“La berlina di famiglia che vince le corse”: lo slogan che fu coniato settant’anni fa per la celebre 1900 è rimasto sempre attuale in casa Alfa Romeo e sintetizza efficacemente la vocazione sportiva della marca. Dalla 1900 alla Giulia TI Super, dalla Giulia Sprint GTA (omologata Turismo) alla 155, la tradizione nata al Portello è proseguita ad Arese e poi a Torino, sotto la direzione Fiat. È da questo background che è nata l’Alfa Romeo 156 GTA.
Sfida coraggiosa. Erede diretta della 155, che all’inizio aveva anche lei assunto, nella versione “corsa”, la denominazione GTA, la 156 GTA rappresentò una sfida coraggiosa. Realizzare una berlina per famiglia con una potenza inaudita per una trazione anteriore (250 CV), che fosse docile e garbata nella guida normale, ma capace all’occorrenza di entusiasmare un pilota esigente, poteva infatti sembrare un progetto impossibile. Invece, all’Alfa riuscirono nella difficile quadratura del cerchio, favoriti dal fatto di disporre di un’eccellente base di partenza, cioè una vettura ai vertici della categoria in quanto a telaio e assetto.
Nasce instant classic. La 156 GTA entrò a listino nel 2002, perciò dopo una lunga gestazione (la 156 era in produzione dal 1997). Il prezzo fu fissato a 44.000 euro, esattamente il doppio della 156 1.6 16V Twin Spark che costituiva il gradino d’accesso alla gamma. Un bel mucchio di soldi. Nonostante ciò, ne furono prodotte 4.651. Di queste, 2.625 con carrozzeria berlina e cambio manuale, 348 con carrozzeria berlina e cambio Selespeed, 1.174 in versione GTA Sportwagon e 504 in versione GTA Sportwagon Selespeed. Date le caratteristiche, la 156 GTA nasce instant classic. A maggior ragione è da conservare oggi, anche perché dopo di lei non c’è più stata un’Alfa con un “cuore” concepito e prodotto ad Arese.
Tra smanettoni e alfisti doc. Le condizioni favorevoli al suo duraturo successo come storica ci sono tutte: la tiratura limitata, il nome evocativo e le prestazioni assolutamente fuori dell’ordinario. Infine, il motore, ultima evoluzione dello storico V6 di Giuseppe Busso (1913-2006), qui giunto all’apogeo per cilindrata (3.2 litri) e potenza (250 CV). Non è facile, però, trovare una GTA. Tante sono finite all’estero, parte da nuove, parte negli anni di crisi che hanno visto crescere l’export italiano di auto storiche. Degli esemplari rimasti in Italia, molti sono gelosamente custoditi dagli alfisti doc, che si priverebbero più volentieri della suocera che della loro GTA. Altri sono finiti, come usato, in mano ai soliti smanettoni, che li hanno acquistati per le sfide da bar e non certo per scopi collezionistici. Questi ultimi costituiscono in genere un cattivo affare. Forte il sospetto che la manutenzione sia stata trascurata e che i motori siano stati spremuti senza riguardo: rifarli completamente può costare molto caro.
I difetti della 156 GTA non sono molti, ma alcuni potrebbero costare parecchio. Riguardano in primo luogo il cambio Selespeed. Nonostante l’elettronica sia in grado di diagnosticarne i problemi, a volte è difficile ottenere una perfetta messa a punto. Non solo: il Selespeed, lento negli innesti, non si presta volentieri alla guida sportiva e per questo motivo le auto che ne sono dotate sono anche assai meno richieste di quelle “manuali”, il cui cambio a sei marce è invece all’altezza delle prestazioni. Quando il computer di bordo segnala un guasto al Selespeed, il cambio va in autoprotezione. Spesso si tratta dei sensori da sostituire: sono quattro e costano, insieme, una somma con tre zeri.
Previsioni di spesa. Se la vettura ha percorso più di 100.000 km, il Selespeed potrebbe anche richiedere la sostituzione delle pompette idrauliche e delle centraline di gestione. In questo caso la spesa è sensibilmente più alta. Ma il guasto potrebbe avere origini differenti, per esempio nei connettori in plastica dei sensori, che si possono sostituire con poche decine di euro di spesa. La cinghia di distribuzione va cambiata, per sicurezza, a intervalli di 50-60.000 km oppure ogni cinque anni. Il costo, manodopera compresa, è di 600-700 euro: niente rispetto al danno di 24 valvole piegate. Un vero concentrato di tecnologia è il V6 della 156 GTA: costruzione interamente in lega d’alluminio (come tutti i V6 ”Busso”), quattro alberi a camme, 24 valvole. Con una cilindrata di 3.2 litri sviluppa una potenza elevata per un aspirato: 250 CV ottenuti a 6.200 giri. La coppia di 300 Nm a 4.800 giri determina una spinta impetuosa, soprattutto oltre i 3.500 giri. Il cambio a sei marce consente di sfruttare bene i cavalli, che vengono comunque erogati con una elasticità ammirevole per un motore sportivo.
Peso elevato. Rispetto alla 156 “normale” l’assetto delle sospensioni è completamente rivisto, con maggiorazioni e ricalibrature davanti e dietro. Lo sterzo è più diretto di quello delle altre 156 e i dischi dei freni hanno diametro maggiore. Il telaio è sempre all’altezza delle prestazioni. Il peso purtroppo è elevato: si sarebbe potuto ridurlo se si fosse fatto largo impiego di materiali speciali, come la fibra di carbonio. La frizione, pesante da azionare, se sottoposta a strapazzi, a lungo andare può essere messa in crisi dalla potenza del motore. La sostituzione costa piuttosto cara, e vanno aggiunte quattro ore di manodopera. In quanto al differenziale, su alcuni esemplari ha manifestato cedimenti già intorno ai 60.000 km. Alcuni proprietari hanno risolto il problema montando il differenziale autobloccante Torsen Q2 delle successive 147 e GT con motore 1.9 JTD da 150 CV. Questo, però, altera il valore storico dell’esemplare.
10 km con un litro. Il consumo è adeguato alle prestazioni e al tipo di guida: senza tirare si fanno 7 km con un litro, con grande attenzione ci si può avvicinare ai 10 km con un litro. I freni in origine erano sottodimensionati. A partire dagli ultimi mesi del 2003 fu la stessa Alfa Romeo a risolvere il problema adottando davanti dischi da 330 mm (erano da 305). Un eventuale aggiornamento sui primi esemplari è possibile, ma comporta la sostituzione anche delle pinze. Infine, il peso: la 156 GTA ha ben poco di “alleggerito”: in ordine di marcia con il pilota a bordo tocca i 1.500 kg, che sono comunque un valore in linea con le caratteristiche generali della vettura. Semmai, “appesantita” è la linea, a causa dei massicci paraurti e delle appendici aerodinamiche: una scelta però necessaria se si voleva attribuire alla vettura tutta l’aggressività che essa meritava.