood a porre prematura fine alla sua carriera nell’aprile del ’62.

Sangue blu. Nominato Sir (Most Excellent Order of the British Empire) dalla Regina Elisabetta II, Stirling Moss ha dimostrato di essere un grande anche fuori dall’abitacolo di una vettura. La sua popolarità si rinnovò negli anni in veste di commentatore sui circuiti di F1 nel programma “Wide World of Sports” per il network americano ABC. È stato anche un affezionato del Goodwood Festival of Speed: nel 2005 firmò il cofano della Mercedes 300 SLR della Mille Miglia 1955, poi esposta nel museo di Stoccarda. Lord March festeggiò il suo 80° compleanno con una parata eccezionale di 80 auto per tutto il weekend. Moss ne guidò una al giorno: la monoposto Mercedes W196, la Lotus 18 della vittoria a Montecarlo e una Aston Martin DBR3. Stranamente ha legato il suo nome solo a una vettura e in tardissima età: la Lister Knobbly da un milione di sterline, con la quale intraprese un tour dei maggiori concorsi d’eleganza. Più di mezzo secolo dopo il suo ritiro, era ancora considerato una delle figure più emblematiche delle corse e così ci piace ricordarlo.

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